Zaccheo

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.  Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».  Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».  Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

 

 

E tu,   lo vuoi vedere,    chi è  Gesù ?

 

Non lo vuoi.

Non lo vedi.  E non ti vedi.     Non lo vuoi vedere. Non ti vuoi vedere.    Non si deve vedere. Chi sei.  E che fai.

E ti nascondi nella folla.   Ti confondi con la folla.    Ti sciogli nella folla.  Sparisci nella folla. E non si vede,  chi sei.

E non si vede più,  l’errore.     E non si capisce più,  l’errore.     E non ci sta più.  l’errore.     E non ci sta più,   Gesù.      E non ci stai,   più  tu.

 

Lo vuoi.

Lo sai chi sei. Lo vedi chi sei.     E vuoi vedere lui.  Vuoi sapere, chi è lui.

Ed esci  dalla folla.   Ti stacchi  dalla folla.    Salti fuori,  dalla folla.    E ci sei.

E ti fai portare  dallo Spirito Santo.   Voli,  sulle ali dello Spirito Santo.     E ti posi su un albero di legno.   È l’albero della croce. Della tua croce.    Da lì,  lo puoi vedere. Chi è.

E Gesù ora ti guarda,  lui.    I suoi occhi si posano sui tuoi, nei tuoi.   Il suo cuore,  nel tuo.

Scendi Zaccheo.                                                                                                                     È ora di scendere.  È ora di scendere  dalla tua croce.    Lo sguardo di Dio   ti ha liberato.   Ora sei rinato.

Devo fermarmi a casa tua.                                                                                                  Non ero io,   eri tu  Gesù,    che mi hai voluto.                                                                       Non ero io,   eri tu Gesù,     che mi hai cercato.                                                                       Non ero io,   eri tu Gesù,     che mi hai guardato.                                                                  Non ero io.   Eri tu Gesù,     che mi hai trovato.

Vieni Signore nella mia casa,  nel mio cuore.     Ora che ci sei tu  Gesù,   l’errore se ne va. E rimedio, risano,  e riparo,   chi ho ferito.    E anche il mio cuore.

 

Ora lo so,   chi sei.                                                                                                                    Il  mio   Salvatore.

 

 

 

 

 

 

 

La moneta

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In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.  Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».  Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».  Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

 

 

 

E tu,   davanti ai soldi,  che fai?

 

I soldi.     Ti fanno capire chi sei.    Sono la prova, il test, la verifica,   di quello che vuoi. Se ti chiudi, per loro.   Se ti apri, per loro.  Se contano solo loro.     Non sono solo soldi. Sono il tuo Dio.     E tu,  sei il suo tributo.

La moneta di Cesare.      È sua.  Ci sta la sua faccia.  La faccia del potere.    Se ci metti la tua faccia.    Se diventi come lui, per lui, con lui.    Se gli appartieni.      Diventi suo.   E sei  solo,   il suo tributo.

 

Sei  tu,    la moneta che conta.    Quella che vale, quella che serve.    Su di te,               è stampato,   il volto di Dio.    Impresso nel tuo cuore.  Scolpito,  inciso,  sigillato,        sul tuo cuore.     Lui ti ha fatto. Ed è rimasta l’orma.

Rendi,  rimetti, riporta,    la tua orma,  sulla sua.    Solo in lui, coincide.   Solo in lui,           si completa.     Solo in lui,  si ritrova.

 

E  il cuore  canta

Dio,    e  i   fratelli.

 

 

 

 

 

 

 

Venite in disparte

 

 

 

 

“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’.” Gesù ci dice cosa fare. Ogni tanto abbiamo bisogno di riposare. Di riposare dalle nostre ansie, dalla nostra fretta, dai nostri progetti che dobbiamo portare a termine ad ogni costo. Di ritrovarci, perché ci siamo persi nella folla, tra mille cose da fare.

Il  modo vero di ricaricarci è di fare come faceva Gesù: si ritirava in un posto solitario a parlare con il Padre. Lo stesso dice ora: venite in disparte, in un luogo deserto, con me a pregare il Padre, a parlare con Lui. Deserto perché privato dall’esteriorità, dal superfluo, per incontrarsi con l’essenziale, nell’interiorità.

Un posto per incontrare il Padre, viso a viso, cuore a cuore. Incontrare il Padre con il Figlio, nel Figlio e attraverso il Figlio di Dio.

 

 

Alzati!

 

 

 

 

È il capo della sinagoga a cercare Gesù. È disperato perché sua figlia sta morendo. Pensa che  è l’unica speranza, l’unico che può salvare la figlia. Per questo lascia alle sue spalle tutte le regole, si disfa di tutte le leggi, di tutti gli artifici, di tutte le sfide per il potere, e, va incontro a Gesù con in mano solo il suo cuore, spinto dal suo amore di padre e dalla sua disperazione. È il dolore che lo muove, che lo libera, che gli indica la strada, che lo porta a Gesù.

“Sta morendo. Vieni a imporle le mani”. Fa la sua professione di fede e lo riconosce come Signore, come Colui che vince la morte, come Salvatore.

Anche tu a volte puoi sentire che la tua anima sta morendo, che è malata, distrutta, sfinita, immobile, senza vita. Anche tu puoi lasciare dietro le spalle tante convenzioni, abitudini, regole, paure e puoi andare da Gesù e dirgli: “Signore, Tu conosci la mia anima, Tu l’hai creata, si è ammalata e sta morendo e io non so più che fare. Con lei sta morendo la mia voglia di vivere, la mia allegria, la mia creatività, quello che io sono. Ti prego, vieni a  imporle le mani perché sia salvata e viva!!!”

Gesù legge nel tuo cuore e, se  sei veramente sincero, viene a casa tua, viene dentro di te, viene al capezzale di quella tua “figlia”. Altre persone benpensanti, razionali, faranno di tutto per levarti la speranza e ti diranno che non c’è nulla da fare, che la tua anima è morta, che la morte ha vinto sulla vita. Ma se tu ti rendi conto che è al tuo fianco  il Signore della vita della morte, se smetti di avere paura, se punti tutto sulla fiducia, se ti fidi di Dio al di sopra di ogni ragionamento umano, oltre e nonostante il limite umano, allora Gesù può entrare dentro di te e avvicinarsi alla tua anima.

Può prenderla per mano e dirgli: “Io, il Signore, Io ti dico: Alzati!!!” La mano di Dio nella sua mano. È Dio che la prende per mano e si mette in contatto con lei. Gli ridà la vita, la sua vita, la vita eterna. La tua anima ha riconosciuto il suo Creatore e si risveglia dal suo torpore, dalla sua immobilità, dalla sua rigidità. Torna a vivere e si alza in piedi. Si alza dignitosa e fiera, risanata e liberata.

Ora puoi vivere anche tu in lei e con lei, puoi tornare ad essere te stesso, puoi cominciare ad esserlo veramente, in modo nuovo, ora che sei stato toccato dal Signore, ora che hai esperimentato la resurrezione.