Sindone e scienza

images (4) - Copia   Cosa è la sacra sindone.

La Sindone di Torino, nota anche come Sacra o Santa Sindone, è un lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino, sul quale è visibile l’immagine di un uomo che porta segni interpretati come dovuti a maltrattamenti e torture compatibili con quelli descritti nella passione di Gesù.  La tradizione cristiana identifica l’uomo con Gesù e il lenzuolo con quello usato per avvolgerne il corpo nel sepolcro.   Attualmente, la Chiesa cattolica non si esprime ufficialmente sulla questione dell’autenticità, lasciando alla scienza il compito di esaminare le prove a favore e contro, ma ne autorizza il culto come icona della Passione di Gesù.  Diversi pontefici moderni, da papa Pio XIpapa Giovanni Paolo II, hanno inoltre espresso il loro personale convincimento a favore dell’autenticità.

 

Una serie di rilievi scientifici ne fa un dato statisticamente certo.

Filato.   

La fattura del lenzuolo, il cui filato è “ritorto a Z” (in senso orario) anzichè ad S (in senso antiorario) come invece in epoche successive, indica trattarsi di un telo antico perché composto con tecniche di filatura e tessitura delle quali s’era persa memoria già nel primissimo Medioevo

Esame dei pollini.  

La presenza di pollini (vi sono depositati pollini di oltre 30 piante primaverili del Medio Oriente) e frammenti di fiori primaverili palestinesi (A.Danin, U. Baruch 1999).

Aragonite.  

Inoltre, si trovano sul telo tracce di aloe e di mirra nonchè di aragonite (una composizione di carbonato di calcio, ferro e stronzio), una terra presente a Gerusalemme e, in particolare, in una tomba studiata dal Levy-Setti, ricercatore di Chicago che, confrontando con l’aragonite della Sindone, ha concluso che le due terre sono esattamente uguali.

Esame delle polveri . 

Il pulviscolo trovato sul lenzuolo ha una composizione chimica simile a quella della polvere utilizzata per i teli funerari egiziani. 

Impronte di monete.  

Sono state rilevate le impronte delle due monete rimaste impresse nella zona delle orbite oculari, che le fotografie tridimensionali hanno rilevato, (nel mondo greco-romano erano un’usanza per tener chiuse le palpebre del defunto)  che appartengono al tempo di Ponzio Pilato (una delle due è fatta coniare da lui medesimo), la cui esistenza era ignota fino al secolo scorso (Moroni, Barbesino ,Bettinelli, 2002).

Tracce ematiche. 

Nel 1982 la presenza di sangue fu rilevata anche da Baima Bollone (professore emerito di Medicina legale dell’Università di Torino), Jorio e Massaro, i quali usando test immunologici,  identificarono il sangue come umano, di gruppo AB.  Il loro test fu ripetuto (esclusa l’identificazione del gruppo sanguigno) dallo STURP (Shroud of Turin Research Project)  che ne confermò il risultato. Inoltre  sono completamente assenti, le sbavature nelle tracce di sangue, che sarebbero dovute essere presenti nel caso il telo fosse stato sfilato via dal corpo. 

Tracce grafiche. 

Accurate e pazienti ricerche con l’avanzatissimo microdensitometro dell’Istituto d’Orsay di Parigi, hanno fatto affiorare tracce grafiche, secondo un preciso modulo paleografico, nei pressi del volto. Secondo i paleografi sono caratteri greci. Essi riporterebbero delle scritte sbiadite.  In particolare due, una alla sinistra del volto scritta da lato e l’altra sotto il mento: “NAZARENO” e “IHOY”, Jeshua in ebraico.

Smentito il carbonio 14.   

Nel 1988 tre laboratori  svolsero le analisi con il Carbonio 14: Oxford, Zurigo e Tuscson (Arizona) che collocavano  la sindone intorno al 1340, con un margine di errore di + – 50 anni.  Venticinque anni fa sembrava dimostrato che il lino fosse un tessuto medioevale, ma l’esperimento è stato inficiato da problemi di contaminazione.  Il professor Giulio Fanti Fanti, professore associato di Misure Meccaniche e termiche del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Universita di Padova, non ha usato il C14, ma tre altri metodi: Spettroscopia Raman e Spettroscopia Infrarossa a trasformata di Fourier, e uno strumento per la “datazione meccanica” del filo di lino.  Il professor Giulio Fanti ha datato nuovamente il telo stabilendo che risale al  I° secolo a.C. con uno scarto di 250 anni, prima o dopo. 

Il problema del radiocarbonio. 

Un recente documentario della BBC, intitolato “The Turin Shroud”,  sulla sindone,  mette in dubbio la validità del radiocarbonio.  Scopriamo   che l’isotopo del carbonio, che nasce negli strati alti dell’atmosfera, prima di venir assorbito dall’anidride carbonica, e trasferirsi definitivamente nelle piante da cui viene prodotto il lino, passa un paio di mesi a bighellonare fra le nuvole come monossido di carbonio. “Se quindi quel monossido di carbonio – spiega il documentario – si fosse in qualche modo legato al lino della sindone, potrebbe farla apparire più giovane di quello che è. In realtà – precisa il documentario – basterebbe una contaminazione del 2% della superficie del telo per influenzare la datazione del carbonio di ben 1300 anni”. La sindone può avere  2000 anni.

Datazione chimica.

Raymond Rogers ha proposto un metodo chimico di datazione della Sindone basato sulla misura della vanillina presente nel tessuto. Secondo la sua stima, la datazione della Sindone sarebbe compresa all’incirca tra il 1000 a.C. e il 700 d.C.

Modello probabilistico. 

 Da un altro modello probabilistico recente (G. Fanti, E. Marinelli 1998) che tiene conto delle nuove acquisizioni scientifiche risulta che la Sindone è autentica con probabilità del 100% e corrispondente incertezza pari a 10 – 83; Ciò equivale ad affermare che è più probabile fare uscire per 52 volte consecutive uno stesso numero al gioco della roulette piuttosto che affermare che la Sindone non sia autentica. L’alternativa falso medievale ha una probabilità dello 0% e corrispondente incertezza pari a 10 – 183.

 

Il mistero irrisolto  della meccanica stessa che ha portato alla formazione dell’immagine sul telo.

Pittura

La figura non è composta da pigmenti pittorici, come acquarello o tempera, nè risulta la presenza dei classici collanti utilizzati normalmente per aggregare il colore al supporto tessile. L’immagine appare invece generata da una reazione chimica, che ha interessato solo il sottile rivestimento superficiale delle fibrille. 

La riproduzione è superficiale da due diversi punti di vista: Un filo sindonico è composto di 80-120 fibrille di lino e se prendiamo in esame un singolo filo su cui è impressa l’immagine, solo pochissime delle fibrille più esterne (10-20 al massimo) risultano essere colorate, mentre tutte le rimanenti non lo sono.  Considerando una singola fibrilla di immagine, la cellulosa che compone più del 90% del tessuto di lino non è tinta: risulta colorato solo lo strato più superficiale del telo, per uno spessore totale di appena 200-300 nanometri.

Nel 1978, gli studiosi dello STURP  (Shroud of Turin Research Project) esaminarono la Sindone e prelevarono alcuni campioni. La maggior parte di essi, in base ai risultati di diverse analisi (spettrometria all’ultravioletto, all’infrarosso e alla luce visibile; fluorescenza ai raggi X;  applicazione di vari reagenti; spettrometria di massa), escluse categoricamente  la presenza di pigmenti  di qualunque tipo.  Inoltre l’esame della trasformata di Fourier,  dell’immagine mostrò che essa non possiede alcuna direzionalità, come dovrebbe necessariamente avere se fosse stata dipinta con un pennello.

Strinatura

Un’altra ipotesi è quella che l’immagine della Sindone sia stata realizzata per strinatura, cioè bruciando superficialmente il tessuto. Ma le caratteristiche microscopiche di queste immagini sono ben diverse. La “colorazione” (l’immagine) compare solo sulla primissima superficie del telo, ma non in profondità, e questo sembra escludere l’ipotesi della bruciatura, che comporterebbe invece un’alterazione istantanea di tutta la sua sezione. Inoltre i segni delle strinature sono fluorescenti all’infrarosso, mentre l’immagine della Sindone non lo è (lo sono invece le bruciature provocate dall’incendio del 1532).

Fotografia

L’immagine si presenta come se fosse un negativo fotografico, ed è necessario invertirla a sua volta, al negativo, per vedere le normali fattezze del corpo. Tuttavia, se si osserva alla luce infrarossa (8-14 micrometri), essa appare come un positivo fotografico.

Alcuni hanno ipotizzato che l’immagine sia stata realizzata con una primitiva tecnica fotografica, imprimendo sul lenzuolo l’immagine di un modello appositamente realizzato (un cadavere o una statua). Anche questa ipotesi però, come le precedenti, non spiega la colorazione superficiale delle fibre del lino.

Non esistono tracce storiche della conoscenza e dell’uso di tecniche fotografiche prima del XIX  secolo:  nel basso Medioevo era nota la camera oscura, ma questa poteva solo proiettare un’immagine (che poteva essere poi copiata o ricalcata), non imprimerla in modo indelebile su una superficie. Per imprimerla è necessario l’uso di sostanze fotosensibili (ad esempio il nitrato di argento o estratti vegetali); la Sindone avrebbe dovuto essere spalmata o impregnata con questi materiali, ma le analisi non ne hanno trovata traccia.

Applicazione di acidi

Il professor Luigi Garlaschelli, ha proposto l’ipotesi che la Sindone sia stata realizzata con un colorante a base di ocra rossa, applicato strofinando con un tampone il telo disteso sopra un corpo umano. Diversi sindonologi hanno però osservato che anche le immagini di Garlaschelli non riprodurrebbero tutte le caratteristiche della Sindone: secondo John Jackson e Keith Propp esse falliscono nel riprodurne correttamente la tridimensionalità (ad esempio le mani appaiono affondate nel corpo), inoltre il metodo di Garlaschelli non seguirebbe la corretta sequenza degli eventi, perché l’assenza di immagine sotto le macchie di sangue, rilevata dallo STURP nel 1978, suggerisce che il sangue si depositò prima della formazione dell’immagine, mentre Garlaschelli ha dipinto le macchie di sangue solo dopo aver sottoposto i teli all’invecchiamento artificiale; se avesse fatto il contrario si sarebbero rovinate. Il prof. Giulio Fanti (professore associato di Misure Meccaniche e termiche del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Universita di Padova), aggiunge che a suo parere il metodo usato da Garlaschelli non può generare un’immagine che penetra nel tessuto solo per alcuni millesimi di millimetro, né colorarne in modo uniforme le fibre, come invece avviene per la Sindone.

Contatto diretto.

La figura non può essersi formata per contatto diretto con il cadavere, in quanto compare anche nelle zone del telo dove non vi è stata aderenza con il corpo. Vi è inoltre, in proposito, un serio problema di tipo prospettico: l’immagine presenta caratteristiche di tipo tridimensionale (i chioaroscuri), ma risulta “disegnata” su un piano bidimensionale, come se si trattasse di una fotografia.

In altre parole, si tratta di un’immagine bidimensionale che contiene al suo interno informazioni tridimensionali. Se adagiamo un telo di lino bianco su un corpo fisico rivestito di colorante, per poi distenderlo su un piano orizzontale (“aprirlo”), non potremo più riconoscere le fattezze del soggetto originario. In quel caso avremmo un’impronta prospetticamente deformata, se non irriconoscibile del tutto, a causa dell’alterazione delle proporzioni risultante dalla distensione del telo. Sulla sindone appare invece un’immagine perfettamente proporzionata, che non può esservi stata impressa dal contatto diretto con il corpo fisico sottostante.

L’immagine rivela alcune proprietà tridimensionali, in quanto i chiaroscuri corrispondono alla distanza effettiva fra un lenzuolo e le varie parti di un eventuale cadavere avvolto in esso. Questa caratteristica di tridimensionalità suggerisce che il meccanismo di formazione dell’immagine abbia agito a distanza, e si sia attenuato in conformità delle leggi fisiche relative al tipo di energia irradiata.

IL dott. Giuseppe Baldacchini, fisico e dirigente presso il Centro di Ricerca ENEA di Frascati, ha riconosciuto che «accurati studi condotti con il metodo scientifico hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che non si tratta di un falso, e l’ipotesi più accreditata chiama in causa un processo energetico radiante compatibile con la Resurrezione».

 

 Ultime ricerche:  

Il professor Giampietro Farronato è ordinario di Ortognatodonzia nell’Università degli Studi di Milano, con una squadra di superspecialisti ‒ Bruno Barberis, Luigi Fabrizio Rodella, Giovanni Pierucci, Mauro Labanca, Alessandra Majorana e Massimo Boccaletti ‒, ha condotto uno studio anatomico accurato dell’impronta sindonica  (Autopsia dell’Uomo della Sindone , Elledici, Torino 2015). L’anatomia è stata ricostruita dai dati morfologici offerti del lino. Soprattutto il volto, ricco e completo. Praticamente abbiamo assimilato l’immagine della Sindone alla “maschera” medico-legale abitualmente utilizzata per descrivere le lesioni su un corpo, cadavere o vivente.  Poi, applicando le metodiche utilizzate per rendere leggibili la TAC, la tomografia computerizzata Cone Beam, quindi la risonanza magnetica e altri esami tridimensionali, ha ottenuto una completa diagnosi ortognatodontica, campo in cui la sofisticazione e la precisione arriva oggi sino al dettaglio più minuto.

Applicate metodiche scientifiche quali la cefalometria cranica, che evidenzia le alterazioni strutturali presenti nell’Uomo della Sindone, i dati ottenuti sono: asimmetria nelle bozze frontali, zigomatiche; deviazione del setto nasale; e asimmetria della mandibola con dislocazione riferibili a traumi occorsi in un arco temporale prossimo al decesso.

Il volto che emerge è dovuto al sangue versato, le cui tracce sono riferibili a essudati e a un’impronta che interessa un piccolissimo spessore della tela.

La scienza dice che si tratta dell’impronta del cadavere di un uomo veramente sottoposto ante mortem  a torture, flagellazioni e percosse, incoronato di spine e alla fine crocefisso. Questo ha determinato la morte di quell’uomo con una corrispondenza totale ai racconti dei Vangeli anche nella successione temporale in cui le torture sono state inferte, compresa la natura post mortem del colpo di lancia nel costato.