In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Puoi essere come il fariseo.
Và lì, davanti. Vicino. Di fronte a Dio. Per lui non è Dio, perché non ha timore a stargli vicino. Và lì, in piedi, allo stesso livello di Dio. Per lui non è Dio, perché non ne sente la grandezza e la maestà.
Prega tra sé. Per lui non è Dio. Non si apre. Rimane chiuso in se stesso. Rimane nascosto in se stesso. Rimane prigioniero di se stesso.
Dio ti ringrazio. Si serve di Dio. Usa Dio. Lo chiama come spettatore, come testimone, come garante, di se stesso.
Io non sono come gli altri uomini. Non appartengo al genere umano. Mi distinguo, mi separo, mi divido. Mi dissocio dal genere umano. Mi dissocio dagli altri e anche da me stesso. Io sono perfetto. Mi metto dalla parte di Dio. Io sono Dio.
Ladri, ingiusti, adulteri. Gli altri sono peccatori. Io no. Gli altri sbagliano. Io no. Gli altri hanno difetti, errori, colpe. Io no. Gli altri sono deboli. Io no. Gli altri sono fragili. Io no. Anche questo che prega qui vicino a me, non è giusto, non è a posto. Ha il marchio, il timbro, lo stampo di peccatore. Io no.
Digiuno e pago. Nelle regole ho messo Dio. Nelle regole ho rinchiuso Dio. E anche me stesso. Io ci sto dentro. Ci sto preciso. Ci sto giusto. Sono giustificato. Mi faccio giusto. Sono io che mi do il giudizio di giusto. Me lo do da solo. La salvezza dipende da me solo. Dipende dalle cose che faccio, da quante ne faccio. Mi salvo da solo. Sono già giustificato, sono già salvato. Non ho bisogno di Dio. Non ho bisogno del prossimo.
E rimani senza Dio, senza il prossimo e senza te stesso.
Puoi fare come il pubblicano.
Stai indietro. Dio è grande, maestoso, splendente. Non ce la fai a reggerlo da vicino. Devi prendere una distanza. Ti metti a distanza. Ti metti in una relazione. Lui è Dio e tu sei un uomo.
Stai in ginocchio. Se per te è Dio, non ce la fai a stare in piedi. Ti getti ai suoi piedi. Lo adori. Così lo preghi.
Non osi alzare gli occhi. Se per te è Dio, non osi stare al suo livello. Alzare gli occhi verso di lui, guardarlo negli occhi. Non ce la fai, non lo reggi, è troppo forte, è troppo grande. Li tieni bassi, gli occhi, verso la terra, verso la tua condizione. Stai al tuo posto di uomo. Così lo riconosci come Dio. Così lo preghi.
Ti batti il petto. Lui è il tuo Dio e tu sei un uomo. Entri in relazione con lui, attraverso il tuo cuore. È lì che batti, è lì che punti. È lì che lo incontri. È lì che lo ami.
Peccatore. Ti riconosci peccatore. Come uomo debole, fragile, imperfetto. Precario, finito, limitato. Quello che conta non è la regola, la misura, il calcolo, la quantità. Quello che conta è la qualità. Cosa sei. Come ti poni. Come ti metti. Dove ti metti.
Pietà di me. Dio è Dio e tu sei il peccatore. Ora c’è una relazione vera, reale, che funziona. Ora c’è la preghiera che funziona. Pietà di me! Vieni in me Signore. Vieni perché ho bisogno di te. Vieni a riempire il mio vuoto con il tuo amore. Vieni a sanare la mia anima. Vieni a riparare il mio peccato.
E Dio Padre ti manda il Figlio. In Lui, con Lui e per Lui, sarai consolato, sanato, perdonato. In Lui sarai salvato. In Lui sarai giustificato.
È Dio che ti giustifica, che ti fa giusto. Che ti salva. Solo Dio lo può fare. Solo Dio lo può fare veramente. Solo Dio lo può fare completamente.
E sarai portato davanti a Dio. Presso Dio. Per l’eternità.