In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Anche tu sei lì, che lo ascolti, Gesù. E tu, fai come i farisei ?
Non lo vuoi, Gesù.
Non lo vuoi uno, che è più di te. Che è sopra a te. Non lo vuoi uno, che dice quello che tu non sai dire. Non lo vuoi uno, che fa quello che tu non puoi fare.
È un inciampo, è un ostacolo, a te . È un fastidio, è un disturbo, per te. E lo getti via, da te. E lo cacci via. Lo lanci via. Lo butti via. E hai buttato via, te.
Lo vuoi, Gesù.
È il Figlio di Dio. E Dio, è più di te. Ti ha fatto, lui. Sei tu, che ti getti, tra le sue braccia. Sei tu, che ti lanci, sul suo cuore.
E lui, ti abbraccia. E diventa la tua roccia. Il tuo riparo. Il tuo rifugio. Il tuo scudo. La tua salvezza. Il tuo tutto.
E gli dai tutto.
La tua strada. La tua voce. La tua parola. Il tuo respiro.
Ecco, il profeta. Viene da Dio.