La vedova

Gesù  diceva alla folla: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».

 

Sei tu, la vedova. Quando hai perso una persona cara, un tuo appoggio, una tua sicurezza, il lavoro, la salute. Quando hai perso l’onestà, la verità, la giustizia, la carità. Sei vedovo di te stesso.

Allora puoi fare come gli scribi. Puoi non vedere la tua povertà, la tua mancanza. Puoi negare la tua mancanza. Puoi diventare  cieco verso di te,  e guardarti solo con gli occhi degli altri. Puoi vivere degli occhi degli altri.

Così ti compri  vestiti costosi, firmati, per essere considerato dagli altri. Cerchi sempre i primi posti per essere notato, per essere visto, per esser ammirato. Devi essere  davanti, primo, mostrato, per non essere dimenticato dagli altri. Devi essere superiore, per importi agli altri. Così rinneghi e perdi la tua vera casa e perdi te stesso.

Oppure puoi fare come la vedova. Riconoscere la tua povertà, la tua mancanza. Aprire i tuoi occhi su di lei. Raccoglierla con le tue mani e portarla nel tempio di Dio. Puoi metterla nelle mani di Dio, e donarla a Dio.

Puoi mettere nelle mani di Dio, tutto quello che hai.  Il tuo cuore, la tua anima, il tuo corpo, la tua mente, la tua vita.  Punta tutto su di Lui. Metti tutto in Lui. Tutto. Anche quello che non hai. Anche quello che hai  perso.

Ti accorgi allora che quello che hai donato a Dio,  si è santificato in Dio.

La mancanza, diventa presenza.

La privazione, diventa sazietà.

La precarietà, diventa sicurezza.

La povertà, diventa ricchezza.

 

Il tutto, che hai donato a Dio, è diventato il tutto anche per te.   È diventato il tuo tesoro.

 

 

 

Gelosia

«Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».  Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi. … Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

Non è dei nostri. Quello che fa  il bene non ci segue,  non è dei nostri,  non appartiene al nostro gruppo. Non lo può fare perché solo noi abbiamo l’esclusiva.

Gelosia. Perché  nessuno può avere quello che hai  tu. Nessuno può possedere quello che è tuo. Quello che è solo tuo.  Gelosia perché in te c’è l’idea che tu sei il proprietario, il padrone del bene. Hai  l’esclusiva del bene. Il bene è tuo. Solo a te è concesso, solo tu lo puoi gestire, solo tu lo puoi capire.

Gelosia, perché l’altro diventa il tuo rivale, quello che non deve esserci, perché ti oscura, perché ti mette in competizione, perché ti raggiunge.

Gelosia perché devi essere il primo, l’unico, l’eletto, l’inviato, e  nessun altro può esserlo, se non è con te, come te, per te e in te.

Scandalo viene dal greco “skandalon” e significa:  impedimento, insidia. Se qualcosa ti è di impedimento per il bene,  insidia  il bene e ti fa fare il male, cavalo da te.  Scavalo  da dentro di te, strappalo da te, gettalo via, mollalo. Separati da lui perché ti rovina. Estirpalo perché ti fa morire e fa morire la tua anima e anche quella di chi ti vede e ti segue.

Anche la gelosia è un impedimento, è un’insidia, subdola, nascosta, segreta. L’inganno che ti fa sentire il padrone del bene, l’inganno che ti fa credere simile a Dio.

Solo lo Spirito di Dio, solo Dio, è il padrone del bene.  Solo Lui lo genera, solo Lui lo conosce, solo Lui lo dona.

 

 

Il più grande

Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

 

Il più grande è il più piccolo. Perché? Perché tu sei come un calice. Più sei  pieno di te, della tua presunzione, della tua boria, del tuo voler essere al centro,  il migliore, l’indiscusso, il perfetto, il santo, l’illuminato,   meno sei pieno di Dio.  Meno è in te la sua volontà, la sua provvidenza, la sua grazia. C’è meno posto per Lui e Lui non ti può salvare e non può salvare il mondo attraverso di te.

Se invece non sei pieno di te,  se ti permetti di essere imperfetto, difettato, insicuro, incapace, debole, fragile, bisognoso,  allora la grazia di Dio e Dio stesso trovano posto in te. Più riuscirai  a farti piccolo e più si farà posto per lui.

Allora diventerà normale essere l’ultimo e metterti in fondo perché il tuo cuore sta battendo con il cuore di Dio, e con il cuore di Dio, vedrai tuoi figli davanti a te, per proteggerli, per aiutarli, per amarli, per soccorrerli, per non lasciarli soli, per salvarli insieme a Dio.

La sofferenza, l’assenza e la povertà, ti svuotano di te. Non vederli come una sfortuna, sono occasioni, strumenti preziosi che fanno posto a Dio.  Più una persona è sofferente,  povera  e carente del necessario, più può riempirsi di Dio, se lo vuole e se glielo chiede.

Allora i tuoi fratelli davanti a te, bisognosi, poveri, malati, piccoli,  diventano  ancora di più figli di Dio, segno di Dio, presenza di Dio nella tua vita.

Mettili  al primo posto, perché loro lo hanno già,  nel cuore di Dio.

 

 

Apriti

 

 

“Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano.”

 

Gesù ti insegna come avere la fede. Prima ti devi riconoscere sordo-muto, incapace di ascoltare la parola di Dio e di proclamarla con le tue sole forze, con la tua sola ragione, con la tua sola individualità.

Solo Dio può darti la grazia di ascoltare veramente la sua parola. Solo da Dio viene il dono dello Spirito Santo che ti illumina. Solo Dio può prendere l’iniziativa.

A te rimane il compito di aprirti. “Effata” significa “Sii aperto”. Di fronte a Dio, sii aperto al suo Spirito, a Lui e lascia che Lui ti imponga le mani, lascia che tocchi i tuoi orecchi e tocchi la tua  lingua.

Poi fai come Gesù, alza gli occhi al cielo, anche tu, verso il Padre. Con lo sguardo al Padre, il cuore al Padre, il volto al Padre, insieme a Gesù. Poi con Gesù anche tu emetti un sospiro. Il sospiro è il segno della nostalgia, del desiderio, del bisogno di raggiungere l’oggetto amato. Il Padre, l’unione con lui, desiderata, amata e vissuta. Questo ti apre, questo ti libera, questo ti salva.

Allora i tuoi orecchi potranno udire la parola di Dio e il suo significato e la tua lingua potrà proclamarlo e potrà cantare e gridare di gioia.

 

 

Se non ce la fai

 

 

 

 

 

Come  Elia,  se  non ce la fai più, se sei stanco, sfinito, deluso, rifiutato, negato,  allontanato,   allora fermati  e abbandonati nelle braccia di Dio.  Metti il tuo cuore nel suo cuore, senza ragionare, senza programmare, senza controllare.  Fidati,  dormi tra le sue braccia.

Il Padre ha cura di te e ti dà il nutrimento, ti dà il pane del cielo, il pane vivo.  Solo quel pane riesce a darti la forza di percorrere la strada di Dio, la strada della sua volontà, del progetto di salvezza che ha preparato per te,  per farti arrivare a Lui.

Sei stato chiamato da Dio. È il Padre che ti ha scelto. Se  hai  intrapreso una strada verso  Dio e perché Lui lo ha voluto.  È Dio che ti ha chiamato e ti attira  a sé.

Ha mandato il Figlio,  perché attraverso di Lui tu possa incontrare il Padre.  È il Figlio il suo pane. Il pane vivo disceso dal cielo. Il pane è la sua carne  e la sua vita, è la vita stessa del Padre,  di Dio.  E’  l’Eucarestia.

Lascia che entri in te, nel tuo mondo, nella tua storia, nelle tue radici e lascia che ti salvi.

 

 

Il pane di Dio

 

 

 

 

Lo hai sempre cercato il cibo che ti nutre veramente, che ti sazia completamente, che non ti lascia vuoto. Lo hai sempre desiderato un cibo pronto, disponibile, gratuito, completo, eterno.

Pensa, il cibo di Dio, il pane di Dio, è lì per te, gratuito, pronto, completo, eterno. Il cibo che viene da Dio, donato da Dio, preparato da Dio per te.

Il pane di Dio è una persona, è il Figlio stesso di Dio. È il Figlio che offre se stesso come pane nell’Eucarestia. Lui è il pane disceso dal cielo. È il pane che non si corrompe, il pane che non si rovina, il pane che rimane per sempre. Lui è il pane della vita. È il pane vero. Il pane che ti sazia per sempre.

Se credi nel Figlio di Dio, se credi al progetto di salvezza che il Padre ha preparato per te attraverso di Lui, se ti nutri di Lui, non avrai più fame e non avrai  più sete.

Non avrai più fame del pane di cui di nutrivi prima. Non avrai più sete dell’acqua di cui ti nutrivi e che ti sembrava indispensabile. Non sarai più dipendente dagli altri, dallo sguardo degli altri, dalla loro attenzione, dalla loro considerazione. Non sarai più schiavo della convenzione, del conformismo. Non sarai più prigioniero del tuo tiranno interno. Non ubbidirai più al tuo despota. Non dovrai più mendicare.

Il  cibo che ti nutre e ti libera  è  il pane del cielo, il pane della vita, il pane di Dio, il Figlio di Dio.

 

 

Quale pane?

 

 

 

 

“Dove potremo trovare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Gesù sapeva che li avrebbe saziati tutti con il miracolo dei pani e pesci e allora perché fa questa domanda? Ci  dà lo strumento, la strada per arrivare a nutrirci del pane di Dio.

Anche tu devi domandarti: Dove posso trovare il pane per mangiare?  Dove lo cerco il pane da mangiare? Di che cosa mi nutro? Che cosa mi soddisfa?

Pensa a quanto ti dai da fare per avere quel vestito, quel cellulare alla moda, quella moto, per nutrirti dello sguardo degli altri, della loro attenzione. Pensa a quante volte ti devi uniformare,  tradire, rinnegare, vendere, per nutrirti del consenso degli altri,  per paura di essere rifiutato, escluso, isolato. Pensa a quanta fatica fai per non sbagliare mai e riuscire a fare tutto, per nutrirti dell’idea di essere perfetto. Pensa alla violenza che ti fai per arrivare primo, per essere sempre il migliore, per nutrirti dell’idea di essere superiore, onnipotente e onnisciente. Pensa a cosa devi rinunciare per avere i soldi e il potere per nutrirti dell’idea di essere venerato, temuto, idolatrato.

Questo cibo di cui ti nutri, non ti sazia. Non è quello che riempie il vuoto. Non è quello che ti rigenera. Ti dai tanto da fare per un pane che non dura, che non ti da la vita.

Il pane che ti da la vita è quello che viene dal cielo. È quello che ti dona Dio, attraverso le mani del Figlio suo. È l’unico pane che sazia, che ristora, che non finisce mai.  Non lo devi pagare, non lo devi chiedere, non lo devi rubare. Dio  te lo offre per primo perché sa che ne hai bisogno. E te lo da sempre, ogni volta. E’ il pane di Dio.

È  l’ Eucaristia.

 

 

Venite in disparte

 

 

 

 

“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’.” Gesù ci dice cosa fare. Ogni tanto abbiamo bisogno di riposare. Di riposare dalle nostre ansie, dalla nostra fretta, dai nostri progetti che dobbiamo portare a termine ad ogni costo. Di ritrovarci, perché ci siamo persi nella folla, tra mille cose da fare.

Il  modo vero di ricaricarci è di fare come faceva Gesù: si ritirava in un posto solitario a parlare con il Padre. Lo stesso dice ora: venite in disparte, in un luogo deserto, con me a pregare il Padre, a parlare con Lui. Deserto perché privato dall’esteriorità, dal superfluo, per incontrarsi con l’essenziale, nell’interiorità.

Un posto per incontrare il Padre, viso a viso, cuore a cuore. Incontrare il Padre con il Figlio, nel Figlio e attraverso il Figlio di Dio.

 

 

Alzati!

 

 

 

 

È il capo della sinagoga a cercare Gesù. È disperato perché sua figlia sta morendo. Pensa che  è l’unica speranza, l’unico che può salvare la figlia. Per questo lascia alle sue spalle tutte le regole, si disfa di tutte le leggi, di tutti gli artifici, di tutte le sfide per il potere, e, va incontro a Gesù con in mano solo il suo cuore, spinto dal suo amore di padre e dalla sua disperazione. È il dolore che lo muove, che lo libera, che gli indica la strada, che lo porta a Gesù.

“Sta morendo. Vieni a imporle le mani”. Fa la sua professione di fede e lo riconosce come Signore, come Colui che vince la morte, come Salvatore.

Anche tu a volte puoi sentire che la tua anima sta morendo, che è malata, distrutta, sfinita, immobile, senza vita. Anche tu puoi lasciare dietro le spalle tante convenzioni, abitudini, regole, paure e puoi andare da Gesù e dirgli: “Signore, Tu conosci la mia anima, Tu l’hai creata, si è ammalata e sta morendo e io non so più che fare. Con lei sta morendo la mia voglia di vivere, la mia allegria, la mia creatività, quello che io sono. Ti prego, vieni a  imporle le mani perché sia salvata e viva!!!”

Gesù legge nel tuo cuore e, se  sei veramente sincero, viene a casa tua, viene dentro di te, viene al capezzale di quella tua “figlia”. Altre persone benpensanti, razionali, faranno di tutto per levarti la speranza e ti diranno che non c’è nulla da fare, che la tua anima è morta, che la morte ha vinto sulla vita. Ma se tu ti rendi conto che è al tuo fianco  il Signore della vita della morte, se smetti di avere paura, se punti tutto sulla fiducia, se ti fidi di Dio al di sopra di ogni ragionamento umano, oltre e nonostante il limite umano, allora Gesù può entrare dentro di te e avvicinarsi alla tua anima.

Può prenderla per mano e dirgli: “Io, il Signore, Io ti dico: Alzati!!!” La mano di Dio nella sua mano. È Dio che la prende per mano e si mette in contatto con lei. Gli ridà la vita, la sua vita, la vita eterna. La tua anima ha riconosciuto il suo Creatore e si risveglia dal suo torpore, dalla sua immobilità, dalla sua rigidità. Torna a vivere e si alza in piedi. Si alza dignitosa e fiera, risanata e liberata.

Ora puoi vivere anche tu in lei e con lei, puoi tornare ad essere te stesso, puoi cominciare ad esserlo veramente, in modo nuovo, ora che sei stato toccato dal Signore, ora che hai esperimentato la resurrezione.

 

 

Il sacro Cuore

 

 

 

 

La lancia affonda nel costato di Gesù e arriva al cuore. Squarcia il cuore. Buca il suo cuore.

Penetra per fare entrare la morte, invece fa uscire la vita. Penetra per finire, invece fa uscire l’inizio. Doveva essere la sconfitta, invece è stata la vittoria. Doveva svuotare, invece ha riempito il mondo, di Dio.   Doveva  seccare, inaridire, invece fa sgorgare la sorgente divina  dell’acqua e del sangue di Dio.

Il cuore di Gesù trafitto, è stato aperto e si è potuto riversare sul mondo. Ora quel cuore, disciolto nel sangue e nell’acqua, viene verso di te. Quel cuore,  squarciato,  viene fuori dal costato, esce fuori verso il mondo. Si fa incontro al mondo. Per toccarlo, per vivificarlo, per salvarlo, per santificarlo.

Per avvicinarlo al Padre, per sempre.