In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
E tu, davanti a Dio, come ci stai?
Come il fariseo.
In piedi. In alto. Al suo livello. Come lui. Al pari di lui.
Davanti. Vicino. Presso di lui. Accanto a lui. Perché ti senti come lui. Perché ti senti lui.
Con il petto in fuori. Perché ti senti giusto. L’unico giusto. Più di tutti. Più di Dio.
A darti le arie. A lodare te. Ad ammirare te. A glorificare te. Per quello che fai.
A mettere le regole, tra te e lui. Non sei vicino. Sei il più distante. Sei il più solo. Il più povero.
Come il pubblicano.
Indietro. Prendi le distanze. Rispetti le distanze tra te e Dio. Perché non sei come lui.
In ginocchio. In basso. Perché Dio è più in alto di te. Perché lui, è più di te.
A testa bassa. Con gli occhi bassi. Perché non sei tu, il giusto. Perché solo Dio è giusto. E tu sei debole e fragile, e peccatore.
A batterti il petto. Per aprire il tuo cuore. Per puntare sul cuore. Per donargli il cuore. E lasciargli risanare il cuore.
Hai messo il tuo cuore,
tra te e lui.
E sei vicino, a Dio.