La pecora perduta

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.  Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».  (Forma breve).  Parabola del  padre misericordioso, vedi : “Il figlio ritrovato”. 

 

 

Puoi essere come i farisei e gli scribi che non si rendono conto di essere perduti. Arrugginiti, accecati, induriti. Condannati, perché condannano gli altri. Separati, perché si separano dagli altri e da Gesù.

Oppure i farisei ce li hai dentro. Una parte di te vorrebbe andare  da Gesù, e un’altra può stare li a separarla. A dire che non serve, non esiste, non ti vuole, non ti aiuta, non ti ama. Gesù invece  è venuto per te. Per cercare proprio te.

Sei come la pecora perduta. Senza di lui, perdi la strada, finisci nei rovi. Ti feriscono i rovi, ti imprigionano le spine. Ti immobilizzano i rovi e le spine. Gesù è l’unico che sa quanto ti fanno male,  quanto sei disperato e solo. E viene fino in fondo, fino alla fine, fino all’ultimo, a liberarti.  Solo lui lo fa. Solo lui lo può fare. Solo Dio lo può fare.

Ma prima ti devi rendere conto di stare male. Di esserti allontanato, separato, perduto. Di esserti smarrito, di essere caduto. Di essere diventato preda, schiavo dei rovi, delle spine, di ciò che ti fa male.

Poi devi lasciarti prendere.   Levare le spine una ad una.  Liberare dai rovi,  dalle tue prigioni, dalle tue catene. Lascia fare a lui.

Poi lasciati mettere sulle spalle. Lascia che ti porti sulle sue spalle. Lascia che ti avvicini al suo cuore. Senti il calore del suo cuore, senti il battito del suo cuore, per te. Lasciati portare. Cammina sulle sue gambe. Lui sa dove andare, lui sa come fare, lui sa perché. Lui solo conosce la strada per tornare a casa, alla casa del Padre. Lui solo lo può fare.

Quando arriverai a casa, ti accorgi che non sei solo. Quello che fai sulla terra è vissuto anche in cielo. Perché vieni dal cielo, fai parte del cielo.  Il dolore per la tua perdita è  vissuto dalla famiglia del cielo, dagli angeli e dai santi. La preoccupazione per la tua ricerca è  vissuta dagli angeli e dai santi.  La gioia per la tua liberazione è vissuta dagli angeli e dai santi, che fanno festa in Dio e con Dio, per te.

Sei come la moneta perduta. Sei un tesoro. Un tesoro  che non si può dimenticare, non si può lasciare, non si può perdere. Sei una parte preziosa, un’anima di Dio, una parte di Dio. Non si può avere pace, non si può fare nulla, senza averti ritrovato.

Sei più importante della casa. Tutta la casa deve essere rovistata, spostata, aperta. Tutta la casa deve essere spazzata, ripulita, illuminata, da Dio.  Allora tu puoi essere ritrovato. Torni ad essere il tesoro, la ricchezza, il cuore della casa, la gioia di Dio.

È tanto grande la gioia di Dio,  che si fa festa in cielo e in terra. Gli angeli e santi fanno festa con Dio e in Dio.

Per te, con te e in te.

 

 

 

Il figlio ritrovato

In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Ecco due modi di pensare e di convertirsi. Sono due strade, due modi di porsi di fronte a Dio. Quale dei due figli di sei? Quale delle due strade stai  percorrendo?

Nella prima, del figlio minore, sei attratto dal denaro e ti concentri sul possesso. Pensi che quello che hai, sia tuo,  e ti spetta. Non lo riconosci come dono del Padre. Lo fai tuo e lo separi dal Padre. Tu stesso ti separi dal Padre. Te ne vai. Pensi di poter fare a meno di Lui. Ti allontani e vai per strade lontane, ignote, estranee, vuote. Là vivi  e consumi tutto quello che sei, tutto quello che hai.  Ti fai prendere il cuore, ti fai rubare il cuore. Non sei più  tu. Ti sei perso.

Ti accorgi allora che intorno c’è una carestia, una mancanza, una povertà dello spirito. Un freddo che è arrivato al midollo, una aridità che è arrivata all’anima. Ti si è seccato il cuore. Allora vai  dagli altri a mendicare l’amore, l’attenzione, a elemosinare un po’ di calore, di considerazione. A chiedere il pane. Ti vendi. Ti ritrovi allora in mezzo ai porci. Ti accorgi che hai gettato le tue perle ai porci. Ti accorgi di fare come loro. Di nutrirti del loro stesso cibo, di diventare come loro. Questo è il peccato, allontanarsi da Dio, rifiutare Dio, pensare di fare a meno di Dio e vendersi ad altri dei.

Ecco la conversione. È allora che ti ricordi del Padre. Ripensi a Lui. Torni  a Lui con il pensiero. Il tuo cuore si rivolge a  Lui e si nutre del suo ricordo. Là non c’è fame, non c’è povertà, non c’è umiliazione, non c’è falsità, non c’è inganno, non c’è buio, non c’è morte.  Nasce il desiderio di ritornare. Ti alzi e torni indietro. Ti con-verti, cambi orientamento, ri-torni al Padre.

Ma il Padre non ti ha mai lasciato, ti ha sempre accompagnato con il suo cuore. Ti aspetta e ti viene incontro Lui per primo. Dio ti viene incontro per primo, perché per primo ha capito. Per primo ti accoglie, per primo ti abbraccia, per primo ti ama.  ‘Ecco, ho peccato!’  Lo riconosci, lo ammetti.  Ecco la confessione.  ‘Non merito di essere tuo figlio!’  Non sei tu a meritare di essere il figlio di Dio, è lui che ti vuole come figlio. Il figlio ritrovato. Il figlio perduto che è ritornato.

L’altro figlio, è l’altra strada. Sei  lì a seguire tutte le regole, ad essere sempre attento, preciso, a non sbagliare. Ma non lo fai per amore. Lo fai per essere il primo, il più bravo, il migliore. Lo fai per non farti rimproverare, per non farti accusare di non aver obbedito, di non aver servito.  Sei  il santo, senza peccato, senza macchia. E pensi quindi di meritarti il premio: il vitello grasso.  Lo pretendi,  ti è dovuto. Il più grasso, perché tu ti sei  di più sacrificato. La festa più grande, perché ti sei di più speso.

Un sentimento ti fa capire che sei come quel figlio maggiore: l’invidia. L’invidia per il tuo premio che è andato  a un altro. A  lui che è meno di te.  A lui che non ha faticato, non ha obbedito, non ha lavorato, non ha rinunciato.  Te lo fa capire la durezza del cuore. Invano il Padre ti spiega il suo amore di padre.  In-vidia significa non-vedere. Non riesci  a vedere l’amore del Padre. Pensi che l’amore sia qualcosa da conquistare, da meritare, da comprare. Non vedi l’amore di Dio, che è gratuito.

Lo servi  perché  lo vivi  come un padrone, che comanda, che costringe, che ricatta, che castiga.  Come un padrone che giudica, condanna e punisce. Non riesci a vedere la misericordia, il perdono, l’amore, che è Dio stesso.

Non ti rendi conto del peccato che è in te, che ti sta portando via dal Padre, che ti sta separando dal Padre,  il peccato più insidioso, nascosto, contorto, fatto di buone intenzioni, di regole perfette, di regole assolute, di formalità, di ottusità, di ipocrisia. Come i farisei a cui Gesù rivolge la parabola.

Un peccato che ti porta a giudicare, ad accusare, a condannare il fratello, che ti separa dal fratello. Ti ritrovi quindi accecato, arrabbiato, separato, fuori dalla casa del Padre, da solo,  nel buio, nel freddo, nel vuoto, nella mancanza di Dio.

Ecco la seconda conversione. La misericordia non è solo l’abbraccio con il Padre. Misericordia significa anche l’abbraccio del fratello. Se non abbracci il fratello, perdi anche il Padre, perdi la casa del Padre. Perdi l’amore del Padre.  Quel fratello rappresenta una parte di te che si era  distaccata, che si era allontanata, che si era perduta.  Una parte di te che ora può ritornare, può con-vertirsi,  farsi salvare,  farsi amare.

Entra nella casa, corri da tuo fratello, mettiti in ginocchio e digli: ‘Ho peccato contro di te!’ Ma lui ti viene incontro per primo, perché ti aspettava. Perché senza di te l’amore non era completo, perché tu sei la sua famiglia, perché tu sei parte dell’amore di Dio.

E  ti abbraccia lui per primo, ti accoglie, ti consola, ti benedice. Allora la gioia del Padre è piena, allora l’amore del Padre  è pieno.

Allora è festa in Paradiso e sulla terra.

Perché un altro figlio perduto è stato ritrovato.

 

 

 

Convertitevi

 Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».  Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

 

Ma io sono già convertito. Non ho bisogno di conversione. Vado a messa, dico le preghiere, non rubo, non uccido, non faccio del male.

Ma Gesù sta parlando a te.  Conversione significa cambiare rotta,  cambiare orientamento,  cambiare verso.  Conversione come con l’auto, significa girare.  Significa essere con-vertiti, ri-volti, riportati a Dio.  Significa ritornare a Dio. Tornare davanti a Dio. Davanti al volto di Dio. Con il proprio volto davanti al volto di Dio, viso a viso, cuore a cuore. Significa riconoscerlo come Dio, adorarlo, amarlo.

Se non ti sei veramente convertito, sei come il fico della parabola,  che è secco e non dà frutti. Il Signore come vignaiuolo, viene a trovarti e ogni volta non trova frutti. Lui ti aveva fatto per dare i frutti. Un albero senza frutti può essere tagliato.

Così tu, se non ti rivolgi a Dio, se non ti riempi di Dio, se non ascolti Dio, se non fai  quello per cui  ti ha creato, diventi un albero secco. Un albero senza significato, senza senso, senza meta, senza scopo. Ma ecco la misericordia di Dio. Dio aspetta e ti dà  tempo. Ecco il tempo della Quaresima.

È il tempo del zappare intorno, è il tempo del preparare la terra, le zolle.  Il tempo di dissodare il terreno duro, impietrito, incrostato.  Il tempo di affondare, di immergersi, di entrare dentro a quello che ti ha inaridito, che ti ha levato la vita. Il tempo di aprire il cuore, di rivoltare il cuore, di risanare il cuore.

È il tempo di dare il concime.  Il tempo di riconoscere e toccare la nostra debolezza, i nostri sbagli, le parti del cuore negative, avvelenate, dissacrate. Le parti dell’anima violentate, uccise, annullate.  Riconoscere e  toccare il nostro letame.  Perché diventi concime e possa nutrire e dare vigore e forza, slancio, spinta, vita.

È il tempo di irrorare e lavare le zolle dell’anima,  con l’acqua il sangue che escono dal costato di Gesù sulla croce.  Con lo Spirito Santo di Dio che sgorga dal cuore del Figlio di Dio,  dal suo cuore ferito e aperto per noi, verso di noi.  Irrorarle e lavarle nello Spirito Santo, con la confessione e con la comunione.

È il tempo di far risorgere l’albero, che si era seccato. Così porterà frutti,  frutti buoni, i frutti di Dio, le opere di Dio.

E non sarà più tagliato.  E  vivrà per sempre, rigoglioso, maestoso, fiero,  dignitoso e vero.

 

 

 

Voce nel deserto

La parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto. Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa: «Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».

 

Ecco il secondo messaggero di Dio, preparato da Dio, inviato da Dio. Giovanni , figlio di Zaccaria. La parola di Dio è venuta su di lui e  lui l’ha  incarnata e l’ha fatta diventare voce, voce di Dio.

Quella voce è diventata un grido, un urlo, per farsi sentire, per arrivare a tutti, per arrivare a te. Prepara la via del Signore! Il Signore, il tuo Dio verrà, verrà in te. Cosa trova?

Guardati dentro. Prima devi prendere coscienza di quello che c’è, per poterlo aggiustare. Cosa vedi? Cosa c’è veramente? Cosa ti impedisce di gioire, di lodare, cosa ti rende triste, cosa appesantisce il tuo cuore? Qual è il peccato che divide il tuo cuore e che lo avvelena,  lo chiude,  lo secca,  lo fa morire?

Abbi il coraggio di guardarlo, abbi la forza di capirlo. Non sei solo, il Signore è con te.  Abbi il coraggio di entrare nella tua fatica, nella tua paura, nel tuo dolore, e comincia a guardarlo con lo sguardo di Dio, con il cuore di Dio, con la misericordia di Dio.

Fai entrare Lui, lì in profondità, dove non  osi  entrare, dove nessuno può e deve entrare, dove nessuno può stare.

Dio lo può fare, solo Lui lo può fare, senza farti male. Lui può risanare, risollevare, aggiustare.  Lui  solo può riempire i tuoi burroni, solo Lui può abbassare il monte che ti impedisce di vedere e di camminare. Solo Lui può raddrizzare il sentiero così torto, così contorto, così distorto, dove ti trovi.

Aprì il tuo cuore, prepara il tuo cuore  al Signore che viene.

Lui viene e così tu gli vai  incontro.