Giovanni

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Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

 

 

 

Prepara la via del Signore.  La sua via.  La sua strada.

La  sua.  Non la tua.   Non come la pensi,  vuoi tu.   Non come la vogliono gli altri.           Non  come fanno gli altri.

La strada di Dio.   È solo  sua.  È lui che la percorre, per arrivare a te.

L’hai riempita,  soffocata,  nascosta,  con i tuoi cieli.   L’hai umiliata,  denigrata,  falsata, con le tue storture.  L’hai abbassata,  sotterrata,  con i tuoi buchi  e i tuoi vuoti.

Come Giovanni,  la strada di Dio  la trovi  se fai deserto.  Se fai tacere ciò che ti stordisce. Se non ti nutri  di ciò che ti  sfinisce.   Non ti metti i vestiti d’oro.  Ti levi i gioielli,  gli anelli degli altri dei.

La  strada di Dio  la trovi,  se ti immergi nella sua acqua.  Se lavi il cuore.  Se lavi l’anima.

La   trovi,   se accorri,  corri  incontro   a   Dio  che viene.   Non è  uno qualunque.             È  il tuo Creatore,   il tuo Signore.  Il Signore del cielo della terra.

È  Dio  allora, che si fa strada nel tuo cuore.   Diventa lui   la strada.

E tu  diventi il grido,   di gioia.

 

 

 

 

Chi, dei due?

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».

 

 

Il cuore conta.  Se c’è il cuore, c’è l’amore.  Se c’è l’amore, ci sono i fatti.   Sempre.  Sono i suoi raggi.

Dio Padre chiama anche te, come figlio.   Dice anche  a te di  andare a lavorare nella sua vigna.   Tu che fai?

Come il primo figlio.   Prima, subito, gli dici di no.   Non ti va,  non hai voglia.   Non ti fa comodo, non ti riguarda, non ti interessa.  Non è roba tua.  Ma sei suo figlio, e lui è tuo Padre.

Il Padre ti sta nel cuore.  Non puoi fare a meno del tuo cuore.  Non puoi fare a meno di Lui.  L’amore ti porta.

Stavi andando via,  torni indietro,  cambi direzione.  Ritorni da lui.  E fai quello che ti chiede,  perché lo senti tuo,   è in te,  è per te.  Fai quello che ha preparato per te,  ha pensato per te.  Per salvare te.

Come il secondo figlio.   Prima, subito,  dici di si.  Lo chiami signore.  Perché non è per te, un padre. È un padrone.  Dici di si al comando, alla regola, alla legge.

Fai il figlio, non sei il figlio.  Fai la parte del figlio, perfetto.  Di fuori.  Dici di si. Di fuori. Con la bocca,  non con il cuore.   Hai  il Padre sulla bocca,  non lo hai nel cuore.

E non vai,  e non fai.   Perché ti sembra di aver fatto tutto.  Per te fare, è dire.   Ti fermi,  al dire.  Ti riempi,  di dire.

Con quel  si,  nascondi  quello che fai.  Non si vede quello che fai.   Giustifichi quello che fai.    Un sì falso.  Un sì ipocrita, che offende il Padre.  Che tradisce il Padre e anche te stesso.

E non cambi.  E non  torni indietro.  Perché non c’è amore.  Perché non ti porta l’amore.  Non ti fai portare dall’amore, verso il Padre.

Con quel si,  ti senti arrivato.  Non hai bisogno di essere salvato.  Il tuo Dio è la forma, la regola, l’apparenza. E fai diventare anche l’amore, forma, regola e apparenza.

Sei incastrato, sei imprigionato, sei incatenato.  Hai bisogno di un Dio che ti salvi, che ti liberi.

Solo Gesù lo può fare.  Lui è il Figlio di Dio.   Lui solo  conosce il Padre.

Lui solo  può riportarti da lui.

 

 

 

 

 

Il cieco nato

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In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita; sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

 

 

Gesù,  sono io  il cieco,  dalla nascita.  Cieco, vuoto della tua luce.  Assetato, bisognoso, mendicante,  della tua luce.  In modo totale, primordiale, antico.

Cieco nell’anima.  Perché il peccato mi ha portato nel buio, nella notte, nelle tenebre. Cieco del cuore. Perché non voglio vedere, non voglio capire, non voglio sentire. Non voglio amare. Cieco nel cuore. Perché chiuso, rinchiuso, rintanato, nascosto, nelle pieghe, nelle piaghe del cuore.

Gesù, tu sei la Luce. La luce di Dio, la Luce del mondo e hai pietà di me.  Fai del fango con la tua saliva.  Con la polvere del suolo, come quando hai fatto l’uomo.  Mi crei un’altra volta, mi ricrei.  Mi fai, mi rifai.  Mi dai la vita.

Mi  spalmi il tuo fango, sugli occhi, sui miei occhi.  Mi cospargi, mi ungi, mi santifichi, mi consacri.  Mi mandi a lavarmi nella piscina di Siloe.  Lavo gli occhi con la tua acqua, dell’inviato di Dio. Per diventarlo anch’io.  Per fare la volontà del Padre.  Per dirti di si.

Ora vedo!  Ora ti vedo!  Vedo la tua Luce!  Vedo, con la tua Luce!

Tu, sei stato mandato da Dio a salvarmi.  Solo tu lo potevi fare!   Tu, sei il Figlio di Dio!  Sei  il mio Signore!   Mi getto  ai tuoi piedi.  Ti adoro, ti onoro, mio Dio!   Ti lodo, ti danzo, ti canto,  Figlio di Dio!

Ero cieco. Ora vedo.

La Luce della tua Resurrezione!

 

 

 

 

La samaritana

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In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

 

 

L’acqua per dissetare il cuore. Come la samaritana, la vado a prendere ogni volta, un po’ alla volta, al pozzo delle cose, dei sentimenti, del prestigio. Nel pozzo degli altri. Nel pozzo di tutti.

Spesso non la trovo e torno a casa con il secchio vuoto. Spesso non la trovo perché mi hanno portato sulla strada sbagliata. Spesso non la trovo perché l’hanno bevuta tutta e non è rimasta per me.

Gesù, tu sei lì, e mi incontri e mi guardi e mi parli. Per farmi capire chi sei. Tu solo puoi darmi l’acqua viva, l’acqua vera. L’acqua di Dio. La tua acqua. L’acqua dello Spirito Santo. L’unica acqua che mi disseta veramente. L’unica acqua che mi disseta per sempre. L’acqua che diventa  in me,  sorgente viva.

E mi fai capire chi sono io. E io con te lo vedo il mio errore, il mio peccato. Ho preso come amanti altre cose, invece di Dio. Altre persone, invece di Dio. Altre passioni, invece di Dio. Altri amori, prima di Dio.  Altri dei, al posto di Dio.

Mi dici che cosa fare.  Mi indichi il Padre, da adorare in spirito e verità. Tu lo sai, perché sei suo Figlio.  Sei il  Messia, il Cristo, mandato da lui,   per salvarmi.

Nella Pasqua, la tua acqua,  uscirà dal tuo costato.  Se io sarò lì, vicino a te, stretta a te, alla tua croce,  potrà lavare le mie ferite e lavare il mio peccato.

Risanare il mio cuore e far risorgere la mia anima.

 

 

 

 

Trasfigurazione

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In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

 

 

Quello che sei veramente, Gesù, lo lasci trasparire, lo lasci venire fuori.  Lasci apparire il tuo splendore, la tua gloria di Figlio di Dio.

Quello che sei,  lo riveli  ora,  per farmi sapere  chi è,  quello che verrà condannato.

Ti devo ricordare così,  con quella veste di luce, quando sarai flagellato.

Ti devo vedere così,  con il Padre e lo Spirito Santo, quando sarai crocifisso.

Come gli apostoli, sarò colpito, stupito, sconvolto, stordito, dalla tua gloria,  quando  sarai risorto.

Con  Mosé ed  Elia, ti  starò vicino  e,  come  Mosé ed Elia,  ti  testimonierò e annuncerò la tua salvezza.

 

 

 

 

 

La tentazione

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In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

 

 

Nel deserto. Da solo. Solo con te stesso. Nel deserto, nella mancanza, nella precarietà, nella privazione, nasce la tentazione.

La tentazione in persona, viene. E ti propone di eliminare, cancellare, negare la precarietà, di rompere il limite. Di farti Dio. Di essere come Dio. Di essere più di Dio. Al posto di Dio. Sopra a Dio.

Ti propone tre prove, tre forme, tre modi di farti Dio. Ti puoi riconoscere, ti puoi rispecchiare, ti puoi ritrovare. Puoi cambiare.

Primo. “Dì, che queste pietre diventino pane”.  Il bisogno del pane. Il bisogno  umile, semplice, umano. Se vuoi essere Dio, annulli il bisogno, l’attesa, la fatica. Neghi il bisogno, elimini l’attesa, umili la fatica. Cancelli il bisogno se lo soddisfi subito, se lo riempi fino all’orlo, se lo intasi fino all’estremo,  se lo soffochi con il troppo e il tutto.  Allora quel pane, diventa pesante come pietra. Ritorna pietra.

Gesù ti dice: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Solo Dio soddisfa completamente veramente la fame del tuo cuore e della tua anima.

Secondo. “Gettati giù e gli angeli ti porteranno sulle loro mani”. Comportati come un dio. Buttati al di là del tuo limite. Sfida Dio. Provoca Dio. Costringi Dio a intervenire. Obbliga Dio a stare al tuo servizio, al tuo gioco, al tuo scopo.  Usa Dio. Usa Dio per farti servire come un dio.  Al posto di Dio.  Attraverso di Dio.

Gesù ti dice: “ Non mettere alla prova il Signore Dio tuo”.  Fai la sua volontà, non la tua.

Terzo. “Tutte queste cose ti darò, se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Vuoi il potere, tanto, tutto. Vuoi avere tanto, tutto. Possedere tanto, tutto. Senza confine. Per essere il padrone assoluto. Come un dio. Come Dio.

Per avere tutto, sei pronto a fare anche il male, a giustificare il male, qualunque male. A servirti del male. Ti sembra di avere il potere anche su di lui. Ti sembra di possederlo, invece è lui che possiede te. È diventato  il tuo padrone e tu il suo schiavo.  Ti getta ai suoi piedi e ti calpesta.  Si prende tutto il tuo potere e non ti rimane nulla, neppure te stesso.

Gesù ti dice: “Solo il Signore Dio, tu adorerai. Solo a lui renderai culto.” Solo lui è l’unico e vero Dio.   Ritorna  da Dio Padre.  Inginocchiati davanti a lui. Gettati tra le sue braccia, sul suo cuore.  E chiedigli perdono.  Lui solo ti può salvare.

Se, come Gesù, con Gesù e in Gesù,  hai scelto il tuo Signore, il Padre dei cieli,  lui ti manderà i suoi angeli, per nutrirti e per custodirti.

Perché  sei suo figlio.

 

 

 

 

Amate i vostri nemici

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:  «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.  Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». 

 

 

Occhio per occhio, dente per dente.  È il male che chiama il male, che vuole altro male.  Che si ripete, che si rinnova, che si prolunga nell’altro male.  È il male che fa altro male.  E ti incatena. E ti vince, e ti domina.  E ti possiede.

Guarda dalla parte di Dio Padre. Guarda il tutto con gli occhi di Dio Padre.

Il malvagio, chi  fa il male,  è stato vinto dal male. Dalla rabbia, dall’odio, dalla vendetta, dall’invidia, dall’ipocrisia.  E’ stato schiacciato, avvelenato, eroso, corroso, dal suo male. Ma  Dio lo ama ancora,  ama lui, non il male che fa.  Lo ama per poterlo salvare. Per poterlo recuperare, per poterlo liberare dal male che  sta distruggendo  lui e gli altri.

E ama anche te,  che sei stato colpito da quel male, sporcato, schiacciato, umiliato, da quel male. Sei come il Figlio, e  si aspetta che tu fai come il Figlio.

Si aspetta che tu non ci caschi. Che tu non ti fai prendere, non ti fai offendere, non ti fai vincere da quel male. Si aspetta che tu non cadi nel tranello. Non ci finisci dentro, non ti fai incastrare, non ti fai ingannare. Non ti fai incatenare.

Ti dona il Figlio  per farti spezzare quelle catene. Per essere più forte del male. Per vincere quel male.  Per non farlo diventare tuo. Per non farlo diventare parte di te e tu parte di lui. Per schiacciarlo, perché non ti faccia più male, e non ti faccia morire. Per vincere la morte che porta. Per farti risorgere.

Così perdoni il nemico. Così ami.  Doni Dio. Doni il Padre.  Fai vincere la persona su quello che fa e che ha fatto.  Ami la persona più di quello che fa e che ha fatto.  Solo questo, fa tornare indietro l’altro.  Solo questo, lo fa rinsavire.  Solo questo, lo fa trasalire. Solo questo, lo fa cambiare. Veramente.

Perdoni con Dio, con lo Spirito Santo.  Solo lui ci riesce. Solo  lui, lo sa fare veramente. È lui che ama l’altro, in te.  È lui che lo perdona, attraverso di te.  È lui che riempie il vuoto del suo cuore, verso di te.  Lascialo passare, in lui.

Allora diventi suo fratello.

E  figlio del Padre nostro  che è nei cieli.

 

 

 

 

 

Cristo Re

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».  Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».  Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».  E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

 

 

Pensi  al re, coperto d’oro.  Vestito d’oro.  Su un trono di pietre preziose. Luccicante, accecante, trionfante. Invece vedi il Figlio di Dio, li, sulla croce. Spogliato, umiliato, trafitto. Abbandonato.   Non sembra un re agli occhi del mondo.

Quella non è la sua disfatta.  Quella non è la sua rovina.  Quello è il  trionfo e la croce è il suo trono.

Il Figlio di Dio è il Re dei Re.  È il Re dell’universo. Il Re del cielo della terra, del visibile  e dell’invisibile.  Il centro di tutto.  Tutto è stato creato in lui, per mezzo di lui e in vista di lui.  Egli è il primo di tutte le cose e tutte le cose esistono in lui.

Con la sua croce ha riunito, integrato, ricongiunto, l’orizzontale con il verticale.  La terra con il cielo.   Il visibile con l’invisibile.  Con la sua croce ha riconciliato in sé, tutte le cose.  Ha liberato e santificato in sé, tutte le cose.  In lui, tutto si è compiuto.

Davanti alla croce, puoi essere come il popolo.  Che sta li a guardare.  Senza partecipare, senza soffrire, senza capire.  Puoi essere come i capi, che lo sfidano, che lo provocano, che lo invidiano. Puoi essere come i soldati che lo deridono.  Puoi dargli l’aceto,  essere acido, pungente, irritante,  perché non scende al tuo livello.  Perché è  fuori dal tuo controllo.

Come uno dei ladroni, puoi stare sulla croce vicino a lui, a fianco di lui. Come lui.  Non ti rendi conto che è un posto privilegiato.  Invece se lì,  incattivito, arrabbiato, umiliato.  Perché vuoi essere vincente, esaltato, esonerato dalla croce.  E vuoi così, anche lui.   E  lo insulti, lo attacchi, per farlo scendere dalla croce.  Per fargli ripudiare la croce. Vuoi che scenda,  per far scendere anche te.  Vuoi che fugga, per far fuggire anche te.  Ma così fuggi anche da lui,  e non ti salvi.

Come  l’altro ladrone,  puoi stare sulla croce vicino a  lui, accanto a lui e renderti conto che è un posto privilegiato.  Puoi sentirti parte di quel mistero.  Puoi riconoscerti peccatore, fragile, debole, imperfetto.  Puoi riconoscere Gesù senza colpa, senza difetto. Come Figlio di Dio.

Puoi stare con lui.  Puoi cercare il suo sguardo.  Puoi farti guardare da Dio. Puoi fare entrare nei tuoi occhi, il suo sguardo.  Puoi fare entrare in te, il Volto di Dio.

Puoi dire anche tu:  Tu sei il re del cielo della terra.  Portami con te.  Fammi stare con te, tienimi nel tuo cuore, quando entrerai nel tuo Regno.  E lui ti risponderà:  In verità, oggi, sarai con me, in Paradiso.

In Paradiso. Nel Regno di Dio, in Dio, qui sulla terra e poi nel cielo.  Per sempre.

 

 

 

Il pubblicano e il fariseo

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:  «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.  Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.  Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.  Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 

 

Puoi essere come il fariseo.

Và  lì, davanti. Vicino. Di fronte a Dio.  Per lui non è Dio, perché non ha timore a stargli vicino.  Và lì, in piedi, allo stesso livello di Dio. Per lui non è Dio, perché non ne sente la grandezza e la maestà.

Prega tra sé.  Per lui non è Dio.  Non si apre. Rimane chiuso in se stesso. Rimane nascosto in se stesso. Rimane prigioniero di se stesso.

Dio ti ringrazio.  Si serve di Dio. Usa Dio. Lo chiama come spettatore, come testimone, come garante, di  se stesso.

Io non sono come gli altri uomini.  Non appartengo al genere umano. Mi distinguo, mi separo, mi divido. Mi dissocio dal genere umano. Mi dissocio dagli altri e anche da me stesso.  Io sono perfetto. Mi metto dalla parte di Dio. Io sono Dio.

Ladri, ingiusti, adulteri.  Gli altri sono peccatori. Io no.  Gli altri sbagliano. Io no.  Gli altri hanno difetti, errori, colpe. Io no.  Gli altri sono deboli. Io no.  Gli altri sono fragili. Io no.  Anche questo che prega qui vicino a me, non è giusto, non è a posto. Ha il marchio, il timbro, lo stampo di peccatore. Io no.

Digiuno e pago.  Nelle regole ho messo Dio. Nelle regole ho rinchiuso Dio. E anche me stesso. Io ci sto dentro. Ci sto preciso. Ci sto giusto.  Sono giustificato.  Mi faccio giusto.  Sono io che mi do  il  giudizio di giusto. Me lo do da solo.  La salvezza dipende da me solo. Dipende dalle cose che faccio, da quante ne faccio.   Mi salvo da solo.  Sono già giustificato,  sono già salvato.  Non ho bisogno di Dio. Non ho bisogno del prossimo.

E rimani senza Dio, senza il prossimo e senza te stesso.

Puoi fare come il  pubblicano.

Stai indietro.  Dio è grande, maestoso, splendente. Non ce la fai a reggerlo da vicino. Devi prendere una distanza. Ti metti a distanza.  Ti metti in una relazione. Lui è Dio e tu sei un uomo.

Stai in ginocchio.  Se per te è Dio, non ce la fai a stare in piedi. Ti getti ai suoi piedi. Lo adori.  Così lo preghi.

Non osi alzare gli occhi.  Se per te è Dio, non osi stare al suo livello. Alzare gli occhi verso di lui, guardarlo negli occhi. Non ce la fai, non lo reggi, è troppo forte, è troppo grande. Li tieni bassi, gli occhi, verso la terra, verso la tua condizione. Stai al tuo posto di uomo. Così lo riconosci come Dio. Così lo preghi.

Ti batti il petto.  Lui è il tuo Dio e tu sei un uomo. Entri in relazione con lui, attraverso il tuo cuore.  È  lì che batti, è  lì che punti.  È  lì  che lo incontri.  È  lì che lo ami.

Peccatore.   Ti  riconosci peccatore. Come uomo debole, fragile, imperfetto. Precario, finito, limitato.  Quello che conta non è la regola, la misura, il calcolo, la quantità. Quello che conta è la qualità.  Cosa sei. Come ti poni. Come ti metti. Dove ti metti.

Pietà di me.  Dio è Dio e tu sei il peccatore.  Ora c’è una relazione vera, reale, che funziona.  Ora c’è la preghiera che funziona.  Pietà di me!  Vieni  in me Signore.  Vieni perché ho bisogno di te.  Vieni a riempire il mio vuoto con il tuo amore. Vieni a sanare la mia anima. Vieni a riparare il mio peccato.

E  Dio Padre ti manda il Figlio.  In Lui, con Lui  e per Lui,  sarai consolato, sanato, perdonato.  In Lui sarai salvato.  In Lui sarai giustificato.

È Dio che ti giustifica,  che ti fa giusto.  Che ti salva.  Solo Dio lo può fare.  Solo Dio lo può fare veramente. Solo Dio lo può fare completamente.

E sarai portato davanti a Dio.  Presso Dio.  Per l’eternità.

 

 

 

 

Il povero Lazzaro

«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.  Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.  Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.   E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”»

 

 

Puoi essere come il ricco.  Vestito di apparenza.  Pieno, ripieno, satollo delle tue cose.  Sicuro, chiuso, rinchiuso  nelle tue cose . Adagiato, disteso, appoggiato sulle tue cose.  Solo sulle tue cose.  Indifferente, incurante, indolente  di ciò che ti sta intorno.  Indifferente a tutto ciò che non ti assomiglia, a tutto ciò che non ti riguarda, a tutto ciò che non ti rispecchia.

Non lo vedi il povero, che è davanti a te.  Non vedi Lazzaro che è venuto a salvarti. Non vedi il povero che ti ha mandato Dio. Non vedi Dio.  Non lo vedi, non lo senti, non lo vuoi . Per te Lazzaro non esiste proprio.  È fuori, è annullato, è scomodo, è trasparente, è assente, è negato.

Ma con Lazzaro hai negato anche la tua parte povera, debole, fragile, ferita. Hai negato anche la tua anima.  Gesù ti fa vedere dove sta.  Negli inferi. Nei tormenti. Nel fuoco che la brucia.  La tua anima ha fame e sete, come Lazzaro, più di Lazzaro.

Ti fa vedere anche chi è Lazzaro.  L’anima di Lazzaro è nelle braccia di Dio, è consolata, è amata, è adagiata nelle braccia del Padre.  È beata, ristorata, nutrita,  vestita  di Dio Padre.

Svegliati!  Non aspettare quando è troppo tardi. Sei ancora in tempo.  Lui, Lazzaro, il povero, può intingere un po’ d’acqua e dissetare la tua anima che brucia, che si consuma, che muore.  Lui può colmare l’abisso, la separazione, la divisione fra te e la tua anima.  Perché Lazzaro piagato, rappresenta le piaghe di Gesù Cristo. Il Figlio di Dio,  che è venuto a salvarti.

Vai  dal povero che  lo porta, che te lo dona, che te lo offre.  Vai dal rifiutato, abbandonato, ferito, malato, vai da lui e guardalo, sentilo, incontralo. Aiutalo, ristoralo, riparalo, consolalo. E fai l’esperienza di Dio.  Cerca Lazzaro anche nei tuoi fratelli,  con i tuoi fratelli.

Muoviti!  Non aspettare, per convertirti, per convincerti,  che vengano dei fatti paranormali.  Non aspettare che vengano i morti sulla terra a darti la prova, la sicurezza, la conferma.  La fede non è un’idea, non è una tesi, un’ipotesi.  La fede è un incontro.  È una relazione.  È un rapporto di amore con Dio.  Come lo è stato per Mosé e i profeti.

Come loro, con loro e in loro,  puoi incontrare Dio.