Seguirono Gesù

 

Annibale_Carracci_-_San_Giovanni_Battista_testimone_orsi-Copia - Copia

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

 

 

Non è  un incontro qualsiasi,  non è  un incontro normale.   È un incontro speciale.            È  l’appuntamento della tua vita.  Quello con Dio.  Quello con il Signore. Quello con il tuo Creatore.

Come  i due discepoli,   non sei lì per caso.  Ti ha chiamato Dio.  Nella notte,  nella profondità del tuo cuore.  Nella tua parte più intima e più vera. Ti ha chiamato da sempre. Ti aspetta li, da sempre.

Ecco  l’agnello di Dio!  Eccolo, è lui,  il Figlio di Dio!   È Giovanni mandato da Dio,  che te lo annuncia.  Quel dito puntato,  quel braccio teso,  è come una freccia,  come un segnale che indica la strada.

Ora che fai?

Non stai  a guardare, fermo, immobile, passivo, indifferente. Non stai a giudicare, distaccato, amorfo, noncurante.

Come i due discepoli,   ti alzi e lo segui.  Tutto di te si muove,  tutto di te,  va verso di lui.     Il tuo si,   il tuo  ‘eccomi’, è  intero,  è totale.  È concreto, e vero.  È il tuo primo “eccomi”.

Che cosa cercate?

La verità del cuore,  prima di tutto.  Il discernimento.  Che cosa e non, chi.  Cosa ti muove. Cosa cerchi in lui.  Cosa speri in lui.  Cosa vuoi, attraverso di lui.  Stai cercando te,  o Dio. Stai cercando una tua idea,  o Dio.  Stai seguendo una tua emozione,  o Dio.

Maestro, dove dimori?

Come i due discepoli,  gli chiedi:  dove dimori.  Dove è la tua casa.  Il posto dove stai. Perché  ci voglio stare anche io.   Quella è già la mia casa.  Quello è già il mio posto.  Ecco il tuo secondo  “eccomi”.

Venite  e vedrete.

Ti ha invitato. Te, proprio te.  A stare con lui.  Da subito,  senza riserve.  A vivere con lui. A  sperimentare lui.  Perché è lui  la tua casa,  è lui il tuo posto.  E tu lì rimani.  Lì stai.  Ecco  il tuo terzo  “eccomi”.

Poi diventi voce,  per tuo fratello.  Lo porti a tuo fratello.

Come Pietro,  vai da lui.   E Gesù ti guarda.  Mette il suo sguardo  dentro di te.   Ti ha guardato  Dio !   Hai in te,  lo sguardo di Dio.  Il volto di Dio.  Si è impresso in te.  Nei tuoi occhi,  nel tuo cuore.

Gesù  ti chiama per nome.  Ti chiama con il tuo nome.  Ora sei nato  alla tua vita vera,   alla tua vita intera.  E ti da un nome nuovo.  Il nome della volontà di Dio, per te.  Scritto da sempre, per te.

Il  nome  scritto nei cieli.

 

 

 

 

 

 

La santa famiglia

candelora (1)Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.  Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:  «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,  perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:  luce per rivelarti alle genti  e gloria del tuo popolo, Israele».  Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».  C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.  Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

 

La cerchi  la salvezza.   La cerchi nei posti sbagliati.   La chiedi  a chi non la possiede.    La vuoi da chi non la vuole.   La mendichi   a chi te la toglie.  E ti senti  perduto.

 

Solo Dio ti può salvare.  Solo Dio ti può salvare veramente,  completamente, eternamente.  Ecco è venuto.  Dio in persona.  E’  lui  la salvezza  da tutto ciò che ti fa male,  dagli altri,  e da te stesso.

La salvezza   è quel bambino che Maria e Giuseppe,  portano al tempio.  Come  genitori,  lo  portano loro,  al tempio. Per presentarlo al mondo.  Nel tempio di Dio,  perché è sacro,  è Dio.

Come Simeone,    lo Spirito Santo   ti fa  conoscere  Cristo Signore.  È lo Spirito Santo che  te lo rivela.  E’  lui che  ti muove  e  ti porta da Gesù.

Come Simeone,  gli corri contro,  con gli occhi  pieni di  Spirito Santo.  E puoi vedere con i tuoi occhi  il Figlio di Dio,  il volto di Dio,  la salvezza e la consolazione  di Dio.  Per te.

Lo prendi in braccio e  appoggi  il suo cuore,  al tuo cuore.  Fai battere il tuo cuore, nel suo.  E lodi  e  benedici il Padre  che lo ha mandato.  E sei consolato.

Come Maria e Giuseppe,  porta la cosa più sacra che hai, il tuo bambino,  al Signore.  Lo consacri a lui, lo fai suo perché è suo,  te lo ha dato lui.

Portalo,  e non ti stupire se la sua vita sarà diversa da quella che pensi.  Se ci saranno dolori, fatiche, difficoltà,  non temere. Perché è in Dio, per fare la sua volontà.  Metti anche il tuo cuore di madre e di padre,  sull’altare,  per fare anche tu,  la sua volontà.

Come Anna,  vai al tempio, perché  è li che viene  il Signore.  Come lei,  dopo che lo hai visto,  vai a parlare di lui,  a tutti.   A tutti quelli che lo aspettano.

Maria e Giuseppe,  la  culla,  la casa,  il rifugio,  l’abbraccio, la  cura e la custodia  di Gesù. La  prima famiglia di Gesù.  La  prima famiglia  di Dio.

Simeone  e  Anna,   i primi nonni   della casa di Dio.

I primi nonni ,   della famiglia di Dio.

 

 

 

 

 

Presentazione al Tempio

candelora

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.  Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo  servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

 

Aspetti di essere consolato.  La cerchi, la speri, la mendichi, la consolazione.  Ecco, è arrivata!

Quella che attendeva Simeone. La consolazione totale, assoluta, autentica, eterna. Ecco è venuto il Signore, il Figlio di Dio, il Salvatore.

Come Simeone, lascia che lo Spirito Santo  di Dio entri nel tuo cuore. Lascia che dimori in te e su di te. Lasciati portare da lui. Lui ti muove, lui ti conduce. Lui ti rivela il Figlio di Dio. Lui te lo fa riconoscere, lui te lo fa incontrare.

Come Simeone, prendi  quel bambino, tra le tue braccia, tienilo stretto, appoggiato al tuo cuore. Lascia che ti scaldi e consoli il tuo cuore.

Come Simeone, il tuo cuore trasalirà, esulterà, scoppierai  di gioia. E piangerai di gioia, per la gioia. E con gli occhi al cielo ricolmi , rendi grazie a Dio, perché ti ha fatto provare e vedere la sua luce e la tua salvezza.

Come Simeone, il Figlio di Dio ti è stato rivelato e ora, solo ora, riesci a capire e a rivelarlo agli altri. Lo dice a Maria.

Come Maria, vai a donare a Dio il tuo primo figlio, la tua primizia, quello che per te è più sacro, più importante, più intenso. Te stesso.  Significa consacrarlo, farlo sacro a Dio, riconoscere che appartiene a Dio. Ciò che è di Dio non è del mondo, è separato, distinto. È nel mondo, ma non del mondo.

È la spada che divide, taglia in modo netto. Se sei di Dio, sarai obbligato a prendere decisioni, a prendere posizioni, nette, precise, decise. Dalla parte della verità, della giustizia, dell’amore, dalla parte di Dio. Sarai segno di contraddizione.

Come Maria, questa spada ti farà male,  ti trafiggerà il cuore.  Ti porterà  al calvario, alla croce.  E da lì, alla resurrezione.

Come Anna, rimani nel Tempio di Dio. Sempre, fino alla fine. Non allontanarti mai da lui. Fedele, come una sposa.  E lo vedrai.

La gioia di Dio verrà in te e ti farà cantare il cuore. Danzare il cuore. Scoppiare il cuore. Non ce la farai a tenerla dentro. Ti uscirà da tutti i pori la gioia di Dio, la luce di Dio. E la dirai a tutti.

La racconterai a tutti. Parlerai a tutti di lui. Di quel bambino, del Figlio di Dio. Dirai a tutti, annuncerai  a tutti, che è venuto colui che aspettavano. Il redentore. Il liberatore. Il Salvatore.

E sarai testimone, messaggero, apostolo.

E luce,  anche tu.

 

 

 

Sposa di Dio

1298md16

 

 

Dio ti ha sposato, prima di nascere.  Ti ha già fatto sua sposa.  Tu lo senti, che appartieni  già  a un altro.  Che sei già amata, che sei già sposata a un altro.

Se frequenti un uomo, ti sembra di tradire uno sposo.

Sei già in lui.  Vivi in lui, come una sposa, da sempre.  Il tuo ‘si’ è il rendersi conto.  È riconoscerlo.  Essere d’accordo.  È lasciar fare allo Spirito Santo. È lasciarsi portare dallo Spirito Santo.

Quando parli di lui, il tuo cuore sobbalza, trasale, si innalza.  Viene attirato, viene abbracciato, viene amato dal Figlio di Dio.  Non riesce più a stare bene, non riesce più a riposare, non riesce più a respirare, non riesce più ad amare, se non in lui, se non lui.  È stato già rapito, da Dio.

Sei sua. Sei sempre stata sua.  Non puoi essere di nessun altro.  Nessuno può arrivare dove è arrivato lui.

È lui che si è donato a te,  è lui che si è rivelato a te, è lui che si è manifestato a te.  E tu sei rimasta folgorata, abbagliata, colpita, presa,  da lui.  Sei innamorata persa, di lui.

Non  sei più come prima. Tutto non è più come prima.  Sei sua. Solo sua.

Non c’è più spazio,  non c’è più tempo,  non c’è più rimedio.

Lui solo,  è tutto.   Lui solo,  basta.

 

 

 

 

 

E l’Ostia e il vino?

E l’Ostia e il vino?

Non sono cose solo benedette.  Non è il prete che le benedice e le fa diventare corpo e sangue.

È lo Spirito Santo,  Dio stesso,  invocato dalle mani  consacrate del sacerdote, che viene sull’altare,   e porta  Gesù  risorto.    Ed è lui che,   con il Padre,   benedice  il pane e il vino.  Ed è lui  che  trasforma la sostanza del pane,   in corpo di Cristo,   e il vino,  in sangue di Cristo.

Si chiama transustanziazione.      Che significa passaggio da una sostanza,   a un’altra sostanza.      La sostanza è l’essenza,  la parte che non si vede,  quella che sta dentro.      E l’apparenza,  è la parte che si vede,  quella che sta fuori.     Quindi la sostanza  è trasformata,    ma l’apparenza è rimasta quella del pane e del vino.

 

Ma è impossibile!

Perché no? Dio può fare tutto! Dio è altro dalla ragione. È altro dall’uomo. È altro dal finito. È infinito, universale, assoluto, illimitato, eterno.  E’ l’Essere e la sostanza suprema.  Lui ha creato tutto. Lui è il centro di tutto. Lui è tutto.  Perché non può rifare le cose?   Perché non può trasformarle?

 

Allora perché non si vede?

Perché se si vedono, sei  costretto a credere.  Non sei più libero di cercare Dio, di sceglierlo, di amarlo. L’amore vero è rispetto, attenzione, considerazione dell’altro.  È scelta libera dell’altro. Stima, fiducia.   Solo allora ci può essere un rapporto di amore vero tra te e Dio. Perché questo è quello che Dio vuole.  Questa è la fede.

 

Cosa significa corpo e sangue?

Durante la consacrazione della messa,   il pane e  il vino si sono trasformati.    Ora lì è presente in maniera vera, reale e sostanziale, il corpo e il sangue, l’anima e la divinità di Cristo risorto, vivente e glorioso.  E’ il Figlio di Dio,  e con lui è presente anche il Padre e lo Spirito Santo.  La Trinità.

 

In memoria, è solo un ricordo?

No!  Memoria viene dal latino, e significa:  “atto del  tenere e del riprodurre”.   Quindi memoria, è:   tenere, conservare, rinnovare.    Significa anche fatto.     Quindi tenere, conservare,  rinnovare un fatto.

Il fatto è quello che Gesù ha fatto nell’ultima cena .    Lo ha detto,  e lo ha fatto lui.               E continua a farlo lui.    Darti tutto se stesso.

“Questo è il mio corpo.    Questo è il mio sangue  dell’alleanza,    versato per molti,             in remissione dei peccati”.

 

 

 

 

 

È il Signore!

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

 

A volte ce la metti  tutta per trovare una soluzione, per trovare una strada, per trovare un senso a quello che ti succede. In tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i momenti. Ti ritrovi nel buio, nella notte più fitta, più nera. Non riesci a pescare nulla, non riesce a tirare fuori nulla, non riesci a risolvere nulla. Da solo non ce la fai a trovare il senso più profondo, il senso più nascosto. Da solo non ce la fai.

Gesù ti aspetta sulla riva, ti aspetta sempre, ma tu non lo riconosci, sei  troppo concentrato sul tuo sforzo,  sei  troppo piegato, ripiegato sulla tua fatica,  sul tuo insuccesso.

Ci riprovi nel suo nome, ci riprovi con lui, ci riprovi sulla sua parola. È allora che ce la fai. Allora il senso, lo scopo, il perché, il come,  il quando, zampillano fuori, vengono fuori dal mare da soli, si fanno prendere, si fanno pescare, ti vengono incontro, ti cadono ai piedi. Allora sperimenti,  tocchi e vivi le meraviglie di Dio.

Allora lo riconosci. Il tuo cuore lo riconosce per primo, ricorda, sobbalza, esulta. È il Signore!  Allora come Giovanni, il tuo cuore si è già tuffato in lui, si è già lanciato verso di lui, si è gettato già tra le sue braccia. Prima di te.

Come Pietro poi, ti lanci con tutto il corpo, con tutto te stesso, porti tutto te stesso da lui, perché non ce la fai a stargli lontano, non ce la fai ad aspettare. È il Signore risorto che  si prende cura di te. Ti nutre con il cibo che ti ha preparato.

È quel cibo, è l’eucaristia, che ti fa amare Dio.  Allora con quell’amore, solo con quell’amore, puoi prenderti cura e custodire le sue pecore, i suoi figli. Non ce la fai da solo.

E’  solo l’amore di Dio che  ti da la forza,  che ti fa veramente diventare il custode,  la guida delle sue pecore.   L’amore e la custodia sono legati, collegati.  Gesù te lo ripete per tre volte.  L’amore non c’è senza  la custodia  e la custodia non c’è senza l’amore.   Te lo chiede per tre volte perché è la Trinità, che te lo chiede.  Prima il Padre, poi il Figlio e poi lo Spirito Santo.  L’amore e la custodia  non ci sono  senza la Trinità.

Alla fine Gesù chiede anche a te di seguirlo. Seguirlo in modo più completo, più totale. Seguirlo sulle strade che non sono le tue. Andare dove non vorresti mai andare. Dove non avresti mai pensato di andare. Seguirlo fino in fondo.

Seguirlo in Paradiso.

 

 

 

Il granello di senape

 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

 

 

 

Quanto. Tanto, poco. Di più, di meno. Sei abituato a misurare, a calcolare, a confrontare. Sei abituato  ad aumentare, allargare,  debordare.   Così,  pesi  anche la fede.   La valuti secondo il peso, la quantità.  La  vuoi enorme, totale, smisurata. La pensi piena, ripiena, colmata.  La senti poca, minima, assente.  Quello che conta non è la quantità.  È la qualità, l’essenza, la sostanza, la presenza di Dio vivo e vero.

La fede è un seme. Non dipende da te. È un dono di Dio. Come un seme, ha in sé, in potenza, già tutto il futuro albero. Ma ha bisogno di essere coltivato, alimentato, custodito.

Un seme di senape. Un seme piccolo. Il più piccolo. Perché la qualità della fede è nella piccolezza. Perché nella piccolezza, c’è Gesù. Gesù che si è fatto piccolo, povero, umile.  Più c’è piccolezza e povertà, più c’è fede.  Più c’è piccolezza  e umiltà e più diventa grande l’albero della fede.

Se la fede è vera, anche piccolissima, può cambiare le cose. Non perché lo fai tu. Non per merito tuo. È Dio presente in te e con te, che cambia le cose.  È lui che opera prodigi.  È lui che può sradicare un gelso e piantarlo nel mare.  Lui lo ha creato e lui lo può fare. Solo lui.  A  lui, con lui e per lui, tutto è possibile.

È possibile se ti riconosci per quello che sei.  Piccolo.  Servo inutile.  Non sei tu a fare tutto. Tutto ti è stato dato. Tutto è di Dio. Tutto fa parte del progetto misterioso di Dio. Puoi prendere parte a quel progetto di salvezza. Puoi fare la sua volontà. Servire a realizzarla. Ma non  è tua, non ti appartiene, non la possiedi.  Non dipende da te.

Riesci a fare la volontà di Dio, se stai al tuo posto. Se lo riconosci, come il Signore. Se lo vivi, come il Signore. Se lo servi, come il Signore.  Allora ti senti servo inutile. Perché  in Dio tutto è avvenuto. Tutto è compiuto. Tutto è compreso.

Anche tu.

 

 

Il Corpo del Signore

 

 

 

 

Non è un simbolo, non è un’ipotesi, non è un significato. Gesù quando ha preso il pane tra le mani e ha reso grazie, non ha detto:   questo è come…,  o questo significa…, o questo assomiglia…. Ha detto questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. E poiché Gesù è il Figlio di Dio, è Dio in persona, quel corpo è il corpo di Dio, quel sangue è il sangue di Dio.

Ma ci pensi? Nessuna religione, nessun’altra religione ti da un bene più vivo, più vero, più prezioso. Nessuna religione ti nutre del corpo e del sangue di Dio. Nessun altro Dio ti dà il suo corpo e il suo sangue come cibo e come bevanda. Nessun altro Dio ti tocca, entra nel tuo corpo, nella tua anima, nella tua vita in modo concreto, reale, completo. Sei toccato dal corpo dal sangue di Dio, sei asperso, lavato, benedetto, santificato, consacrato dal sangue di Dio!!!

Quello che vedi non è un ostia, quello che vedi non è vino. Non è opera di uomo. Il sacerdote con le sue mani consacrate invoca lo Spirito Santo. È lo Spirito Santo, Dio stesso, che opera quel miracolo e trasforma la sostanza del pane in corpo del Figlio di Dio e la sostanza del vino in sangue del Figlio di Dio. Ti appare allo stesso modo di prima, ma la sostanza, l’essenza, è totalmente trasformata. Si chiama transustanziazione ( trans = attraversamento, mutamento, passaggio,  sustanza  = sostanza).

Ma non è possibile!  A te e agli uomini no, ma a Dio si! Dio è nella dimensione divina e il Lui può tutto. Perché non potrebbe farlo? Ha fatto tutto il creato dal nulla!!

Ma perché non lo vedo anche da fuori? Ma se si vedesse anche da fuori, saresti costretto a credere in Dio, saresti privato della tua libertà di cercarlo, saresti obbligato ad accettarlo per forza. Non sarebbe più una scelta, non sarebbe più una conquista. Dio ti rispetta veramente, come nessun altro mai.  Lui che è Dio.  Non si vuole imporre, Lui che potrebbe e ne avrebbe tutto il diritto. Perché sa che ogni rapporto vero di amore parte dal rispetto e dalla libertà di scegliere. E Dio ti ama veramente.

Il sangue è l’elemento più vitale, più profondo, più autentico di una persona e quello di Dio si unisce al tuo, entra nel tuo, nella tua parte più  vitale e più essenziale.

Prendete e mangiate. Si offre come cibo per nutrirti di Lui. Per nutrirti di Dio, di Colui che ci ha creato. Che ha inventato lo sguardo di tua moglie, che ha plasmato il viso di tuo figlio, che ti ha donato il mondo. Il tuo Creatore si fa cibo e bevanda per stare con te, per entrare nella profondità del tuo essere, per partecipare della tua vita, della tua storia.

Per salvarti, per risollevarti, per aprirti al divino,  all’eterno.