La suocera di Pietro

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.
Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».  E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

 

 

 

Gesù è venuto  per guarire anche te,   dalla malattia del corpo,  del cuore  e dell’anima.       E tu,  che fai?      Ci vai da lui ?

 

Non ci vai.

Te ne stai li,   fermo, chiuso, bloccato,   imprigionato dal tuo dolore.   Che ti ha bucato         il cuore. Che ti ha spaccato il cuore.     E non ce lo fai entrare Gesù,  non glielo fai vedere,  non glielo fai toccare.    Lo tieni fuori.  Lo fai fuori.    E ti fai fuori.

Non solo non ci vai.    Ma scappi.  Fuggi.   Ti arrabbi con lui.   Te la prendi con lui.   Perché sei arrabbiato con te.   Perché vuoi scappare da te. E non ce la fai.    Perché hai perso te. E hai  perso lui.

 

Ci vai.

Sei caduto  a terra,   schiacciato da quella croce.   Vai da Gesù,   e lui ti prende per mano,  e  ti aiuta  a tirarla su,     e a rialzarti con lui,  come ha fatto lui.

Ti  è entrata nel cuore,  quella spina.    Ti ha ferito il cuore. Ti fa male al cuore.   Mettila tra le spine di Gesù,  sulla croce.    E lasciala morire, con lui.   E lasciala risorgere,  con lui.      E lasciala guarire.

 

E se un fratello,  non ce la fa.

Diventa i suoi piedi,   le sue mani,  il suo cuore.

E portalo  da lui.

 

 

 

 

 

 

Il Cireneo.

585-cristo (1)

 

 Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce.

 

 

 

A che serve il mio dolore, Signore?  Perché il mio dolore?  Mi pesa, mi schiaccia, mi tortura.  Mi ferisce, mi finisce, mi fa morire.

A chi serve il mio dolore, Signore?  Tutti lo evitano, lo scansano, lo negano. Ne hanno paura. Fa paura.  Ma io non posso scappare.  Dove posso andare?

Da te, Gesù.  Vicino a te mentre porti la croce.  Insieme a te, a portare la tua croce.  Tu mi aspetti li.  Sai tutto di me.  Conosci il mio dolore. Lo hai fatto tuo. È diventato il tuo.  Lo porti insieme a me. Lo condividi con me.  Tu stai portando anche la mia croce.

Come il Cireneo, mi guardi e mi  dai il posto vicino a te.  Posso stare con te a portare la croce, a portare la tua croce, attraverso la mia, con la mia, nella mia.

Ecco Signore, che cosa è il dolore!  È stare con te!  Ecco, a cosa serve!  A portare un pezzetto della tua croce. A portare con te la croce. A portare per un po’ la tua croce.   Ecco Signore, a chi serve!   Al mondo,  a tutti gli uomini.   A salvare  gli uomini!

Come il Cireneo,   stiamo tutti e due sotto la croce, Gesù.  La mia è la tua croce.   La portiamo insieme.  Posso sentire il tuo braccio insieme al mio. Posso vedere il tuo viso vicino al mio. Posso incontrare il tuo sguardo, nel mio.   Nel  tuo sguardo  vedo il  paradiso, il Padre e  lo Spirito Santo.

La Trinità entra nei miei occhi, nel mio dolore.  E non è più dolore.  La croce non è più croce.  La morte non è più morte.

In te, Gesù, la mia croce  è diventata la mia risurrezione.

La mia vita.   La vita eterna.