Non sei del mondo

 

 

 

 

Cerchi di amare l’altro, di non giudicarlo, di accettarlo per quello che è. Lo giustifichi, lo perdoni, lo consoli. Sei sincero, onesto, vero. Per la giustizia sei capace di giocarti la reputazione, per la verità sei capace di giocarti l’amicizia, per la lealtà ti giochi l’approvazione degli altri. Sui valori non si scherza, non ci si vende, non si  contratta. Sul valore più importante, su Dio, poi ti puoi giocare anche la vita.

Quando sei così, ti aspetti che gli altri ti ammirino, che ti applaudano, che ti rispettino di più. Invece succede il contrario. Più sei  così e più il mondo ti snobba, ti dimentica, ti abbandona. Anzi, più si vede, più si nota, peggio è. Se ti ostini e glielo fai notare, può arrivare anche ad attaccarti, a ripudiarti, a odiarti. Ti sembra assurdo e ti senti in colpa, ma non sai di cosa e perché.

Gesù te lo spiega. Perché non sei del mondo. Il mondo ama ciò che è suo. il mondo applaude chi lo rappresenta, ricerca ed esalta chi lo venera, usa chi lo serve, manipola chi lo teme e lo cerca.  Il mondo vuole che tu lo adori, ti vuole fare come lui, con i suoi idoli, le sue logiche, le sue regole. Ti vuole come lui per dominarti, per possederti, per farti suo.

Se  gli sfuggi, se sei diverso, se non gli appartieni, comincerà a sedurti, poi proverà a criticarti e a convincerti che sei sbagliato, poi comincerà di isolarti, fino ad attaccarti e a distruggerti. Perché stai annunciando con la tua vita, Dio. Il Dio vero.

Si, perché tu non sei del mondo. Sei nel mondo, ma non appartieni al mondo. Con il battesimo sei stato consacrato. Sei diventato sacro. Riservato a Dio. Sei di Dio. Sei suo figlio.

Il mondo ti condanna, come ha fatto con Gesù,  perché non ha conosciuto il Padre. Ma se vivi  in Dio e nell’unione del Padre del Figlio,  allora potrà conoscerlo e potrà essere risanato.

 

 

Salgo al Padre.

 

 

 

 

La resurrezione senza ascensione non è completa. Il corpo risorto di Gesù non appartiene al mondo. Non può essere trattenuto dal mondo e nel mondo. Deve ritornare al cielo, al divino, al Padre. Da lì è venuto e li ritorna. Ti indica la strada. Anche tu sei venuto dal Padre e puoi tornare al Padre.

Gesù salendo al cielo con il suo corpo risorto, ha aperto le porte dei cieli, del paradiso. Ha rotto il muro di isolamento dell’uomo che aveva rifiutato Dio. Ha sanato la frattura. Con la sua croce ha ricongiunto la terra con il cielo. Nella sua croce l’orizzontale si è innestato nel verticale. In Lui si sono riconciliate tutte le cose quelle visibili e quelle invisibili.

Con il suo corpo risorto porta con sé anche la tua umanità e la porta in alto, la solleva, la innalza. Pensa a quante volte sei andato alla ricerca di un po’ di considerazione e non l’hai trovata.  Pensa alle volte in cui hai cercato il rispetto e invece ti sei sentito usato, un oggetto da consumare, un rifiuto da scartare, una presenza scomoda. Pensa alle volte in cui hai perduto e  hai venduto la tua anima per essere più importante, per emergere, per contare di più, per non sprofondare nel nulla, nell’indifferenza, nella banalità.

Pensa! Un Dio prende su di sé la tua essenza umana e la porta in alto, che  più in alto non si può!  La porta al di sopra di tutte le cose, al di sopra degli angeli, la porta alla destra stessa di Dio. Ti dà una dignità e un onore al di sopra di ogni tuo desiderio o immaginazione. Una dignità divina che nessuno potrà mai  levarti.

Se  rivolgi  il tuo sguardo e il tuo cuore a Gesù che sale al Padre, Lui lo porterà con sé alla destra di Dio e anche tu potrai, fin da ora, abitare nella casa della gloria.

 

 

Come io ho amato voi.

 

 

 

 

Non pensare che  amare  il prossimo consiste  e si limita  nello sforzarsi  ad essere simpatico e cordiale con l’altro,  quando in verità vorresti evitarlo e rifiutarlo perché ti infastidisce e ti irrita.  Obbligare la tua bocca a sorridere per forza anche se dentro avresti voglia di stringere i denti e di morderlo,  perché ti ha fatto arrabbiare.  Costringerti a sorridere al nemico, anche se dentro avresti voglia di attaccarlo al muro, di riempirlo di botte e di vendicarti.  Non pensare che questo sia l’amore che ti chiede Gesù.

Noi non  riusciamo  da soli  ad  amare in modo totale, gratuito. Alla prima mancanza, al primo difetto, alla prima critica, ci offendiamo, come feriti. È la nostra presunta maestà che viene  ferita.  Amiamo  chi ci approva, chi ci applaude, chi ci conferma, chi non ci mette in crisi. Se qualcuno ci fa del male, ci riempiamo di rabbia, di rancore, di odio, di vendetta. Possiamo farci forza e contenere questi sentimenti e non farli diventare azioni. Ma  perdonare totalmente chi ci uccide,  non ce la facciamo,  ci si ribella il cuore.

Se non riusciamo ad amarci veramente tra di noi, come possiamo amarci addirittura come Gesù ci ha amato? L’impresa diventa  impossibile. Tale sarebbe se la chiedessimo solo al nostro cuore.

Non è al nostro amore che dobbiamo guardare, dobbiamo guardare a Gesù e immergerci nel suo amore. Lasciare che il suo amore entri in tutto il nostro essere e  nelle parti deluse, amareggiate, malate, ferite e arrabbiate.  Il suo amore tutto cambia, tutto  trasforma, tutto  risana. Lui ama tutto, anche il fratello che non sopporti, lui ama tutti allo stesso modo, come solo un Dio può farlo.

Solo con quell’amore, con il suo amore, puoi amare il prossimo come lui ti ha amato. In pratica, non  entri in un rapporto diretto con l’altro, prima passi da Gesù. Entri nel suo amore,  e da lì guardi l’altro.  E ti accorgerai che non provi più le stesse cose di prima.   Lo vedi con occhi nuovi, con gli occhi di Gesù;  lo ascolti  in modo nuovo, con l’udito di Gesù;  lo ami  con un cuore nuovo, con il cuore di Gesù.

Allora il tuo sorriso non sarà più forzato, il tuo gesto non sarà più programmato, il tuo cuore non sarà più violentato. Ti accorgerai che non sei più tu che vivi,  ma è Gesù che vive in te e ti sentirai parte di qualcosa di salutare, che aiuta e libera te stesso per primo. Ti sentirai parte e strumento di un incontro divino tra Gesù e l’altra persona. Ti sentirai attraversare da una vita  nuova, divina. Sentirai che è lo Spirito Santo che sta passando. Perché  è lo Spirito Santo, l’Amore in persona,  quello che sta amando l’altro attraverso di te.

Lo Spirito Santo è l’amore con cui Gesù ci ha amato. È l’Amore con cui il Padre ha amato Lui e con cui Lui ha amato noi.

Se ci amiamo così, rimaniamo nel suo amore. Rimaniamo nello Spirito Santo di Dio. Nella gioia di Dio.

 

 

Noi nel pane.

 

 

 

 

Dai «Trattati» di san Gaudenzio da Brescia, vescovo
(Tratt. 2; CSEL 68, 30-32)

Il pane è considerato con ragione immagine del corpo di Cristo. Il pane, infatti, risulta di molti grani di frumento. Essi sono ridotti in farina e la farina poi viene impastata con l’acqua e cotta col fuoco. Così anche il corpo mistico di Cristo è unico, ma è formato da tutta la moltitudine del genere umano, portata alla sua condizione perfetta mediante il fuoco dello Spirito Santo. Il Paraclito esercita sul corpo mistico la stessa azione che esercitò sul corpo fisico di Cristo.

Per il sangue di Cristo vale, in un certo senso, l’analogia del vino, simile a quella del pane. Dapprima c’è la raccolta di molti acini o grappoli nella vigna da lui stesso piantata. Segue la pigiatura sul torchio della croce. C’è quindi la fermentazione, che avviene, per virtù propria, negli ampi spazi del cuore, pieno di fede, di coloro che lo assumono.

 

Il mistero della Trinità

 

 

 

 

 

 

 

Si racconta che sant’Agostino camminando sulla spiaggia tra Civitavecchia e Tarquinia, immerso in profondi pensieri perché stava componendo un suo famoso trattato sulla trinità, ebbe la visione di un fanciullo, che con una conchiglia attingeva acqua dal mare e la trasportava in una piccola buca, scavata nella sabbia.

 – Che fai bimbo? – domandò sant’Agostino.
 – Voglio svuotare il mare e metterlo in questa buca, – rispose il bambino.
 – Ma non vedi che è impossibile? Il mare è così grande e la buca così piccola!

 – Vescovo Agostino, e come potrai tu, piccola creatura della terra, con la tua limitata intelligenza comprendere un mistero così alto, come quello della ss. Trinità?

Detto ciò, il piccolo scomparve. 
Era un angelo del cielo.

 

 

 

 

Se lo ami

 

 

“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.”

Prima di tutto c’è l’amore. Quando l’amore è vero, non si fa lo sforzo di pensare all’altro, non ci si impone di doverlo incontrare, non ci si sente in dovere di telefonargli. Quando si ama veramente è spontaneo, naturale,  conseguente vivere nel concreto quell’amore. Fare entrare nel proprio cuore  il cuore dell’altro, vivere  la sua vita, sentire i suoi sentimenti, amare le sue cose. La fatica e la sofferenza è nel non poter fare quello che detta il cuore.

Se ti fai  amare da Gesù, anche tu cominci ad amarlo veramente. E lo ascolterai e la sua parola diventerà la tua vita. Allora anche il Padre ti amerà, perché il Padre è in Lui e con Lui. E verranno a te e prenderanno dimora presso di te.

Ma ci pensi? In te è presente Dio in persona! Anzi in tre persone, il Figlio, il Padre e l’amore che li unisce: lo Spirito Santo.

Non pensare quindi di non valere niente, di non contare niente, di essere una nullità. Dio è il tesoro più prezioso. Un valore più grande non esiste  ed è dentro di te e nessuno potrà mai togliertelo.

Non pensare di non essere degno di amore, di essere solo, abbandonato, dimenticato.  L’Amore stesso, l’essenza dell’Amore  è in te, autentico, totale, eterno e mai nulla te lo porterà via. Ora non devi più mendicare l’attenzione degli altri, non  devi più servire per farti considerare, non devi più vendere la tua anima per esistere. Dio ti ama come un figlio e Dio in persona si compiace di te.

Non pensare di essere finito, distrutto, fallito perché  tante cose sono andate male, perché non sei riuscito, perché non ti è rimasto nulla in mano. Non permettere che il dolore e la disperazione ti  spezzino il cuore e la vita. Hai  Dio in te e con te!!!  Hai  l’essenza della vita in te!!! Lui è la Vita. Nessuno può farti più morire!!

Allora, potrai  lasciarti andare nelle braccia del Padre, donargli il tuo cuore e farlo riposare al sicuro.

 

 

A casa tua

 

 

 

 

Se sai che qualcuno di importante sta per venire a casa tua, lo dici a tutti.  Ti vanti con tutti  e sei felice perché ti fa sentire  riconosciuto, ricercato,  valorizzato. Poi prepari la casa, la pulisci e la sistemi e la fai diventare accogliente per fare bella impressione, perché l’ospite si trovi bene. Prepari dei cibi succulenti, raffinati, ti fai aiutare da tutti e coinvolgi tutti. Più questa persona è importante e più ti dai da fare. Puoi, una volta che è entrata casa tua, non ti distrai, non fai altre cose, gli dedichi tutta la tua attenzione e parli con lui. Sei pieno di gioia e glielo fai vedere. Poi non te ne vai subito, non lo lasci da solo, non ti metti a parlare con altre persone come se lui non ci fosse più. Come se lui non fosse mai venuto.

Ci pensi? Quando fai la comunione, quello che entra dentro di te, quello che viene nella tua casa interna, non è uno qualsiasi. È Dio in persona. Anzi Dio in tre persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Più importante, più grande, più straordinario non c’è, non esiste. È il Dio che  ha creato te e tutte le cose. Come puoi non fare festa!!! C’è da impazzire di gioia!!!

Quando hai fatto la comunione, aspetta, non ti alzare subito, non correre a parlare con gli altri, non uscire subito per paura di perderti la possibilità di incontrare dei conoscenti, per chiacchierare insieme. Non hai preso solo un’ostia. È il Figlio di Dio, è Dio stesso che è venuto  dentro di te e sta aspettando che gli parli, che  lo ami, che  lo ascolti.

Fermati con lui, entra nel profondo del tuo cuore e incontralo. E’ l’incontro più vero che puoi fare.  E’ l’incontro più importante.  L’incontro che non si può rimandare.  E’ quello  che  ti apre le porte del Paradiso.

 

 

La tua uva.

 

 

 

 

Prima di tutto c’è l’agricoltore. E’ Dio Padre che ha piantato la vite. E’ Lui che l’ha voluta.  Dalla vite che è il Figlio scaturiscono i tralci che siamo noi, e dai tralci i frutti di Dio.

Tu, in che vite sei piantato? Qual è il ramo da cui discendi? Pensaci, qual è il capostipite che ha generato tutta la tua discendenza?  Il Padre, Lui è al primo posto, è Lui che ha creato tutta la tua stirpe, il tuo sangue, la tua famiglia. È Lui il tuo antenato, il padre originario, la tua radice più antica. Tu fai parte della famiglia di Dio. Non sarai mai orfano di questo. Nessuno  te lo  potrà mai levare.

Il tralcio esiste per portare frutto. Ma il frutto non viene fuori dal tuo sforzarti, dal tuo spremerti, dal tuo condizionarti, dal tuo programmarti, incasellarti, dal dover fare, dal dover essere, dal dover sentire. In questo modo il frutto, l’uva,  nasce già avvizzita, raggrinzita, seccata.

Per far uscire fuori l’uva di Dio, devi essere ben innestato in Gesù, essere in Lui e Lui in te. Farlo vivere nel tuo cuore, nel tuo corpo. Devi dargli le tue mani, il tuo sguardo, i tuoi occhi. Lasciare che il suo sguardo passi dal tuo, che i suoi occhi guardino attraverso i tuoi, che le tue mani facciano quello che farebbe lui. Essere innestati in Lui perché la sua vita, il suo sangue, lo Spirito Santo di Dio, passi come la linfa della pianta, da Lui a dentro di te.

Allora ti  accorgerai che i  frutti nascono da soli. Non sono i tuoi. Sono nuovi, sconosciuti, inaspettati. Sono buoni, nutrienti, carnosi, pieni di sostanza. E chi li vede  li riconosce e se ne nutre e incontra Dio.

Ma perché il dolore allora? Perché le mazzate che ti cadono in testa e ti distruggono la vita? Perché la tragedia? È la potatura. Il Padre, l’agricoltore, pota per far portare più frutto. Perché sei  stato mandato per quello, perché sei  prediletto, amato, predestinato, chiamato per quello.  Fidati. Non lasciare mai la tua sorgente di vita e vedrai che impensabili e straordinari  frutti vengono fuori!  Più  forte è il dolore e  più belle sono le gemme nuove, e grandi e saporosi i chicchi.

Se scegli di rimanere  in Dio  sopra a tutto e nonostante tutto, se lasci che  il Figlio,  la sua parola, la sua vita, il suo  Spirito Santo,  passi dentro di te e rimanga in te,   allora  porterà frutto non solo per gli altri, ma anche per te e  potrai chiedere e ti sarà dato.

 

 

Attenti al lupo.

 

 

 

 

Gesù continua ad usare la similitudine delle pecore per mettere in luce l’atteggiamento da ‘lupo’ dei farisei. Loro lo assalgono, lo vogliono sbranare perché si dice ‘il Cristo’, l’Unto del Signore, il consacrato, il Messia, il Figlio di Dio. La verità è che erano carichi di invidia, non sopportavano che qualcuno poteva  avere più potere di loro, che qualcuno poteva  mettere in discussione la loro superiorità, il loro giudizio, le loro regole. Loro si facevano chiamare giudici e ‘dei’ ed erano i padroni indiscussi su tutto. Erano loro gli dei. Non c’era posto per un altro dio, per il Figlio di Dio. Gesù gli dice che i miracoli lo testimoniano, ma proprio questi li mettono in crisi, loro non li facevano. Sanno che è vero, che è più forte di loro, per questo lo vogliono uccidere. Per continuare a comandare.

Persone così, onnipotenti, invidiose, gelose, ipocrite, false, ti fanno credere di essere gli unici veri pastori. Vogliono gestire il tuo cuore, vogliono portarti sulla loro strada. Ma ti stanno rubando la tua identità, la tua dignità. Sono ladri. Ladri che entrano dalla finestra, in modo subdolo. Vengono a rubare, a rapire, a distruggere le parti positive di te, per invidia, gelosia,  perché non sei come loro. Per farti come loro.

Fai fatica ad affrontarli perché non riesci ad essere cattivo come loro, incosciente, incapace, assassino.

Solo Gesù riesce ad affrontare la cattiveria, il male, l’ipocrisia che c’è in loro.  Metti la tua vita nelle mani di Gesù, il vero Pastore. Impara a conoscerlo, ascolta la sua voce e seguilo.

Se sei con Lui, nessuno potrà farti del male e distruggerti, nessuno diventerà padrone della tua vita. La tua vita non andrà mai perduta e diventerà eterna. Se sei con Lui, nessuno potrà portarti via,  disperderti, rubarti, strapparli al Lui.

Perché è Dio Padre che ti ha dato a Lui. Il Padre, il Creatore, il Principio di tutte le cose, è il più grande di tutti, è più forte di tutti. Più forte di ogni male. E niente e nessuno potrà mai rubare o strappare dalle sue mani, i suoi figli.

È il Padre che, nel Figlio, con il Figlio e attraverso il Figlio, è il tuo Pastore.

 

 

 

Il tuo pastore.

 

 

 

 

Io sono il buon Pastore”, dice Gesù.   Ma il tuo pastore chi è?   Chi è quello a cui fai riferimento?   Quello a cui guardi,  da cui vai,  a cui chiedi, quando non sai che fare?  Quello a cui ti affidi, nelle cui mani hai messo la tua vita?

Chi è quello che domina la tua vita, che segui in modo automatico, senza pensare, senza reagire, senza sentire.  Chi è quello che non puoi contraddire, quello senza il quale ti senti nulla?

Quello è il tuo pastore. Può essere una persona, o anche la gente, l’opinione degli altri. Può essere il denaro, i soldi, il potere, il possesso, il dominio, il successo.  Può essere la rabbia, il dolore, l’angoscia, la paura, quello che ti porta dove non vuoi andare, che ti fa fare quello che non vorresti fare, che ti fa sentire quello che non vuoi sentire.

Non sono pastori, sono mercenari. Il mercenario non è capace di guidarti, perché non gli appartieni. Non ti conosce veramente, non gli importa di te  perché pensa solo a se stesso, alla sua convenienza e al suo guadagno e ti usa. Non darà mai la sua vita per te. Lo riconosci quando c’è un pericolo, quando hai bisogno, quando arriva “il lupo”, il male, il pericolo, la distruzione, la malattia, la morte. Allora scappa, non lo trovi più, rimani da solo.

Gesù è il buon Pastore,  perché ti conosce in profondità. Lui ti ha creato.  È l’unico e vero pastore, perché sa chi sei,  si prende cura di te e conosce la strada giusta per te. Conosce la strada che porta al Padre. Sa dove andare per le strade misteriose della volontà di Dio. Le strade di Dio non sono le nostre, ma il Figlio le conosce perché è Lui stesso Dio e perché conosce il Padre.

 

Ma perché Gesù ci considera pecore? Perché proprio questo simbolo? Usa questa similitudine, dopo aver guarito il cieco nato, per spiegare ai farisei che cosa voleva dire con: Sono venuto perché coloro che non vedono, vedano e coloro che vedono, diventino ciechi.” Usa il simbolo della pecora perché assomiglia al cieco. Non è stupida, è molto intelligente e molto preziosa, è umile, ma ha la caratteristica di “farsi portare”, di appoggiarsi a qualcun altro, alle altre pecore, per andare avanti, come il cieco. Il cieco va dove lo portano.

Ecco la fede. È affidarsi, è lasciarsi portare come la pecora dal pastore.  E’ lasciarsi guidare, ma dal Signore tuo Dio. Da chi conosce il senso, la missione della tua vita, da chi ti ha formato, preparato, forgiato per quella missione. Da chi ti ha dato quella missione. Solo lui ne conosce il sentiero misterioso, il significato e la meta. Se ti affidi, se ti lasci portare, se sei come il cieco, allora vedi. Allora puoi vedere l’invisibile,  l’essenza,  il senso delle cose, i colori della vita,  puoi conoscere Gesù in modo profondo, vero e vivo.

Se invece non sei cieco, come i farisei, se pensi di vedere, di capire tutto.  Se  quello che pensi tu, vale più di ogni cosa, se  che quello che dici tu, non può essere messo in discussione. Se il tuo giudizio è assoluto, totale, indiscutibile. Se  il tuo sguardo, la tua ottica è il centro del mondo e dell’universo, allora significa che non potrai mai vedere quello che conta veramente, l’invisibile, l’Altro da te, l’inconoscibile, l’infinito, l’eterno, il Signore Dio. Non puoi vederlo perché il peccato della superbia te lo impedisce, è quello che ti rende cieco.

Scegliere Gesù, come  l’unico, vero, autentico Pastore, significa seguirlo, appoggiandosi al lui come un cieco, fidarsi di lui, mettere il proprio cuore in lui e lasciarsi portare su strade sconosciute e misteriose. Significa fondarsi sulla sua vita donata, sulla sua fedeltà, sulla sua obbedienza al progetto di salvezza.

Allora entrerai in una dimensione nuova, sconosciuta, misteriosa. Entrerai  nella dimensione divina, eterna.  E  in Gesù, con Gesù e per Gesù, andrai  incontro al Padre.