Perché cercare Dio?

 

 

 

 

Perché cercare Dio?    Non si sta bene lo stesso?

Così vivi la tua vita, come un automa.  Tutti i giorni nello stesso modo. Tutti i giorni per le stesse cose. Tutti i giorni,  programmato, usato, impostato.

Pensi come gli altri,  fai quello che fanno gli altri,  ti muovi come gli altri.   Sei una ruota, un ingranaggio che gira con gli altri,  per gli altri, negli altri.  La tua vita diventa una cosa,  un oggetto,  che usi tu per primo,  che svuoti tu per primo,  che neghi tu per primo.

No,  non stai bene  lo stesso.

Senza il senso,    sei  senza sapore.    Senza il perché,   sei   senza valore.    Senza l’origine,   sei  senza   onore.

Senza la meta,   sei  disorientato.     Sei   spezzato,  frantumato.

 

Se cerchi Dio,  ritorni intero.

Se trovi Dio,  ritorni  pieno,  vivo,  vero.

 

 

 

 

 

Non basto io?

 

 

 

 

 

 

Devi essere il primo, prima dell’altro. Devi essere il migliore, sempre.  Sennò  non sei bravo.

Devi essere perfetto, senza sbagli, senza difetti, senza colpa.  Sennò significa che non sei capace.

Devi essere sempre felice,  perché sennò diventi sgradevole e gli altri si rattristano e  ti criticano.

Devi essere sempre sano, perfettamente sano, così sei sempre disponibile.

Devi dire sempre di sì, così non li metti a disagio.  Devi essere come ti vogliono, così gli piaci e  ti cercano.

Si sono messi al posto di Dio e tu devi essere come loro. Li devi assecondare, li devi confermare.

Anche tu devi essere come Dio, al posto di Dio. Il primo assoluto, il perfetto, senza fragilità, senza umanità, senza malattia. Devi bastare a te stesso. Così basti a loro. Così diventi  il loro  specchio, a loro uso e consumo.

Se non ce la fai, se non ci riesci, ti senti fallito, incapace, inutile. Non sai più chi sei.

 

Non sei come Dio.  Sei la sua creatura.  Sei te stesso, semplice, fragile,  debole.  Sei più vero e più te stesso,  quando sei insicuro, incapace, povero, malato.

Solo allora,  puoi incontrare veramente Dio.

Solo allora,  ti basta Dio.

 

 

 

 

 

 

Che c’entra Dio con la mia vita di tutti i giorni?

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Che c’entra Dio con la mia vita?

Tutto.  Tutto.   Non è una parte,   è tutta la tua vita.   Senza di Dio tu non saresti mai nato!   Lui ti ha fatto.   Lui ha fatto il sole, la luna, le stelle, il mondo, per farti vivere.

 

Ma che c’entra con le cose di tutti giorni?

Se Dio non ti da il sole, tutti giorni,  non hai la luce,  vivi nel buio, nel freddo, nel grigiore, nella mancanza dei colori.

Se Dio non ti dà l’aria che respiri, tutti giorni,  rischi di morire.  Non puoi vivere neppure per un’ora, neppure per  pochi minuti.

Se Dio non ti da l’acqua, tutti giorni,   tutto si secca e tutto muore, anche il tuo corpo.

Se Dio non fa nascere e crescere le piante che ti nutrono, tutti giorni,   non avresti nulla da mangiare.

Se Dio non ci fosse,  non ci sarebbe l’armonia nel tuo corpo, dove ogni cellula  sa dove andare e come muoversi.   Tutti i giorni, i  tuoi occhi non riuscirebbero a vedere, i tuoi orecchi a sentire, le tue mani a muoversi,  i tuoi piedi a camminare.

 

Se Dio non ci fosse,   non ci sarebbe la tua vita di tutti giorni.

 

 

 

 

 

Che c’entra Dio con me?

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Che c’entra Dio con me?  

Non mi conosce, non l’ho mai visto,  non l’ho mai incontrato.   Lui sta lassù,  in alto,  per conto suo.  Io sto quaggiù, per conto mio.   Siamo troppo distanti.  Come fa a vedermi? Sono troppo piccolo per lui.  Sono troppo lontano per lui, sono troppo insignificante per lui.

Può un padre e una madre dimenticarsi del figlio? Può stargli lontano? Può separarsene?

Dio è venuto prima di tuo padre di tua madre. Dio ti ha pensato, voluto e amato prima di loro. Ti conosce dall’inizio dei tempi,  fin dall’eternità.  Sa tutto di te. Sei nella mente di Dio da sempre e per sempre.

Sei in Dio  e il suo amore è in te.

 

SALMO 138
Signore, tu mi scruti e mi conosci, *
tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri, *
mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie; †
la mia parola non è ancora sulla lingua *
e tu, Signore, già la conosci tutta.

 

Alle spalle e di fronte mi circondi *
e poni su di me la tua mano.
Stupenda per me la tua saggezza, *
troppo alta, e io non la comprendo.

 

Dove andare lontano dal tuo spirito, *
dove fuggire dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, là tu sei, *
se scendo negli inferi, eccoti.

 

Se prendo le ali dell’aurora *
per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano *
e mi afferra la tua destra.

 

Se dico: «Almeno l’oscurità mi copra *
e intorno a me sia la notte»,

 

nemmeno le tenebre per te sono oscure, †
e la notte è chiara come il giorno; *
per te le tenebre sono come luce.

 

Sei tu che hai creato le mie viscere *
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.

 

Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; †
sono stupende le tue opere, *
tu mi conosci fino in fondo.

 

Non ti erano nascoste le mie ossa †
quando venivo formato nel segreto, *
intessuto nelle profondità della terra.

 

Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi *
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati, *
quando ancora non ne esisteva uno.

 

Quanto profondi per me i tuoi pensieri, *
quanto grande il loro numero, o Dio!
Se li conto sono più della sabbia, *
se li credo finiti, con te sono ancora.

 

Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, *
provami e conosci i miei pensieri:
vedi se percorro una via di menzogna *
e guidami sulla via della vita.

 

 

 

 

 

A che mi serve Dio?

 

 

 

 

A che mi serve Dio?    Che ci guadagno?

 

L’interesse innanzitutto.  Tutto deve servire,  deve portare soldi, vantaggi, benefici.  Tutto  in funzione tua.   Tutto al tuo servizio.

Se una cosa non è utile,  non ti serve,   non esiste.   Non deve esistere.   Non ti deve disturbare.   Non ti deve ostacolare.    Anche Dio deve essere a  tuo uso e consumo.  Anche Dio deve servire te.

 

Dio non è tuo.  Sei  tu,  suo.   Non è lui,  che deve servire a te.    Sei tu,  che servi a lui.  Sei nato  per qualcosa di importante.   Sei nato per compiere la missione che ti ha dato. Nessuno la può fare  al posto tuo.    Nessuno la può compiere  al posto tuo.   Solo tu. Per questo sei nato.

 

Ci guadagni,   Dio.      E ti sembra poco?

E ci guadagni,   te stesso.     E ti sembra poco?

 

 

 

 

 

 

 

Alzati!

 

 

 

 

È il capo della sinagoga a cercare Gesù. È disperato perché sua figlia sta morendo. Pensa che  è l’unica speranza, l’unico che può salvare la figlia. Per questo lascia alle sue spalle tutte le regole, si disfa di tutte le leggi, di tutti gli artifici, di tutte le sfide per il potere, e, va incontro a Gesù con in mano solo il suo cuore, spinto dal suo amore di padre e dalla sua disperazione. È il dolore che lo muove, che lo libera, che gli indica la strada, che lo porta a Gesù.

“Sta morendo. Vieni a imporle le mani”. Fa la sua professione di fede e lo riconosce come Signore, come Colui che vince la morte, come Salvatore.

Anche tu a volte puoi sentire che la tua anima sta morendo, che è malata, distrutta, sfinita, immobile, senza vita. Anche tu puoi lasciare dietro le spalle tante convenzioni, abitudini, regole, paure e puoi andare da Gesù e dirgli: “Signore, Tu conosci la mia anima, Tu l’hai creata, si è ammalata e sta morendo e io non so più che fare. Con lei sta morendo la mia voglia di vivere, la mia allegria, la mia creatività, quello che io sono. Ti prego, vieni a  imporle le mani perché sia salvata e viva!!!”

Gesù legge nel tuo cuore e, se  sei veramente sincero, viene a casa tua, viene dentro di te, viene al capezzale di quella tua “figlia”. Altre persone benpensanti, razionali, faranno di tutto per levarti la speranza e ti diranno che non c’è nulla da fare, che la tua anima è morta, che la morte ha vinto sulla vita. Ma se tu ti rendi conto che è al tuo fianco  il Signore della vita della morte, se smetti di avere paura, se punti tutto sulla fiducia, se ti fidi di Dio al di sopra di ogni ragionamento umano, oltre e nonostante il limite umano, allora Gesù può entrare dentro di te e avvicinarsi alla tua anima.

Può prenderla per mano e dirgli: “Io, il Signore, Io ti dico: Alzati!!!” La mano di Dio nella sua mano. È Dio che la prende per mano e si mette in contatto con lei. Gli ridà la vita, la sua vita, la vita eterna. La tua anima ha riconosciuto il suo Creatore e si risveglia dal suo torpore, dalla sua immobilità, dalla sua rigidità. Torna a vivere e si alza in piedi. Si alza dignitosa e fiera, risanata e liberata.

Ora puoi vivere anche tu in lei e con lei, puoi tornare ad essere te stesso, puoi cominciare ad esserlo veramente, in modo nuovo, ora che sei stato toccato dal Signore, ora che hai esperimentato la resurrezione.

 

 

Sii guarita.

 

 

 

 

Una donna stava male e aveva perdite di sangue da 12 anni. Come lei, anche tu puoi percorrere i passaggi che la portano alla guarigione. I passaggi che la portano alla fede.

Primo. Le aveva provate tutte per guarire, ma non ci era riuscita. Anzi, aveva molto sofferto, era peggiorata e aveva perso tutti i suoi averi. Aveva fatto tutti i tentativi possibili a livello umano. Dio si manifesta dove l’uomo non arriva, dove non è possibile altro.

Secondo passaggio. Sente parlare di Gesù. Lei ha aperto l’orecchio, ha ascoltato. Si è aperta a una speranza diversa, non si è fermata all’umano.

Terzo passaggio. Venne tra la folla. Non ha aspettato che la soluzione le piovesse dal cielo. È partita, si è mossa, ed è andata a cercarlo concretamente, tra la folla.

Quarto passaggio. Dice: “Se riuscirò a toccare il suo mantello, sarò salvata!” E’ convinta, è certa che lui è il Signore, che lui è la sua salvezza, l’unica sua salvezza. E’ tanto certa che pensa che, poiché è il Signore,  tutto quello che gli appartiene, tutto quello che tocca, è santo. Basta solo avvicinarsi a lui per avere la salvezza, basta solo toccare qualcosa che gli appartiene. Basta solo entrare in contatto con qualcosa che è suo, il suo mantello. Troppo importante il rapporto diretto, troppo forte, anche quello indiretto è sufficiente per salvarla. Il suo mantello e lo tocca.

Quinto passaggio. Lo tocca con la mano. Entra in contatto vero, fisico, reale con Dio. Non basta il pensiero, non basta la mossa, ci vuole un contatto autentico. Entra nella sfera di Dio, lo tocca con mano. È fondamentale questo passaggio della fede: entrare in una relazione reale con Dio, metterci la mano, toccarlo, entrare nella sua divinità, in modo concreto. È solo allora che sente di essere guarita. Gesù sente che qualcosa è uscito da lui, sente a livello fisico che qualcuno si è messo in contatto con lui in modo reale, totale, che qualcuno si è aperto al suo Spirito, che qualcuno lo ha accolto e per questo la forza del suo Spirito è uscita da lui.

Sesto passaggio. Il Signore ti chiama e ti incontra in modo personale. Vuole conoscere, vedere chi lo ha toccato, chi lo ha incontrato nello spirito.

Settimo passaggio. La donna si fa avanti per farsi riconoscere, impaurita e tremante perché lo ha preso di spalle  e non ha avuto un rapporto diretto con lui. Gesù infatti non si accontenta di cose periferiche, vuole incontrarti in modo diretto, viso a viso, ti vuole vedere negli occhi, vuole parlarti, ascoltarti, guardarti, amarti.

Ottavo passaggio. Lei è sincera e gli apre il suo cuore, viso a viso, cuore a cuore. Allora Gesù attesta e annuncia la sua salvezza. Annuncia che quello che è avvenuto non è un atto magico, non è un atto automatico, ma è la sua fede che l’ha salvata. È la sua fede che ha guarito la sua anima e il suo corpo.

La fede ti salva. La fede ti fa entrare in rapporto vero con Dio,  te lo fa toccare con mano, te lo fa sperimentare. Attraverso la fede puoi partecipare dello Spirito di Dio ed essere salvato tutto. Non si salva solo la tua anima, anche la tua mente e il tuo corpo possono essere ristorati, rigenerati, e, a contatto con il loro Creatore, anche guarire.

 

 

Tu, dono di Dio

 

 

 

 

Zaccaria scrive: “ Il suo nome è Giovanni”, che significa: Dio dona.  Anche tu sei un dono di Dio. Già completo fin dall’inizio. Già amato fin dall’inizio. Già voluto fin dall’inizio.

“Sei tu che ha informato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Non ti erano nascoste le mie ossa, quando venivo formato nel segreto, ricamato nelle profondità della terra.” (Salmo 138)

Dio ti forma, Dio segue passo passo tutta la tua crescita, fin dall’inizio, prima dell’inizio della tua vita. Non cadere nel tranello di chi ti fa credere che esisti solo dopo il terzo mese di gravidanza. Non è vero!  Il limite del terzo mese non è stato studiato dal punto di vista del bambino, ma è stato studiato dal punto di vista della salute della madre. Non è pericoloso abortire prima del terzo mese, dopo si.

Gli scienziati sanno bene che tutto il futuro bambino  è già presente fin dall’inizio. Fin dall’inizio  è tanto completo che è addirittura autonomo. Si fa da solo, si organizza da solo, ha solo bisogno di essere alimentato. Come il seme. Il seme non è altra cosa dalla pianta, non è separato, non appartiene al genere minerale prima e dopo a quello vegetale. Il bambino non appartiene al regno vegetale e animale prima del terzo mese e il giorno dopo  del terzo mese al genere umano.

L’embrione non è una essenza che si trasforma nella sostanza. La sostanza è la stessa prima del terzo mese e dopo. Non è un essere informe, ha in sé tutte le forme future possibili. Ha in sé tutto il futuro bambino e uomo, tutte le sue caratteristiche fisiche e psichiche, tutte le sue fasi evolutive fino alla vecchiaia. Le fasi della crescita sono distinte, ma non possono essere separate nella sostanza. Non si può separare un embrione dal feto, o un neonato dal bambino che sarà, appartiene sempre a  quella persona. Anzi proprio la prima fase è la più completa perché in essa sono già presenti tutte le fasi future.

Farti credere che prima del terzo mese non esisti, per cui puoi esser abortito, è la più  grave menzogna e manipolazione, al servizio di una mentalità consumistica, che ha come Dio il denaro, il successo e il dominio sugli altri. Una mentalità che rifiuta il dono di Dio, che rifiuta Dio.

Lascia che questo dono entri dentro di te e compia il miracolo di  far crescere quella nuova vita che ha in sé la missione e l’incarico di preparare la strada a Dio e di realizzare il suo misterioso progetto di salvezza, anche per te.

 

 

Zaccaria e l’angelo

 

 

 

 

Zaccaria il padre di Giovanni Battista era un sacerdote e la moglie Elisabetta era sterile e anziana. Dio manifesta la sua presenza nell’assenza, la sua potenza nella impossibilità. L’angelo che compare a Zaccaria annuncia la nascita di Giovanni il battista.

L’annuncio a un uomo,  per Giovanni e  a una donna,  a Maria, per Gesù. Ma la reazione di Zaccaria è diversa da quella di Maria e rappresenta un modo diverso di porsi di fronte a Dio. Una fede diversa. Zaccaria risponde: “come posso conoscere questo?” Non solo chiede un segno, ma vuole lui conoscere, vuole essere il protagonista, l’autore, vuole com-prendere, tenere dentro di sé il mistero, tenere dentro di sé il progetto di Dio, tenere dentro di sé Dio. Per questo l’angelo gli dice che, poiché non ha creduto, rimarrà muto sino a quando non si avvererà.

Ecco, quando pensi di poter com-prendere Dio, quando ti metti a giudicare, a valutare, a decidere, a fare entrare nelle tue regole Dio, quando vuoi metterti davanti a Dio, prima di Dio, per dargli il tuo permesso, allora significa che non hai capito chi hai davanti. Non hai capito che Dio è Dio e tu una sua creatura. Non hai capito che Dio ha un progetto misterioso e sconosciuto anche a te e solo se ti affidi e lo lasci fare, lo puoi sperimentare.

Per recuperare il giusto rapporto con Dio e quindi la fede vera, è necessario che le parole cessino. Inizia anche per Zaccaria una gestazione. L’annuncio dentro di lui deve essere portato come una gravidanza. Deve essere accolto e lasciare che maturi dentro. Senza cambiarlo, senza interromperlo, senza dominarlo.

L’angelo traccia il percorso della fede vera. Devi tenere l’annuncio dentro di te, lasciare che maturi in silenzio, nel silenzio della tua parola, della tua presunzione, della tua voglia di condizionare, cambiare, dominare.

Alla fine della gravidanza, quando nascerà Giovanni, allora anche tu nascerai a vita nuova come Zaccaria e, come lui, riacquisterai la parola. Ma questa volta la parola non servirà più a giudicare Dio, ma si espanderà, si libererà per annunciare a viva voce, per proclamare la realizzazione della salvezza di Dio e la venuta del Figlio che, come un sole,  diraderà tutte le nebbie e le tenebre del mondo.

Zaccaria diventa come Giovanni.  Anche tu diventi come Giovanni e, pieno di Spirito Santo, potrai esultare  alla presenza del Figlio di Dio.

 

 

Il granello di senape

 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

 

 

 

Quanto. Tanto, poco. Di più, di meno. Sei abituato a misurare, a calcolare, a confrontare. Sei abituato  ad aumentare, allargare,  debordare.   Così,  pesi  anche la fede.   La valuti secondo il peso, la quantità.  La  vuoi enorme, totale, smisurata. La pensi piena, ripiena, colmata.  La senti poca, minima, assente.  Quello che conta non è la quantità.  È la qualità, l’essenza, la sostanza, la presenza di Dio vivo e vero.

La fede è un seme. Non dipende da te. È un dono di Dio. Come un seme, ha in sé, in potenza, già tutto il futuro albero. Ma ha bisogno di essere coltivato, alimentato, custodito.

Un seme di senape. Un seme piccolo. Il più piccolo. Perché la qualità della fede è nella piccolezza. Perché nella piccolezza, c’è Gesù. Gesù che si è fatto piccolo, povero, umile.  Più c’è piccolezza e povertà, più c’è fede.  Più c’è piccolezza  e umiltà e più diventa grande l’albero della fede.

Se la fede è vera, anche piccolissima, può cambiare le cose. Non perché lo fai tu. Non per merito tuo. È Dio presente in te e con te, che cambia le cose.  È lui che opera prodigi.  È lui che può sradicare un gelso e piantarlo nel mare.  Lui lo ha creato e lui lo può fare. Solo lui.  A  lui, con lui e per lui, tutto è possibile.

È possibile se ti riconosci per quello che sei.  Piccolo.  Servo inutile.  Non sei tu a fare tutto. Tutto ti è stato dato. Tutto è di Dio. Tutto fa parte del progetto misterioso di Dio. Puoi prendere parte a quel progetto di salvezza. Puoi fare la sua volontà. Servire a realizzarla. Ma non  è tua, non ti appartiene, non la possiedi.  Non dipende da te.

Riesci a fare la volontà di Dio, se stai al tuo posto. Se lo riconosci, come il Signore. Se lo vivi, come il Signore. Se lo servi, come il Signore.  Allora ti senti servo inutile. Perché  in Dio tutto è avvenuto. Tutto è compiuto. Tutto è compreso.

Anche tu.