Bambino 2-5

 

Bambino  2 -5

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 l‘Io si è formato e il bambino comincia ad apprendere. È fondamentale parlargli di Dio per farglielo conoscere da subito, perché è il Padre originario che lo ha creato.  Il bambino comprende  ciò che è in relazione alle sue esperienze concrete e affettive. Ciò che è simile al suo mondo. 

  • Dio è il Papà di tutti.  Il Papà Grande. Quello che ha fatto il tuo papà e la tua mamma. Quello che ha fatto te. Quello che ha fatto tutto il mondo. Quello con le braccia aperte come il mondo.
  • Il Papà che ti vuole un bene grande come tutto il mondo, come il cielo e le stelle.  Che ti pensa sempre. Non ti lascia mai. Sta sempre vicino a te e ascolta tutto quello che dici. Ti protegge e ti aiuta.
  • La  Madonna è la Mamma delle mamme. Abbraccia tutte le mamme e i loro bambini.

 

Per i bambini contano le cose concrete.

  • L’immagine riesce ad arrivare all’inconscio in modo diretto, immediato ed efficace. Quindi quello che si dice viene più facilmente appreso se è presentato con un disegno, o un’immagine colorata, chiara e significativa che collega, spiega e racconta. Dio Padre = Papà grande  che abbraccia tutto il mondo  con dentro le foto dei suoi genitori, dei suoi fratelli, dei suoi nonni e delle persone e delle cose a lui più care, da mettere in un cartellone attaccato al muro della sua camera. L’immagine della Madonna che abbraccia la sua mamma con lui in braccio e anche altre mamme. Immagini prese dai giornali, dai libri, da Internet, colorate, animate. Anche video o cartoni con contenuti religiosi.
  • Album.  Si possono fare anche degli album  dove attaccare le immagini mano  a mano che vengono  capite.
  • Oggetti. Gli oggetti ancora di più sono importanti, perché rappresentano i simboli. Possiamo scegliere insieme a lui un bambino Gesù.  Un bambino Gesù, piccolo come lui, debole come lui, fragile come lui, impaurito e infreddolito come lui. Un Gesù bambino anche fluorescente, che si vede nel buio. Un bambino Gesù vicino al suo letto che lo protegge sempre. Un Dio Padre con le braccia aperte. Un angioletto con la luce. Una Madonna che abbraccia il suo bambino.
  • Relazione.  Come si relaziona  a suo modo con gli altri, così  è  capace di farlo anche con Dio. Se gli si insegna a pregare, a parlare con Dio, può raccontargli le sue cose, le sue paure, le sue difficoltà, a modo suo, con le sue parole, con il suo cuore, perché Dio lo sta aspettando e lo sta ascoltando e lo sta amando. Allora può capire a che serve andare in Chiesa, a che serve stare attento, perché non si può giocare o correre.

 

 

 

 

 

Fanciullo 6-10

 

Fanciullo   6 – 10

gesù bambini

 

E’  l’età della conoscenza, quindi è pronto a conoscere Dio, anche con il suo Io e la sua ragione. È l’età del catechismo della comunione. Ma se i genitori non hanno cominciato prima,  se non partecipano, se non vivono Dio, allora quello che impara sarà solo un apprendimento appiccicato, superficiale, estraneo. Sarà un apprendere perché gli è stato imposto, perché lo fanno gli altri, perché lo vogliono gli altri. Diventerà un impegno come la scuola, con l’attenzione rivolta ai compagni.

 

  • La fede dei genitori  Conosce Dio se i genitori ci credono veramente. Dio passa attraverso i genitori. La fede si trasmette non solo con le parole o con i fatti, ma principalmente dall’inconscio all’inconscio. Gli incontri con i genitori    nel  catechismo  potrebbero essere  una occasione per riscoprire la propria fede. Con un metodo di gruppo, dove ci si confronta, ci si aiuta, ci si sostiene e si cresce insieme, dove si possono fare le domande e cercare insieme le risposte, con la guida di Gesù nel Vangelo.

 

  • Credere insieme.   È l’età dell’amicizia. L’amicizia non solo istintiva, ma anche carica di scopo, di significato, di progetto comune. Quindi amicizia che aiuta a crescere. Formare gruppi di amici, in cui si pensa, si discute, si parla, ci si confronta, su alcuni temi di tipo religioso. In cui si rivalutano i cosa, il come, il quando e il perché. In cui si impara a vivere la fede come scambio, come ricerca, come cammino insieme, come comunità.

 

  • I talenti.  È l’età della scoperta di sè. Conoscersi, nel portare fuori quello che c’è dentro. Portare fuori le capacità, le doti, i doni che Dio gli ha dato e sperimentarli.

 

  • Disegno spontaneo.   Far disegnare i bambini, facendo colorar immagine religiose che altri hanno pensato, voluto, non li aiuta. Le fa diventare passivi esecutori. Molto meglio invece fargli disegnare direttamente quello che hanno capito. Sarà il loro cuore che parla, sarà la loro mente che ricorda e organizza ed elabora.  Sarà la loro anima che loda Dio in modo personale, originale, unico e irripetibile.

 

  • Cartelloni di gruppo.  Immagini da disegnare, ma anche da costruire in gruppo. Cartelloni di gruppo, fatti in parte con disegni, in parte con una collage di immagini trovate nei sussidi, nei giornali, in internet. Cartellone che rappresentano una verità fondamentale della loro fede e che, rappresentata in questo modo, può rimanere impressa per sempre.

 

  • L’album della fede.   Inventare insieme al suo gruppo  album  figurati per ogni argomento religioso. Dove le immagini sono disegnate  in successione temporale e logica tra di loro. Dove si possa capire il collegamento e la conseguenza logica tra di loro. Immagini che raccontano la storia della salvezza.  Una volta elaborati, possono essere usati per i bambini più piccoli. Così si sentono utili e importanti e protagonisti del loro catechismo e testimoni di Cristo.

 

  • Raccontare la fede.  Più disegni ( fatti da loro è meglio, oppure presi da un sussidio)  che raccontano una parabola o un episodio della vita di Gesù o una verità di  fede. Ritagliarli per dividere le sequenze e avere così  5 figure di una  parabola. Applicare i disegni su un piccolo cartoncino, grande come una figurina.  Mescolare le immagini di una parabola  e rimettere in sequenza in modo ordinato. Mescolare i disegni di dieci parabole e ricomporle  tutte e dieci  in modo ordinato.  Riconoscere la parabola  partendo da una sola figura.  Ricordare la figura precedente e poi quella successiva. Questo permette di assimilare in modo sicuro ed efficace la  conseguenza logica dei fatti, il senso e il ricordo. Permette anche di verificare se il contenuto è stato effettivamente assimilato. Si pensi alla via crucis  che è impressa in modo indelebile dalle immagini che segnano i passaggi della passione.

 

  • Costruire  la fede.   Conoscere se stessi anche attraverso il creare oggetti. Plasmare con das o pongo o argilla, oggetti di tipo religioso aiuta non solo la mente ad elaborare e ad assimilare meglio, ma aiuta anche il corpo e lo spirito ad  entrare in contatto profondo e diretto con il simbolo di quell’oggetto. Non importa se non sarà bello, di sicuro ha funzionato e non sarà mai dimenticato da quel bambino.

 

  • Le foto  della fede.   Creare delle immagini,  attraverso le foto.  Fare foto del quotidiano, della vita vissuta, che  esprimono o fanno pensare ai temi religiosi, ( povertà, solidarietà, umiltà, perdono, amicizia, donazione, servizio, Dio, eternità, salvezza, morte e resurrezione, eternità, infinito, regno di Dio). 

 

  • I video della fede.   Fare dei video con le foto unite, con delle frasi inventate da loro.  Un filmato con titoli e sottotitoli. . Presentare il video agli altri gruppi. Discutere insieme sui contenuti,  pensare insieme, valutare insieme, sentire insieme, aiuta a comprendere meglio. Aiuta a vivere il contenuto e la fede. Aiuta a sentirsi protagonisti attivi della fede.

 

  • I film della fede.  I ragazzi cercano modelli di vita a cui riferirsi, per capire il mondo. Trovare e guardare insieme film sulla fede. Sulla vita di Gesù, sul Vangelo, sugli apostoli. Sui santi. Poi discuterli insieme. Capirli, pensarli, sentirli.

 

  • Le mie preghiere Inventare delle preghiere personalizzate da scrivere su un quaderno. Ogni pagina una preghiera. Preghiere come colloquio tra due persone. Tra il fanciullo e Dio. Come  espressione del cuore verso Dio. Come  apertura dell’anima a Dio.  Quaderno privato, segreto. Da condividere solo su sua richiesta esplicita. 

 

 

 

 

 

Ragazzo 11- 17

 

 Ragazzo  11 – 17

Gen Verde2

 

 

L’adolescenza è l’età della nascita di se stessi. Di quando il proprio sé  si differenzia e si stacca da quello dei genitori, per incamminarsi verso la propria strada, il proprio destino.  È l’età in cui si crea e si costruisce la propria nuova vita.

La creatività è l’elemento principale che lo aiuta a crescere e a capire. Si può  chiedere al ragazzo, nel catechismo per la cresima o in famiglia, di rappresentare una verità di fede o un concetto che ha appreso con :

 

  • Un  collage, originale,  fatto di immagini,  con la carta, cartone, plastica, legno.

 

  • La pittura   attraverso pennelli o gessetti ad olio. E’  molto indicata per esprimere la sensazione che un  vissuto di fede o un evento, ha creato nell’animo.

 

  • La scultura  con il das o  l’argilla.  Permette anche di poter entrare in una relazione viva e vera, con il vissuto che è stato rappresentato.

 

  • La musica.  Una canzone sua, personale,  ispirata dal vissuto emotivo nella relazione con Dio o da una esperienza di fede.

 

  • Il diario della fede.  Il ragazzo può scrivere  tutti i giorni in un diario, quello che vive in relazione a Dio, quello che ha capito, quello che sente, quello che soffre, quello che chiede. E quello che sperimenta di Dio. Può riempirlo di disegni e di immagini simboliche.

 

  • La poesia.   Può inventare una poesia semplice, piccola, personale. Una poesia che è una invocazione, una tensione, un dialogo con Dio che diventa preghiera.

 

Nell’adolescenza il riferimento di base è il gruppo. La creatività espressa attraverso il gruppo, permette anche il confronto, lo scambio, la comunicazione di idee, di sentimenti, di esperienze.

Il gruppo dei ragazzi   insieme e  in sintonia può  creare:

 

  • Musica.  Può  inventare  una  canzone nuova e una musica nuova, che esprime  le emozioni che si provano davanti a Dio e in un’esperienza di divina.

 

  • Inno.   Può inventare un inno di lode  che si adatta  nelle parole e nella tonalità alla delicatezza di un rapporto di amore con Dio, o  a esperienze vissute.

 

  • Danza.    Può inventare una danza nuova che esprime attraverso il corpo, il conflitto del vivere, la ricerca della fede, la conquista, l’incontro con Dio e la lode a Dio.

 

  • Foto.  Può  fare delle foto che simboleggiano i temi trattati o una verità di fede o un passo del vangelo o la reazione di un personaggio del  Vangelo o un sentimento, o un vissuto di fede. Immagini che possono essere elaborate al computer e diventare personalizzate e significative.

 

  • Video.  Può creare dei video con le  foto o le immagini con i titoli o i sottotitoli. Oppure un video preso dalla vita  concreta che esprime sentimenti, ( dolore, fatica, sofferenza, povertà, umiliazione, ingiustizia, )  e la risposta  secondo Gesù e il Vangelo.

 

  • Interviste.  Può fare delle registrazioni audio o video di interviste ai propri coetanei sui problemi dei giovani, su come li risolvono,  su cosa pensano di Dio e  come lo  vivono.

 

  • Cineforum.   Può organizzare un cineforum, da proporre agli altri gruppi. Un film che rappresenta delle tematiche  di vita da vedere insieme. Poi si discute insieme, si pensa insieme, si vive insieme. Ci si interroga sul chi, dove, quando, come, e perchè. Si  individua il protagonista. Si vede l’argomento trattato, dal punto di vista dei diversi personaggi. Si  guarda da angolazioni diverse. Si mettono a fuoco le emozioni che ha suscitato. Si vivono le emozioni che ha suscitato. Si condividono le emozioni che ha suscitato. 

 

I gruppi insieme uniti possono inventare uno spettacolo che parla i giovani della loro età. Possono comunicare qualunque tematica o evento religioso, o esperienza mistica o di fede,  rapportato al quotidiano o alla vita dei giovani. Attraverso i loro strumenti, le loro modalità.

 

  • Contenuto originale.  Possono scrivere  un copione nuovo, originale. Più che cercare copioni già scritti da altri, sarebbe meglio che vengano inventati da loro. Sono più vivi e più veri. Fare la regia. Dipingere le scene. Inventare le scene e i colori con proiezioni digitali su schermi grandi.  Mai pensare che non ne sono capaci. I ragazzi hanno risorse incredibili. Bisogna crederci e chiedere e insistere. Alla fine ci si troverà davanti a sorprese inaspettate, a gemme nuove, a  fiori sconosciuti.

 

  • Poesie.  Possono recitare poesie  antiche e nuove  sull’esperienza di Dio e dei fratelli, sui valori dimenticati: umiltà, generosità, sacrificio, eroismo, donazione, martirio, servizio, castità, tenerezza.

 

  • Racconti e recite.  Possono recitare degli episodi del Vangelo rapportati alla vita moderna, immersi nella vita moderna, capaci di dare risposte alla vita moderna. Capaci di dare risposte al cuore dei giovani. Possono recitare le vite dei santi. Oppure esperienze eroiche di giovani come loro.

 

  • Gospel.  Possono inventare  gospel  nuovi,  in italiano, che esprimono in modo nuovo tutto lo struggente desiderio di Dio e tutta la fatica e il dolore della vita e tutta la gioia per la salvezza e la resurrezione. E cantarli in coro.

 

  • Rap da cantare e ballare.  Possono inventare rap da cantare insieme  e da ballare insieme,   mettendo nelle parole il messaggio ai loro fratelli giovani, agli adulti, al mondo. Possono dire la loro,  dandogli lo sprint, dandogli la carica, dandogli l’anima.

 

  • Danzare insieme.  Possono inventare una danza  collettiva,  dove i loro corpi possono esprimere le emozioni e le sensazioni  provate da loro o dai santi  nella fede. Le emozioni o le sensazioni di un passo della vita di Gesù, di un personaggio del Vangelo.  Possono rappresentare la lode del creato verso il loro Creatore. Possono simboleggiare la lode  e  la gloria al loro Dio.

 

 

Lo spettacolo può essere rivolto ai loro amici giovani del quartiere o della città. Rivolto ai loro genitori per aiutarli a credere. A tutte le persone per testimoniare la loro fede e annunciare il Signore Gesù. 

 

 

 

 

 

 

 

Se non ce la fai

 

 

 

 

 

Come  Elia,  se  non ce la fai più, se sei stanco, sfinito, deluso, rifiutato, negato,  allontanato,   allora fermati  e abbandonati nelle braccia di Dio.  Metti il tuo cuore nel suo cuore, senza ragionare, senza programmare, senza controllare.  Fidati,  dormi tra le sue braccia.

Il Padre ha cura di te e ti dà il nutrimento, ti dà il pane del cielo, il pane vivo.  Solo quel pane riesce a darti la forza di percorrere la strada di Dio, la strada della sua volontà, del progetto di salvezza che ha preparato per te,  per farti arrivare a Lui.

Sei stato chiamato da Dio. È il Padre che ti ha scelto. Se  hai  intrapreso una strada verso  Dio e perché Lui lo ha voluto.  È Dio che ti ha chiamato e ti attira  a sé.

Ha mandato il Figlio,  perché attraverso di Lui tu possa incontrare il Padre.  È il Figlio il suo pane. Il pane vivo disceso dal cielo. Il pane è la sua carne  e la sua vita, è la vita stessa del Padre,  di Dio.  E’  l’Eucarestia.

Lascia che entri in te, nel tuo mondo, nella tua storia, nelle tue radici e lascia che ti salvi.

 

 

Trasfigurato

 

 

 

 

Lasciati  condurre sul monte Tabor, in alto al di sopra della banalità al di sopra della materialità. Lasciati condurre da Gesù in disparte, da solo, con lui solo.

Allora può succedere che Gesù si manifesti anche a te. Può lasciare che la sua divinità passi oltre la sua figura, si  tras-figuri, che la sua gloria si manifesti nello splendore, nella luce, nel candore purissimo.

Non aver paura di entrare in quello splendore. Non temere di farti  toccare da quella luce.  Abbi il coraggio di lasciarti andare e di farti illuminare. Respira, accogli, fai entrare quella luce, quel candore, quella gloria,  nei tuoi occhi, nel tuo cuore, nella tua anima.

Ti  stai  incontrando con Dio  e Dio ti sta parlando.  Gesù si manifesta con Mosè ed Elia a fianco. Sono la Legge e i Profeti che lo hanno annunciato, che lo hanno preceduto. Loro parlano con lui e si relazionano con lui, come puoi fare anche tu, attraverso la parola che hanno proclamato.

Gesù si manifesta nella sua divinità completa e trinitaria. Il Padre è presente nella voce e lo Spirito Santo nella nube. La voce di Dio Padre ti dice cosa fare: “Questo è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo!” Dio stesso testimonia, riconosce, suggella l’identità di Gesù: E’ mio Figlio. Il Figlio di Dio. L’amato. Il prediletto. Ascoltatelo. Lui parla per me. È parte di me. Parla a mio nome. È la mia Parola.

Se ti immergi in questo mistero, se ti lasci andare, se ti lasci fare, allora anche tu sarai l’amato. Ti accorgerai che dopo aver incontrato Dio, come Mosè, il tuo volto diventerà radioso e quella luce continuerà a risplendere e ad illuminare altre persone.

 

 

Il pane di Dio

 

 

 

 

Lo hai sempre cercato il cibo che ti nutre veramente, che ti sazia completamente, che non ti lascia vuoto. Lo hai sempre desiderato un cibo pronto, disponibile, gratuito, completo, eterno.

Pensa, il cibo di Dio, il pane di Dio, è lì per te, gratuito, pronto, completo, eterno. Il cibo che viene da Dio, donato da Dio, preparato da Dio per te.

Il pane di Dio è una persona, è il Figlio stesso di Dio. È il Figlio che offre se stesso come pane nell’Eucarestia. Lui è il pane disceso dal cielo. È il pane che non si corrompe, il pane che non si rovina, il pane che rimane per sempre. Lui è il pane della vita. È il pane vero. Il pane che ti sazia per sempre.

Se credi nel Figlio di Dio, se credi al progetto di salvezza che il Padre ha preparato per te attraverso di Lui, se ti nutri di Lui, non avrai più fame e non avrai  più sete.

Non avrai più fame del pane di cui di nutrivi prima. Non avrai più sete dell’acqua di cui ti nutrivi e che ti sembrava indispensabile. Non sarai più dipendente dagli altri, dallo sguardo degli altri, dalla loro attenzione, dalla loro considerazione. Non sarai più schiavo della convenzione, del conformismo. Non sarai più prigioniero del tuo tiranno interno. Non ubbidirai più al tuo despota. Non dovrai più mendicare.

Il  cibo che ti nutre e ti libera  è  il pane del cielo, il pane della vita, il pane di Dio, il Figlio di Dio.

 

 

Quale pane?

 

 

 

 

“Dove potremo trovare il pane perché costoro abbiano da mangiare?” Gesù sapeva che li avrebbe saziati tutti con il miracolo dei pani e pesci e allora perché fa questa domanda? Ci  dà lo strumento, la strada per arrivare a nutrirci del pane di Dio.

Anche tu devi domandarti: Dove posso trovare il pane per mangiare?  Dove lo cerco il pane da mangiare? Di che cosa mi nutro? Che cosa mi soddisfa?

Pensa a quanto ti dai da fare per avere quel vestito, quel cellulare alla moda, quella moto, per nutrirti dello sguardo degli altri, della loro attenzione. Pensa a quante volte ti devi uniformare,  tradire, rinnegare, vendere, per nutrirti del consenso degli altri,  per paura di essere rifiutato, escluso, isolato. Pensa a quanta fatica fai per non sbagliare mai e riuscire a fare tutto, per nutrirti dell’idea di essere perfetto. Pensa alla violenza che ti fai per arrivare primo, per essere sempre il migliore, per nutrirti dell’idea di essere superiore, onnipotente e onnisciente. Pensa a cosa devi rinunciare per avere i soldi e il potere per nutrirti dell’idea di essere venerato, temuto, idolatrato.

Questo cibo di cui ti nutri, non ti sazia. Non è quello che riempie il vuoto. Non è quello che ti rigenera. Ti dai tanto da fare per un pane che non dura, che non ti da la vita.

Il pane che ti da la vita è quello che viene dal cielo. È quello che ti dona Dio, attraverso le mani del Figlio suo. È l’unico pane che sazia, che ristora, che non finisce mai.  Non lo devi pagare, non lo devi chiedere, non lo devi rubare. Dio  te lo offre per primo perché sa che ne hai bisogno. E te lo da sempre, ogni volta. E’ il pane di Dio.

È  l’ Eucaristia.

 

 

Venite in disparte

 

 

 

 

“Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’.” Gesù ci dice cosa fare. Ogni tanto abbiamo bisogno di riposare. Di riposare dalle nostre ansie, dalla nostra fretta, dai nostri progetti che dobbiamo portare a termine ad ogni costo. Di ritrovarci, perché ci siamo persi nella folla, tra mille cose da fare.

Il  modo vero di ricaricarci è di fare come faceva Gesù: si ritirava in un posto solitario a parlare con il Padre. Lo stesso dice ora: venite in disparte, in un luogo deserto, con me a pregare il Padre, a parlare con Lui. Deserto perché privato dall’esteriorità, dal superfluo, per incontrarsi con l’essenziale, nell’interiorità.

Un posto per incontrare il Padre, viso a viso, cuore a cuore. Incontrare il Padre con il Figlio, nel Figlio e attraverso il Figlio di Dio.

 

 

Profeta.

 

 

 

 

Facciamo i profeti, portiamo Gesù nel mondo, usando gli strumenti del mondo.  Così organizziamo spettacoli, gare,  vacanze, feste,  giochi e cose da mangiare. Il tutto per attirare l’attenzione, per convincere a partecipare, per rendere gradevole quello che gli offriamo. Ci preoccupiamo di far venire più persone possibile, che le luci siano posto, che il microfono funzioni, che lo spettacolo sia piaciuto. Come se l’importante sia far contenti gli altri, essere adattati, essere competitivi anche con le altre associazioni religiose o parrocchiali.

Rischiamo a volte di assomigliare alle aziende che vendono i prodotti.  Rischiamo di far diventare la nostra testimonianza un tentativo di convincere con le parole, con le più belle parole. Poi ci stupiamo quando parliamo di croce e di sacrificio che gli altri si allontanano. Non riusciamo a fermare l’emorragia neppure parlando di sforzo, impegno e responsabilità. Non riusciamo a convincere alla fatica e alla donazione di sé un popolo impostato e formato alla soddisfazione di sé, all’esaltazione di sé,  all’adorazione di sé. Un popolo che noi stessi abbiamo servito, assecondato, adorato.

Ma allora come fare? Gesù manda gli apostoli a due a due. Niente clamore. Niente luci, niente convention. Due bastano. Perché quello che conta nella fede, non è  convincere. La fede non è  un’idea, la fede è un Dio che passa da un cuore a un altro cuore. La fede è nella relazione  vera, profonda, autentica. È una proposta di un Dio-Persona  che, attraverso di te, si vuole incontrare con l’altro. È Dio che guarda attraverso i tuoi gli occhi,  l’altro. È Dio che parla con la tua voce, all’altro. È Dio che  prende con le tue mani, la mano dell’altro. Non avviene nel clamore, nella confusione, nella massa. Non avviene nella suggestione. Avviene nel cuore e l’incontro diventa personale, misterioso, divino.

Non devi prendere altro, né pane, né sacca, né denaro, né vestiti. Quando c’è Dio non c’è bisogno di altro. Lui è tutto, lui è l’essenziale. Devi rivestirti di lui, dell’essenziale, perché gli altri lo vedano. Devi essere nell’assenza, per far posto alla presenza di Dio, alla sua provvidenza. Devi lasciare l’apparenza, per far posto all’essenza di Dio, che si incontra con l’essenza dell’uomo.

“Dovunque entriate in una casa, rimanetevi”. Essere profeta è andare, non aspettare che gli altri vengano. È entrare nella situazione dell’altro, nella sua vita concreta, nella sua casa. Ma non per diventare una sua cosa, non per diventare come le sue cose, non per confondersi con le sue cose. Significa entrare nella casa del suo cuore e lì portare il cuore di Dio perché possa partecipare del suo dolore, della sua gioia, della sua fatica e della sua paura.

Essere profeta è essere presi, scelti, chiamati e inviati.   E’ scendere, è non stare in alto, è calarsi nel quotidiano, nel concreto. Non è dire, è fare, è essere.

E’ portare Dio, la sua parola, il suo progetto misterioso di salvezza.

 

 

L’invidia

 

 

 

 

L’invidia nasce dall’ammirazione, dallo stupore, dal riconoscimento di aver davanti qualcosa di grande, di straordinario. L’invidioso lo sa riconoscere, lo sa stimare più di ogni altro, ne sa valutare la consistenza, la qualità, la preziosità. Ne sa apprezzare tutto il valore e ne rimane colpito e ammirato. “Gesù si mise ad insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti.

Ma l’invidia viene da un cuore indurito, chiuso, livellato, appiattito, accecato, un cuore superbo che non sopporta che altri abbiano qualcosa più di lui, che escano fuori dal suo confine. Non sopporta che altri mettano in ombra la sua luce. Che qualcun altro lo faccia sentire inferiore o incapace.

L’invidia si attiva quando la persona si accorge che quello che  ha  l’altro, non potrà mai raggiungerlo. Quando si accorge che lui non ce la fa ad arrivare a quel livello. Non ce la farà mai. E allora come fare per pareggiare i conti?

Abbassa l’altro. Lo abbassa denigrandolo, diminuendo il suo valore. Non  alzandosi  al suo livello,  ma abbassando  l’altro al suo. Così Gesù viene riportato a “uno di noi”. Sei come noi, la tua famiglia è tra noi, non sei di più. Abbassato tu, ritorno in primo piano io. Abbassato tu, io non mi sento da meno. Siamo uguali. Nati nello stesso posto, con la stessa vita, le stesse relazioni tue e mie. Quindi tu, Gesù, diventi comune  non più straordinario, diventi banale  non più miracoloso.

L’invidia viene dalla parola  in = non,  video  = vedo.  L’invidia ti porta a non poter vedere l’altro. Non solo non puoi sopportare di vedere quello che ha, ma nemmeno lui perché te lo ricorda. Quindi lo devi annullare, lo devi allontanare e lo rifiuti. Lo rifiuti isolandolo, facendolo fuori dal suo contesto, dalle tue relazioni. Così “occhio non vede e cuore non duole”.

Ma quello che fa veramente male e che la persona invidiosa non vuole vedere e non può vedere , è la propria incapacità, la propria debolezza, la propria piccolezza che vive come negativa, pericolosa, che la fa sentire inferiore e senza valore. Così se l’altro è stato allontanato, eliminato, è stato eliminato anche il confronto, la possibilità che venga fuori la propria inferiorità. È stato eliminato il pericolo che anche gli altri la vedano.

L’in-vidia significa non-vedere Dio, non voler vedere Dio. Avere il cuore chiuso, seccato, indurito, accecato. Significa essere sordi alla parola di Dio e rifiutare di ascoltare i profeti  e il Figlio suo.

In-vidia significa anche non-vedere l’amore di Dio, la grazia di Dio. L’invidioso non riesce a viverla.  Se la vivesse, capirebbe che Dio lo ama in modo totale. Se la facesse entrare,  sentirebbe che Dio lo riempie modo completo. Non  sarebbe  di meno o di più,  non avrebbe più paura di perdere qualcosa, non dovrebbe più fare confronti. Capirebbe che è proprio quella debolezza, quella incapacità, quella povertà che lo salva, perché è nella piccolezza che entra Dio, nella  mancanza che entra il Tutto.

È in quella precarietà che si sperimenta la grazia di Dio. Nella debolezza, la potenza di Dio. Nell’assenza,  la presenza di Dio.