Dio è amore

 

 

 

 

 

Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo (Disc. 34, 1-3. 5-6)

Non c’è nessuno che non ami, ma bisogna vedere che cosa ama. Non siamo esortati a non amare, ma a scegliere l’oggetto del nostro amore. Ma che cosa sceglieremo, se prima non veniamo scelti? Poiché non amiamo, se prima non siamo amati. Ascoltate l’apostolo Giovanni: Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4, 10).   Cerca per l’uomo il motivo per cui debba amare Dio e non troverai che questo: perché Dio per primo lo ha amato. Colui che noi abbiamo amato, ha dato già se stesso per noi, ha dato ciò per cui potessimo amarlo.

 Che cosa abbia dato perché lo amassimo, ascoltatelo più chiaramente dall’apostolo Paolo: «L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori» (Rm 5, 5). Da dove? Forse da noi? No. Da chi dunque? «Per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5, 5).

Avendo dunque una sì grande fiducia, amiamo Dio per mezzo di Dio. Ascoltate più chiaramente lo stesso Giovanni: «Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui» (1 Gv 4, 16).

Non basta dire: «L’amore è da Dio» (1 Gv 4, 7). Chi di noi oserebbe dire ciò che è stato detto: «Dio è amore»? Lo disse colui che sapeva ciò che aveva.  Dio ci si offre in un modo completo. Ci dice: Amatemi e mi avrete, perché non potete amarmi, se già non mi possedete.

Cantate al Signore un canto nuovo. Cantate con la voce, cantate con il cuore, cantate con la bocca, cantate con la vostra condotta santa. «Cantate al Signore un canto nuovo».

Mi domandate che cosa dovete cantare di colui che amate? Parlate senza dubbio di colui che amate, di lui volete cantare. Cercate le lodi da cantare?  Il cantore diventa egli stesso la lode del suo canto.

Volete dire le lodi a Dio? Siate voi stessi quella lode che si deve dire, e sarete la sua lode, se vivrete bene.

 

 

 

Il figlio ritrovato

In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Ecco due modi di pensare e di convertirsi. Sono due strade, due modi di porsi di fronte a Dio. Quale dei due figli di sei? Quale delle due strade stai  percorrendo?

Nella prima, del figlio minore, sei attratto dal denaro e ti concentri sul possesso. Pensi che quello che hai, sia tuo,  e ti spetta. Non lo riconosci come dono del Padre. Lo fai tuo e lo separi dal Padre. Tu stesso ti separi dal Padre. Te ne vai. Pensi di poter fare a meno di Lui. Ti allontani e vai per strade lontane, ignote, estranee, vuote. Là vivi  e consumi tutto quello che sei, tutto quello che hai.  Ti fai prendere il cuore, ti fai rubare il cuore. Non sei più  tu. Ti sei perso.

Ti accorgi allora che intorno c’è una carestia, una mancanza, una povertà dello spirito. Un freddo che è arrivato al midollo, una aridità che è arrivata all’anima. Ti si è seccato il cuore. Allora vai  dagli altri a mendicare l’amore, l’attenzione, a elemosinare un po’ di calore, di considerazione. A chiedere il pane. Ti vendi. Ti ritrovi allora in mezzo ai porci. Ti accorgi che hai gettato le tue perle ai porci. Ti accorgi di fare come loro. Di nutrirti del loro stesso cibo, di diventare come loro. Questo è il peccato, allontanarsi da Dio, rifiutare Dio, pensare di fare a meno di Dio e vendersi ad altri dei.

Ecco la conversione. È allora che ti ricordi del Padre. Ripensi a Lui. Torni  a Lui con il pensiero. Il tuo cuore si rivolge a  Lui e si nutre del suo ricordo. Là non c’è fame, non c’è povertà, non c’è umiliazione, non c’è falsità, non c’è inganno, non c’è buio, non c’è morte.  Nasce il desiderio di ritornare. Ti alzi e torni indietro. Ti con-verti, cambi orientamento, ri-torni al Padre.

Ma il Padre non ti ha mai lasciato, ti ha sempre accompagnato con il suo cuore. Ti aspetta e ti viene incontro Lui per primo. Dio ti viene incontro per primo, perché per primo ha capito. Per primo ti accoglie, per primo ti abbraccia, per primo ti ama.  ‘Ecco, ho peccato!’  Lo riconosci, lo ammetti.  Ecco la confessione.  ‘Non merito di essere tuo figlio!’  Non sei tu a meritare di essere il figlio di Dio, è lui che ti vuole come figlio. Il figlio ritrovato. Il figlio perduto che è ritornato.

L’altro figlio, è l’altra strada. Sei  lì a seguire tutte le regole, ad essere sempre attento, preciso, a non sbagliare. Ma non lo fai per amore. Lo fai per essere il primo, il più bravo, il migliore. Lo fai per non farti rimproverare, per non farti accusare di non aver obbedito, di non aver servito.  Sei  il santo, senza peccato, senza macchia. E pensi quindi di meritarti il premio: il vitello grasso.  Lo pretendi,  ti è dovuto. Il più grasso, perché tu ti sei  di più sacrificato. La festa più grande, perché ti sei di più speso.

Un sentimento ti fa capire che sei come quel figlio maggiore: l’invidia. L’invidia per il tuo premio che è andato  a un altro. A  lui che è meno di te.  A lui che non ha faticato, non ha obbedito, non ha lavorato, non ha rinunciato.  Te lo fa capire la durezza del cuore. Invano il Padre ti spiega il suo amore di padre.  In-vidia significa non-vedere. Non riesci  a vedere l’amore del Padre. Pensi che l’amore sia qualcosa da conquistare, da meritare, da comprare. Non vedi l’amore di Dio, che è gratuito.

Lo servi  perché  lo vivi  come un padrone, che comanda, che costringe, che ricatta, che castiga.  Come un padrone che giudica, condanna e punisce. Non riesci a vedere la misericordia, il perdono, l’amore, che è Dio stesso.

Non ti rendi conto del peccato che è in te, che ti sta portando via dal Padre, che ti sta separando dal Padre,  il peccato più insidioso, nascosto, contorto, fatto di buone intenzioni, di regole perfette, di regole assolute, di formalità, di ottusità, di ipocrisia. Come i farisei a cui Gesù rivolge la parabola.

Un peccato che ti porta a giudicare, ad accusare, a condannare il fratello, che ti separa dal fratello. Ti ritrovi quindi accecato, arrabbiato, separato, fuori dalla casa del Padre, da solo,  nel buio, nel freddo, nel vuoto, nella mancanza di Dio.

Ecco la seconda conversione. La misericordia non è solo l’abbraccio con il Padre. Misericordia significa anche l’abbraccio del fratello. Se non abbracci il fratello, perdi anche il Padre, perdi la casa del Padre. Perdi l’amore del Padre.  Quel fratello rappresenta una parte di te che si era  distaccata, che si era allontanata, che si era perduta.  Una parte di te che ora può ritornare, può con-vertirsi,  farsi salvare,  farsi amare.

Entra nella casa, corri da tuo fratello, mettiti in ginocchio e digli: ‘Ho peccato contro di te!’ Ma lui ti viene incontro per primo, perché ti aspettava. Perché senza di te l’amore non era completo, perché tu sei la sua famiglia, perché tu sei parte dell’amore di Dio.

E  ti abbraccia lui per primo, ti accoglie, ti consola, ti benedice. Allora la gioia del Padre è piena, allora l’amore del Padre  è pieno.

Allora è festa in Paradiso e sulla terra.

Perché un altro figlio perduto è stato ritrovato.

 

 

 

Convertitevi

 Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».  Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

 

Ma io sono già convertito. Non ho bisogno di conversione. Vado a messa, dico le preghiere, non rubo, non uccido, non faccio del male.

Ma Gesù sta parlando a te.  Conversione significa cambiare rotta,  cambiare orientamento,  cambiare verso.  Conversione come con l’auto, significa girare.  Significa essere con-vertiti, ri-volti, riportati a Dio.  Significa ritornare a Dio. Tornare davanti a Dio. Davanti al volto di Dio. Con il proprio volto davanti al volto di Dio, viso a viso, cuore a cuore. Significa riconoscerlo come Dio, adorarlo, amarlo.

Se non ti sei veramente convertito, sei come il fico della parabola,  che è secco e non dà frutti. Il Signore come vignaiuolo, viene a trovarti e ogni volta non trova frutti. Lui ti aveva fatto per dare i frutti. Un albero senza frutti può essere tagliato.

Così tu, se non ti rivolgi a Dio, se non ti riempi di Dio, se non ascolti Dio, se non fai  quello per cui  ti ha creato, diventi un albero secco. Un albero senza significato, senza senso, senza meta, senza scopo. Ma ecco la misericordia di Dio. Dio aspetta e ti dà  tempo. Ecco il tempo della Quaresima.

È il tempo del zappare intorno, è il tempo del preparare la terra, le zolle.  Il tempo di dissodare il terreno duro, impietrito, incrostato.  Il tempo di affondare, di immergersi, di entrare dentro a quello che ti ha inaridito, che ti ha levato la vita. Il tempo di aprire il cuore, di rivoltare il cuore, di risanare il cuore.

È il tempo di dare il concime.  Il tempo di riconoscere e toccare la nostra debolezza, i nostri sbagli, le parti del cuore negative, avvelenate, dissacrate. Le parti dell’anima violentate, uccise, annullate.  Riconoscere e  toccare il nostro letame.  Perché diventi concime e possa nutrire e dare vigore e forza, slancio, spinta, vita.

È il tempo di irrorare e lavare le zolle dell’anima,  con l’acqua il sangue che escono dal costato di Gesù sulla croce.  Con lo Spirito Santo di Dio che sgorga dal cuore del Figlio di Dio,  dal suo cuore ferito e aperto per noi, verso di noi.  Irrorarle e lavarle nello Spirito Santo, con la confessione e con la comunione.

È il tempo di far risorgere l’albero, che si era seccato. Così porterà frutti,  frutti buoni, i frutti di Dio, le opere di Dio.

E non sarà più tagliato.  E  vivrà per sempre, rigoglioso, maestoso, fiero,  dignitoso e vero.

 

 

 

La catechesi degli adulti

Catechesi degli adulti.

   gli apostoli

Un gruppo.

 Gesù si incontra in modo profondo e personale con ognuno, ma poi è necessario un cammino insieme. Ha voluto lui un gruppo di apostoli, di discepoli che camminavano insieme a lui. Un gruppo che si formava con lui, piano piano. Un gruppo che capiva, sentiva, sperimentava, guardava, pregava insieme a lui. Un gruppo che lo seguiva, lo ascoltava, imparava da lui. Un gruppo che aveva lui come modello, guida, riferimento, centro. Un gruppo che insieme a lui realizzava il progetto di Dio.

Un gruppo che formava una nuova famiglia. Una famiglia non di sangue o di carne. Una famiglia unita nello spirito Santo. Una famiglia nuova, dove tutti sono fratelli, dove tutti sono figli del Padre nei cieli.

Gesù ha fatto queste cose, ci ha insegnato cosa fare e come fare, perché le facessimo anche noi. La catechesi è quindi un cammino insieme. E’ un percorso in cui si cerca di capire, ma ancor più di sentire e di vivere, in cui si sperimenta  il Signore. Insieme. Perché il Signore è presente quando due o più si riuniscono nel suo nome.

 

Un luogo.

 Si propone un’esperienza, chi vuole, la fa. Si annuncia una occasione nuova, un luogo nuovo, un posto, scelto, voluto, deciso dalla parrocchia, nella parrocchia,   della parrocchia. 

 

Un centro.

Un cerchio perché al centro c’è la cosa più importante, quello che  unisce: il Signore. C’è Dio, la SS. Trinità. C’è  il Padre che ci ama, c’è Gesù che ci guida,  e lo Spirito Santo che ci illumina, che ci spiega, che ci fa comprendere, che ci guida. La Santissima Trinità al centro, prima di tutto, nonostante tutto, sopra a tutto.

 

Come Gesù.

 Come Gesù, anche tutti noi  dobbiamo scendere. Scendere dall’alto della nostra presunzione. Scendere dall’idea di capire tutto tuo, di sapere tutto, di non avere da imparare nulla. Scendere dall’alto della nostra cattedra. E come Gesù dobbiamo entrare nella piccolezza, nella povertà, nella semplicità, nell’umiltà.  Perché lui è lì,  e solo lì lo troviamo,  solo così lo annunciamo.

 Non andiamo nel gruppo con il nostro programma, con la nostra bella lezione, con le nostre belle parole pronte, copiate, impostate da altri, pensate da altri. Non preoccupiamoci di dire il meglio, il tutto, il perfetto, il preciso. Non concentriamoci sulla nostra prestazione, non ricerchiamo la nostra esibizione.

 

  Modalità che il gruppo può scegliere di volta in volta, o una dopo l’altra  o  in modo sistematico:

  1. Dalla vita al Vangelo.
  2. Dal Vangelo alla vita.
  3. Contenuti della fede per la vita.

 

Dalla vita al Vangelo

Dalla vita al Vangelo.

Partiamo dalla vita di tutti giorni e cerchiamo la risposta in Dio e nel Vangelo. 

 

Gesù guarda.

Come Gesù, guardiamo l’altro. Ascoltiamo l’altro prima di tutto. Non dopo, non alla fine, non solo per le domande. Ascoltiamolo dall’inizio. Apriamo il nostro cuore veramente all’altro, come farebbe Gesù. Per accoglierlo, per prenderne parte, per partecipare della vita dell’altro. Non è un estraneo. È un fratello, fa parte della nostra nuova famiglia, della famiglia di Dio.

Guardare significa prendere coscienza, vedere, mettere a fuoco che cosa ci succede,  cosa ci manca. Come il cieco di Gerico,  a cui manca la luce,  che si sente isolato, abbandonato, mendicante.

–        Si chiede quindi:  Che cosa hai? Che cosa succede? Cosa ti acceca? Cosa ti leva la luce? Cosa ti ha fatto diventare cieco il cuore? Cosa hai sentito, che ti ha fatto diventare sordo il cuore? Che cosa ti ha paralizzato, impedito, bloccato, chiuso, imprigionato?  Cosa ti ha inaridito il cuore, seccato il cuore, impietrito  il cuore?

  • Ognuno può parlare,  solo se vuole. Può parlare della propria ferita, della propria fatica, di quello che chiude il cuore.
  • Oppure si può parlare di una difficoltà comune. Di un fatto accaduto, che ha disorientato. Di fatti che mettono in crisi la coscienza. Di ciò che mette in crisi la vita di tutti giorni e il modo di viverla.  Di  aspetti concreti difficili da vivere,  difficili da capire, difficili da gestire.

Dopo,  il gruppo sceglie  l’argomento  o  il fatto  che ha più colpito,  più intenso o più urgente. Su quell’argomento si apre una discussione comune. Ci si confronta. Ci si scambia il cuore, ci si scalda il cuore. Si scambiano le parole, le emozioni. Si rimane, si vive la propria precarietà,  la propria debolezza, la propria limitatezza. Perché nella povertà, nella umiltà, nella semplicità, nella piccolezza, entra Gesù. È  ai piccoli che il padre rivela le cose di Dio.

Bisogna ascoltarsi, perché ogni storia, ogni fatto, ogni persona assomiglia a  una parte di noi. Ascoltare l’altro significa ascoltare parti di noi.  Conoscere l’altro significa conoscere parti di noi.  Rispettare e accettare l’altro significa, rispettare e accettare parti di noi.  Nessuno deve dare  giudizi, o condanne,  o  risposte morali. Perché la risposta deve venire da Gesù, dal Vangelo. Deve nascere, crescere dentro la persona, dentro il gruppo che sta riflettendo. Un po’ come gli apostoli quando parlavano tra di loro e poi arrivava Gesù.

 

Gesù parla.

 Si  leggono le letture e il Vangelo della domenica successiva e  si ascolta quello che il Signore dice. A volte, in modo inaspettato,  imprevisto, il Signore da la risposta giusta a quell’argomento,  la risposta vera, che aiuta a capire il senso, il perché, la strada da percorrere.   Con l’aiuto del sacerdote e del consacrato, si possono trovare le parti del Vangelo che riguardano quell’argomento, e si leggono insieme. Si cerca di capire in che contesto sono poste, a cosa si collegano, cosa significano, cosa indicano. Si cerca di avere la prospettiva di Dio. La parola di Dio su quell’argomento. Perché è quella che conta più di tutto.  La presenza del sacerdote del consacrato, servono a guidare, a garantire  l’interpretazione  giusta del Vangelo   per la vita.

Poi su questa parola si continua la discussione. Alla luce di questa nuova ottica, di questa nuova impostazione, si rivede tutto quello che è stato detto. Si ripensa  alle emozioni e si rivivono in modo nuovo. Si cerca quindi di dare insieme una risposta alla luce di Gesù.  Alla luce della parola di Dio attraverso la parola di Dio, nella parola di Dio, con la parola di Dio.  In  Dio.

Si uscirà dal gruppo come persone nuove, persone unite, persone rigenerate. La propria fatica, e  proprio dolore, non sarà più come prima, sarà cambiato. Non solo perché condiviso, ma perché è stato toccato dal Signore.

Quando si torna  a casa,  si può  continuare a sentire e  a vivere quella domanda, quell’esperienza, quel dolore. Sentirlo, significa accoglierlo, contenerlo, abbracciarlo con il proprio cuore. A casa  si possono andare a cercare altre parti del Vangelo che riguardano quell’argomento, con gli amici o in internet.  Oppure  leggere il Vangelo del giorno.  Si può andare davanti all’Eucarestia a portare quel dolore, a viverlo con Dio, in Dio.  Si può  continuare a capire, sentire, approfondire per poi riportare nel gruppo l’esperienza fatta.

 

 

Dal Vangelo alla vita

Dal Vangelo alla vita.

  Il Vangelo come scuola di vita,  il Vangelo per la vita.

 

La parola di Dio.

Si legge il Vangelo della domenica successiva e  anche le due letture che servono a presentarlo, a centrarlo, a coronarlo.  Si seguono  con dei foglietti per avere le parole davanti, per poterle tenere presenti.

 Si ascolta con gli orecchi e con la mente, ma ancor più con il cuore. Si apre il cuore e l’anima per far entrare la parola di Dio. Si apre il cuore l’anima per far entrare lo Spirito Santo che anima la parola, che la riempie di Dio, che la spiega, la illumina, la alimenta, la vivifica. Lo Spirito Santo che la adatta al nostro cuore, alla nostra storia, alla nostra situazione concreta. Ognuno di noi la ascolterà nella propria lingua del cuore.

 

Cosa fa.

Quindi il Vangelo all’inizio, al centro, ma ancor più Gesù al centro.  Come Persona, come Parola vivente di Dio. Gesù è il Maestro, ci insegna come vivere la nostra vita. Gesù è il metodo, ci dimostra con il suo esempio come vivere la nostra vita.

Nel Vangelo che leggiamo evidenziamo ogni volta quello che Gesù fa.

  • Gesù non si fa grande, potente, imperante. Gesù si fa piccolo, povero, umile.
  • Gesù non  ama  i soldi, non cerca i potenti. Gesù cerca e ama  i poveri, i semplici, gli umili, i malati.
  • Gesù non dipende dal mondo, non appartiene al mondo. Gesù appartiene a Dio, al Padre.
  • Gesù non giudica, non condanna, non odia. Gesù comprende, consola, perdona.
  • Gesù non ferisce, non uccide, non tradisce. Gesù è fedele,  è mite  e salva.
  • Gesù non fa quello che gli conviene, fa solo la volontà del Padre.

 Facciamolo anche noi, veramente e concretamente. Facciamolo con lui. Facciamolo in lui.

 

Come lo fa.

Nel Vangelo che leggiamo, Gesù in ogni fatto ci da un insegnamento profondo. Mettiamo in evidenza, quale. Tutto è un indizio, tutto è un segnale, cosa dice, come lo dice, cosa fa, come lo fa, quando lo fa, dove lo fa, perché lo fa.

Per esempio: nell’adultera. I farisei tirano le pietre, come il loro cuore. Hanno il dito puntato contro Dio e contro i fratelli. Gesù punta il dito per terra verso il basso, per indicare l’umiltà. Scrive per terra, scrive nel cuore della donna la nuova legge dell’amore. Nel tempio, perché è un fatto sacro. Nel silenzio, senza parole, perché è un momento forte e intenso che non si può dire. Si abbassa al livello dell’altra, scende, si china a livello dell’altra, per guardarla negli occhi. Gli parla, gli fa una domanda. Non sentenzia, chiede. Perché aspetta che l’altra si renda conto, prenda coscienza, aspetta che l’altra risponda. Aspetta che l’altra scelga.  Entra in un rapporto vero, unico, profondo. Non condanna ma ricuce, riunisce i pezzi del cuore. Perdona e risana l’anima. È venuto a salvare.

La modalità che Gesù usa è il metodo con cui entra in relazione anche con  noi, con cui può incontrarsi  anche con noi. Ce lo indica, ce lo propone, ce lo presenta, ce lo offre.

 

Per chi lo fa.

Nel Vangelo che leggiamo, non pensiamo che i fatti raccontati riguardano solo le persone del tempo, persone estranee a noi. Non pensiamo che non riguardino noi. Ogni personaggio di un fatto o di una parabola, può rappresentare una parte di noi. Ci siamo noi dentro. Ci riguarda in profondità.

Quando parla a loro, parla a parti di noi, quando incontra loro, incontra parti di noi. Parti di noi che assomigliano al livello del cuore e dell’anima quei personaggi.

Siamo noi il cieco che ha perso la luce, che vive nel buio, nelle tenebre, e mendica l’attenzione. Il sordo che non sente il richiamo di Dio. L’adultera che ha tradito il suo Dio, con altri dei. Il fariseo potente, superbo, ostinato, chiuso, con il cuore di pietra. Lo scriba che usa le regole e le leggi rigide per dominare gli altri. Il malato che ha bisogno di essere guarito. Il paralitico bloccato e irrigidito. Giuda che lo tradisce, il Cireneo che è chiamato portare la sua croce. Siamo noi che lo uccidiamo, lo eliminiamo, perché ci impedisce di essere noi gli unici e i soli dei.

Parti di noi dimenticate, ignorate, nascoste, segrete. Parti di noi mascherate, evitate, negate.

Nel Vangelo Gesù parla a noi. Quella parte del Vangelo ci riguarda in profondità. Lasciamo che Gesù entri a incontrare quelle parti di noi. Viviamo quell’incontro come il nostro, un incontro vero, vivo. Viviamolo fino in fondo.

 

Dalla parte di Gesù.

Nel Vangelo che leggiamo, mettiamoci dalla parte di Gesù. Facciamo attenzione al suo modo di fare, a come si pone davanti all’altro.

Lo sguardo, attento, profondo, sincero. L’ascolto, il silenzio, l’attesa, la domanda. Il rispetto, l’attenzione, la ricerca. Andare incontro, chiamare, accogliere, comprendere, consolare, amare.

Cominciamo a guardare la nostra vita con lo sguardo di Gesù. Cominciamo a guardare le nostre cose, con lo sguardo di Gesù, con l’ottica di Gesù, con la prospettiva di Gesù. Cominciamo a vivere la nostra vita con il suo cuore. Lui viene in noi nell’eucarestia e può viverla con noi e in noi.

Lasciamo  che avvenga in noi, quello che è avvenuto in quel Vangelo. Allora quel Vangelo diventa vita.

 

La pietra miliare.

Vediamo ogni Vangelo che ascoltiamo,  come una tappa dell’insegnamento di Gesù. Una tappa verso la realizzazione del progetto di salvezza del Padre. Disegniamo il progetto di salvezza nel suo complesso e segniamo le tappe.

Segniamo anche le tappe del nostro percorso e del nostro cammino e le pietre miliari del progetto di salvezza che il Padre ha realizzato in ognuno di noi. Facciamo memoria in uno scritto, in un diario, in un disegno.

 

 

I contenuti della fede

I contenuti della fede.

Dubbi  sulla fede. 

Non è possibile vivere la fede, basandosi su un catechismo imparato da bambini. Da adulti si ha un altro modo di vedere, di sentire, di concepire le cose. La vita stessa mette alla prova, mette in crisi, demolisce, nega, quello che è stato imparato.  Non è possibile  continuare a vivere la fede in modo automatico, incosciente, basandosi su abitudini, regole, norme, riti. È importante rivedere la fede in modo maturo, sceglierla in modo libero, viverla in modo responsabile.

 Per prima cosa bisogna sgombrare il campo dai dubbi sulla fede,  quelli veri, quelli che sono in fondo al cuore, che non si è mai avuto il coraggio di dire. Quelli che disorientano, quelli che non fanno sentire, non fanno capire. Quelli che chiudono il cuore alla parola di Dio. Quelli che ci fanno sopportare la parola di Dio, ma non la fanno entrare veramente. Quelli che ci portano via la parola di Dio, dopo che l’abbiamo sentita. Quelli che impediscono di avvicinarsi alla parola di Dio. Quelli che rifiutano la parola di Dio.

  • Che cosa è un Dio? Cosa ci faccio?
  • Esiste veramente Dio?
  • Chi è Dio?
  • Perché Dio fa soffrire?
  • Perché Dio ha fatto morire un mio caro?
  • Che c’entra Dio con la mia vita?
  • Non basto io?
  • Non mi basta viverlo nel cuore?

Prima si deve mettere a fuoco l’argomento. Poi insieme si cerca una risposta. Con l’aiuto del Vangelo, della Bibbia, con la parola rivelata, perché solo un Dio può parlare di  un  Dio. Il sacerdote e il consacrato possono aiutare a trovare degli spunti, dei riferimenti, delle riflessioni.  

 È  fondamentale affrontare questi argomenti con lo Spirito Santo. Mettere lo Spirito Santo al centro, prima, sopra a tutto. Far passare prima lui, delle nostre parole. Far sentire prima lui, delle nostre parole. Lasciare che sia lui a dirci le parole giuste, lasciare che sia lui a parlare per noi,  in noi,  con noi.  Senza lo Spirito Santo, ogni risposta, ogni spiegazione, è vuota, anonima, sterile. Con lo spirito Santo diventa feconda, piena, divina.

 Poi è importante il cuore. Se l’altro si sente veramente accettato, accolto, considerato, rispettato, accolto, allora accoglie anche la parola.

Poi bisogna usare il metodo di Gesù. Lui parlava al cuore e lo faceva in modo semplice, chiaro, sintetico, pratico. Usava le parole, gli esempi, i fatti. Così dobbiamo fare noi. Evitare parole difficili, complesse, e estranee. Usare solo parole semplici, comuni, conosciute, anche in dialetto. Usare immagini, esempi concreti, fatti, analogie, rappresentazioni  prese dall’esperienza, dalla vita di tutti giorni, dalla natura.

Far venire dal cuore l’emozione cercare di rappresentarla in modo concreto e pratico, come fa un papà con un bambino piccolo. Il padre, se lo vuole aiutare, deve usare il suo linguaggio. Gli fa degli  esempi che lui può capire, gli fa dei disegni, glielo indica, glielo ricorda,  lo ripete. Lo fa con amore, lo fa con rispetto, lo fa con passione. Lo accompagna, lo sostiene, lo incoraggia.  Lo aiuta senza sostituirsi a lui.  Aspetta che ci arrivi da solo, perché è una conquista sua, perché solo così la sua risposta diventa autentica e vera.   Perché il Signore vuole una risposta autentica e  vera.

 

I contenuti della fede.

Dopo  aver ripulito la stanza dai dubbi, è importante fare ordine e mettere le cose al loro posto.  È fondamentale  capire bene   tutte le verità teologali, tutti i contenuti di fede e la loro  importanza. Rivederli insieme, approfondirli insieme in modo nuovo, in modo maturo, in modo completo con l’aiuto  fondamentale del sacerdote. Per esempio, dobbiamo capire bene che cosa è:

  • la Trinità. Il Padre, Il Figlio e lo Spirito Santo.
  • il progetto di salvezza di Dio
  • l’Eucaristia
  • la Messa
  • La confessione
  • il peccato
  • i sacramenti
  • il battesimo
  • la cresima
  • il matrimonio
  • l’ordine
  • l’unzione degli infermi
  • i sacramentali
  • consacrazione

 È fondamentale sapere:   che cosa succede nella Messa.  Che  il pane e il vino  diventano veramente nella sostanza  la carne e il sangue di Gesù. Che avviene per opera dello Spirito Santo, questo fatto straordinario.  Il piano di salvezza di Dio Padre nel suo complesso, per poter capire il senso del peccato. L’importanza dell’incarnazione del Figlio di Dio,  e della  Pasqua, l’Ascensione e  la Pentecoste.  La sacralità dei sacramenti.  Imparare a guardare in prospettiva, verso l’eternità, dalla parte dell’eternità. Imparare a vedere le cose nella loro dimensione vera,  dalla parte dell’eternità.

È un’emergenza educativa parlare di Dio, riportare Dio all’uomo. Perché senza Dio, l’uomo è disorientato, disperso, disperato, privato dello scopo, del significato, della sua origine, della sua meta.

Ma l’evangelizzazione è un’emergenza spirituale. È il mandato di Gesù.  E’ l’annuncio:  Il Figlio di Dio è  venuto  per salvarti, ha vinto il  male e la morte ed è risorto per farti risorgere con Lui, in Lui e per Lui.  Ti  ha  aperto  le porte dei cieli per  riportarti al Padre.  È il progetto del Padre.

È lo Spirito Santo che  si espande, si diffonde, parla ai cuori,  alle menti, di Dio.  Rivela Dio , fa sentire Dio,  fa sperimentare Dio.   Ti dona  Dio.  E  Dio è tutto.   

 

 

 

La catechesi dei giovani

La catechesi dei giovani.

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I giovani  vanno considerati come adulti. Capaci di comprensione, scelta e responsabilità.  Quindi  la catechesi dei giovani può essere impostata come quella degli adulti,   con un sacerdote e un consacrato che li seguono. ( vedi: articolo:  La catechesi degli adulti ) . Con alcune variabili e aggiunte:

 

  • Il luogo.

Sarebbe meglio un posto specifico. Un locale adatto per loro, un posto dove potersi incontrare. Dove  potersi incontrare e parlare ancora, dove poter realizzare insieme delle attività creative, dove poter vivere insieme l’amicizia nel Signore, con il Signore. Quindi si può  fare  un piccolo angolo.  Un angolo di libri e di riviste di tipo spirituale. Un angolo con del materiale per dipingere, disegnare e suonare,  e  strumenti musicali.  Per favorire  l’incontro spontaneo, genuino, semplice, vero e lo scambio di emozioni e relazioni  vere.  Un posto dove poter appoggiare o attaccare sui muri i lavori che sono stati fatti e le foto del  gruppo.

 

  • Il gruppo.

La fede non è solo “io credo”, ma anche “noi crediamo”. Condivisione, cammino con i fratelli. Un cammino insieme con i fratelli. Per i giovani, il  gruppo è centrale, è fondamentale. E’ il posto dove si confrontano, si alleano, ricercano la propria identità. Sentono il gruppo e vivono il gruppo come un cuore solo e un’anima sola. Per questo è importante trattarlo come una persona sola. Aspettare che ci sia sempre un’unità, nel rispetto di tutti.  In Gesù. Come chiesa.

 

  • Il  linguaggio.  

È fondamentale adattare il nostro linguaggio al loro. Necessario prima imparare i nuovi termini. È una lingua completamente nuova per gli adulti. Anche i nuovi codici degli SMS o Internet. È fondamentale conoscere il loro modo di pensare, di sentire, di vivere, e l’unico modo è di farselo raccontare,  di impararlo da loro. Conoscere per entrare in una relazione vera, viva, concreta. Conoscere per capire, per accettare, per accogliere. È importante conoscere, ma mai diventare come loro.  Se si diventa uguali a  loro, si viene assimilati, identificati con il gruppo e salta  la relazione vera con loro.

 

Lodare con arte.

Ogni Vangelo vissuto insieme, approfondito, può diventare vita, nei giovani in modo più forte e intenso, se passa attraverso l’arte. L’elemento creativo è l’aspetto più caratteristico di questa età ed è anche l’elemento più vitale. Il Vangelo attraverso la creatività, si imprime in modo più profondo nella loro vita. Diventa il motore della loro crescita, spirituale e psicologica.

 

Il brano del Vangelo, vissuto insieme, può essere poi rappresentato con:

  • Il disegno, la pittura, la scultura.

Un cartellone, un disegno, un dipinto unico, oppure più disegni in sequenza. Rappresentando con i colori e forme nuove e originali, l’essenza, il senso, il messaggio e l’emozione di quella parte di Vangelo.  

Esempio:

  • l’incontro di Gesù con un personaggio
  • dalla parte di Gesù,  l’emozione che lui prova, quello che si sente per quel personaggio
  • dalla parte del personaggio, quello che risponde, come risponde e l’emozione che prova di fronte a Gesù
  • l’emozione che prova la persona che disegna, davanti a quell’incontro
  • l’emozione che ha trovato il gruppo davanti a quei due personaggi. Mettendo anche il gruppo nel disegno. Quindi mettendo in relazione nell’immagine, il gruppo con Gesù, facendo incontrare nell’immagine il gruppo con Gesù, con quel fatto, in quel fatto.

 

  • Il canto

Un canto  nuovo trovato, ma meglio ancora inventato dal gruppo.  Tipo gospel, che esprime la preghiera, la richiesta di quel personaggio e  di quello che rappresenta quel personaggio.

Esempio:

  • il cieco  che parla al Signore. Il cieco del cuore. Un cuore senza luce, senza colori, senza forme. Perso nel buio, perso nelle tenebre, avvolto nelle tenebre, dominato dalle tenebre. Il cieco del cuore parla a Gesù, gli apre il cuore, gli chiede di salvarlo, di liberarlo dal buio, di dargli la luce, la sua luce. Lo chiede per lui, per gli amici, per il mondo. E poi Gesù risponde. E si canta l’emozione dell’essere guarito e dell’essere salvato.
  • Il sordo.  Il cuore sordo, che non sente, che non vuole sentire. Ottuso, chiuso, assente, apatico, noncurante, indifferente. Il cuore che non vuole vibrare, non vuole risuonare, non vuole amare. 
  • il paralitico.  Il cuore bloccato,  irrigidito, imprigionato, incatenato, carcerato. 
  • Il muto.  Il cuore che non parla, che non si apre al mondo. Chiuso in se stesso, ritirato, isolato, separato.
  • Il lebbroso.  Il cuore malato, spezzato, distrutto, rovinato, sfigurato.
  • Il fariseo.   Il cuore indurito, il cuore di pietra che non si fa scalfire, che non si fa toccare, che non si fa amare.
  • Lo scriba.  Il cuore condizionato, programmato, usato, impostato, plagiato, asservito.
  • Il cuore dominato dal potere, il cuore soffocato dalla superbia, il cuore fagocitato. Invidioso, geloso di Dio, che vuole eliminare Dio.
  • Il Cireneo.   Il cuore che condivide la croce di Gesù. Che porta la croce di Gesù, per salvare sé e il mondo.
  • La Veronica.  Il cuore che ha impresso in sé il volto di Dio. Ecc.

Un canto gospel, una musica o una poesia che rappresenta  il cuore davanti  a Gesù, la sua invocazione per essere guarito, il suo grido per essere guarito, la convinzione che solo lui lo può fare.

 

  • La danza.

Una danza che rappresenta quell’invocazione, quella preghiera, quella richiesta accorata. Quel tendere le mani, quello sguardo al cielo, quel correre verso, quell’implorare con, quell’immergersi in. Una danza,  una musica che esprime il ritmo pesante, oppressivo, disordinato, caotico, dispersivo, del dolore, del buio, della mancanza di Dio. E poi, dopo la risposta di Gesù, il tono e il ritmo che piano piano diventa sempre più armonico, sempre più ordinato, dolce,  pieno di senso, di significato, di pace. Fino ad arrivare a ritmi e suoni delicati, tenerissimi e a silenzi intensi e profondi. La danza può essere accompagnata anche da luci che esprimono questi passaggi.

 

  • Poesia

Poesie che fanno parlare il cuore a Dio. Che raccontano a Dio quello che sta succedendo nel cuore. Che parlano a Dio con quel personaggio, con  quelle parole. Che lodano Dio con le parole di quel personaggio. Poesie dove l’incontro di Gesù con quel personaggio è l’incontro di Gesù con il suo cuore. Dove l’incontro di Gesù con gli apostoli o con le folle è l’incontro di Gesù con il gruppo. E l’emozione che si prova. E la lode che sgorga dal cuore.

 

  • Musica nuova.

Una musica che da sola, esprime l’intensità e la profondità e la delicatezza di quell’incontro. Da parte di Gesù e da parte degli altri. Che esprime racconta con i toni, i ritmi e l’intensità, la storia di quell’incontro, l’evolversi di quell’incontro e la conclusione di quell’incontro. Suonare direttamente la musica, inventarla insieme, scoprirla insieme, con il gruppo e con lo Spirito Santo che la ispira. Con lo Spirito Santo che  la rivela, che la guida, che la indica, che la insegna. Imparare a farsi dirigere dallo Spirito Santo, come un maestro di orchestra, che dà il tempo, il ritmo e il battito tutta la musica e a tutti quelli che la suonano e a quelli che la ascoltano.

 

  • Uno spettacolo.

Riproporre in forma teatrale quel momento, quell’incontro, inserendo le musiche inventate, le poesie trovate, i tempi, i colori, le luci, le scene, le forme, sentite, vissute dal gruppo dei giovani.

 

L’annuncio dei giovani ai giovani.

Lo Spirito Santo è passato nei cuori, è entrato nei cuori, ha parlato di Dio, ha fatto vivere, sperimentare Dio. Ha riempito il cuore di Dio. Quando il cuore è  stato riempito di Dio, Dio stesso trabocca e si manifesta anche al di fuori. Passa da quel cuore un altro cuore. Annunciare Dio, significa far passare lo Spirito Santo che è stato ricevuto. Far parlare lui  con la nostra voce, far guardare lui con i nostri occhi, far amare lui con il nostro cuore, l’altro, il fratello, l’amico.

Annunciare con la propria vita gli altri amici, agli altri giovani della parrocchia. Annunciare anche con il loro linguaggio, con l’arte.  Annunciare e pregare  come Davide.  “Lodatelo con squilli di tromba, lodatelo con arpa e cetra; lodatelo con timpani e danze, lodatelo sulle corde e sui flauti”. (Salmo 150, 3-4) .   Con:

  • Mostre.  

Mostra dei disegni, dipinti, sculture, fatti dal gruppo, mettendo sempre in primo piano le parole di Vangelo che l’hanno ispirato.  Mostra delle poesie del gruppo. Recita delle poesie  rivolte a Dio  anche di autori famosi, di santi. Mostra delle foto, fatte dai ragazzi, che rappresentano le parti del Vangelo collegate con la vita di tutti giorni.

 

  • Proiezioni.  

Proiettare foto che rappresentano le meraviglie di Dio, che fanno pensare a Dio. Presentazioni in diapositive, di panorami e di argomenti e di contenuti profondi che fanno pensare a Dio. Filmati fatti dai ragazzi che rappresentano la vita comune dei giovani di quel paese, della gente di quel paese, correlata alla parte del Vangelo. Filmini che rappresentano aspetti positivi della vita, valori, scelte, azioni coraggiose. Che mettono in luce che fanno vedere, che parlano del bene che c’è, anche nella vita comune. Fatti di amicizia, di amore, di donazione, di coraggio, di servizio, di perdono.  Proiezioni di film che parlano di Dio. Che parlano dei giovani e della spiritualità. Film della vita dei santi come esempi concreti di vita piena di Dio.  Poi cineforum. Discutere insieme, parlare insieme di quell’argomento. Imparare a parlare dal vivo, con la gioia di guardarsi in volto, di confrontarsi, di scambiarsi le idee, i dubbi, le opinioni. Per crescere insieme anche con gli altri giovani della parrocchia o della città. Per passare a loro, per condividere con loro, il tesoro, la perla preziosa del Regno di Dio, che è stata trovata.

 

  • Teatro.  

Una rappresentazione teatrale di alcuni fatti o passi del Vangelo. Rappresentare l’incontro con Gesù, i sentimenti, le emozioni, le parole, i fatti,  anche interni, anche personali e anche del gruppo.

 

  • Musical.  

Musical con canti, musiche e danze che rappresentano l’incontro del cuore con Dio, che cantano l’incontro del cuore con Dio, che danzano la lode a Dio. Che esprimono con il corpo la tensione, il desiderio, il bisogno di Dio. Il dolore per la mancanza di Dio. La tenerezza e l’amore di Dio che viene incontro a salvare. La gioia per l’incontro e per la salvezza. Danzare la felicità per aver incontrato Dio. Danzare cantare e gridare a tutto il mondo l’Amore di Dio. Parlare con i canti e le danze a tutto il mondo, di Dio. Portare a tutto il mondo Dio. E portare il mondo a  Lui. Per salvarlo con Lui e  in Lui.

 

 

 

 

La Trasfigurazione

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.  Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.  Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.  Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

 

Quando hai paura,  quando sei triste,  quando pensi che il mondo è pieno di tenebre,  quando le tenebre ti stanno prendendo il cuore,  lo stanno coprendo, schiacciando, opprimendo.  Guarda quella luce.  Fatti inondare anche tu da quella luce.  Svegliati anche tu e contempla quella luce.

È Gesù che sta pregando con il Padre.  È Gesù unito al Padre.  È Dio che si manifesta nella sua gloria.  E in sé,  nella luce e nella gloria,  ha portato la tua umanità,  la tua fatica,  la tua disperazione,  il tuo dolore, il tuo esodo.  Lo rappresenta lì davanti al Padre, lo presenta li al Padre.

Fatti prendere da quella luce e fatti prendere,  toccare dalla sua gloria.  Allora riuscirai a vedere anche i due testimoni.  I profeti.  Quelli che lo hanno annunciato da prima, quelli che lo hanno testimoniato da prima. Quelli che sono stati, da prima,  dentro alla gloria di Dio.

Allora verrà Dio.  Verrà come una nube.  Scenderà sul Figlio e anche su di te.  Ti coprirà e ti farà entrare in sé, nella sua gloria.  Allora sentirai la voce del Padre.  Il Padre che si manifesta come Padre e ti annuncia che quello è suo Figlio.  È solo allora che sentirai, proverai, gusterai  la dolcezza di quella rivelazione.  Il Figlio di Dio è con te,  vicino a te,  per te.   Il Figlio di Dio.  Una parte di Dio.  Dio stesso.  La parte visibile del Dio invisibile.  L’Amore diventato Persona.

Diventato Persona per dirti cosa fare, per dirti come fare,  per diventare Lui la strada, e la porta,  per tornare al Padre e a Dio.

Ascoltalo.   Ascolta Lui.  Segui Lui.  Imita Lui.  Cerca Lui.  Scegli Lui.

Ama  Lui.

 

 

 

Le tentazioni

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».  Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».  Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Gesù era ripieno dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è Dio stesso. Era ripieno di Dio. Lo Spirito Santo lo porta nel deserto. Quando c’è Dio veramente, ti ritrovi nel deserto del mondo, nel posto dove il mondo non domina, non predomina, non invade.

Nel deserto c’è il diavolo, il male in persona.  È colui che invidia Dio, che non sopporta che sia più di lui. È  lì per separarti da Dio, per farti come lui.  Lì nel deserto  ti tenta. Tocca i tasti deboli, stonati, tocca le parti di te più profonde, più viscerali, più potenti.  E’ lì per tentare anche Gesù,  ma  il Figlio di Dio  lo vince e  ti insegna come affrontarlo e cosa fare.

1° tentazione.  Il male aspetta che tu hai fame. Hai bisogno e ti mette alla prova.  Ti dice:  Vedi, il pane, questa è l’essenza, l’unica cosa che può soddisfarti, quello che conta più di tutto. Mettilo al centro del tuo mondo, smetti di pensare a Dio. Fai delle cose concrete, materiali, il tuo cibo, il tuo unico cibo.

Gesù ti dice: Non di solo pane vivrà l’uomo.  Non basta il pane. Non è il pane che ti da la vita vera. Non è il pane che ti ha creato. Non è il pane che ti ama. Non è il pane che ti  salva per l’eternità. Dio è al centro, Dio è il centro. Dio è il cibo di cui nutrirsi, come il pane.

2° tentazione. Il potere e la gloria.  Essere superiore a tutti, agli altri. Dominare gli altri. Essere il padrone degli altri. Nella gloria, osannato, applaudito, ricercato da tutti, sopra tutti, oltre a tutti, nonostante tutti. Il  potere assoluto. Ma il diavolo, il male in persona, è anche l’ingannatore. Colui che ti inganna, ti imbroglia, ti fa credere quello che non è vero, ti dice cose false. È la falsità in persona, perché è il contrario della verità. Perché rifiuta la Verità.  Quindi ti fa credere che tutto il potere è suo e  lo dà a chi vuole lui.  Se tu lo adori.

Se tu lo adori, adori un potere basato sulla falsità. Un potere basato sull’inganno, sull’imbroglio. Basato sul male. Se lo adori, se ti inginocchi davanti a questo potere, se ti prostri, ti abbandoni a questo potere, se ti metti nelle mani di questo potere, avrai tutto, tutto il male. Stai  adorando il male. Stai adorando il nemico di Dio. Stai  tradendo Dio. Il male ti ha separato da Dio e ora  è lui che  ha il potere su di te.

Gesù ti dice cosa fare.  Inginocchiati  solo davanti a Dio. Prostrati, abbandonati solo ai piedi di Dio. Rendi culto, osanna, glorifica, esalta, solo il tuo Dio. Adora, canta, loda, solo il tuo Dio. E solo Lui.

3°  tentazione. Nuovo inganno. Il male ti dice:  Se non sono riuscito a farti adorare me, allora adora te. Se non vuoi prendere me come Dio, prendi  te, come Dio.

Gettati dall’alto e fai vedere a tutti che sei Dio. Che non ti succede niente. Che sei superiore all’uomo. Che sei superiore alle forze umane, alle tue forze. Buttati, così  obblighi Dio a salvarti, obblighi Dio a intervenire. Così si vede che anche Dio è costretto a fare quello che tu vuoi. Che anche Dio è al tuo servizio.

Ti fa credere che è parola di Dio. Ti fa credere che così lo manifesti, lo rendi visibile, lo  esalti, lo proclami. Che quindi sei un bravo cristiano. Un uomo di fede. Invece è riuscito a farti usare Dio, a strumentalizzare Dio. È riuscito a farti diventare il padrone di Dio, il signore di Dio.  Ti ha fatto negare Dio. Ti ha fatto manipolare Dio. Ti ha fatto crocifiggere Dio, un’altra volta.

Gesù te lo dice. Il Signore non può essere messo alla prova, non può essere comandato. Non può essere obbligato a manifestarsi per forza, perché tu lo decidi, perché tu lo vuoi.  Va rispettata la Sua volontà. È Lui il Signore.

Riconosci Lui come il Signore, se riconosci i tuoi limiti, i tuoi confini. Se riconosci la tua precarietà, la tua povertà, la tua umanità. Se riconosci la tua fatica, la tua debolezza, la tua fragilità.

Allora si manifesta Dio.