Osanna

In quel tempo, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme. Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”». Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?». Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».  Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:  «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre». 

 

Se vuoi entrare nella città Santa, nella città di Dio, in Gerusalemme, se vuoi entrare nella passione e nella resurrezione, devi entrare come Gesù. A cavallo di un asino.  Quell’asino rappresenta l’umiltà. Gesù sta cavalcando l’umiltà, la semplicità. La povertà.  È quella umiltà   il trono della sua regalità. È quella povertà, la forza della sua regalità. È quella semplicità, la ricchezza della sua regalità.

Gesù ti dice come fare,  vai a cercarla. Vai a cercare una umiltà  vera, quella che ti apre  all’altro, che ti abbassa al livello dell’altro. L’umiltà vera che ti fa perdonare l’altro e anche te stesso.

Vai a cercarla dove ti indica Lui, vai a trovare quello che ti indica lui. Una povertà,  una semplicità, una umiltà, sulla quale non è mai salito nessuno.  Non  usata, non dominata, non soggiogata a nessuno.  Una umiltà che devi slegare da tutto ciò che la blocca, che devi liberare da tutto ciò che la incatena.  E la devi portare al Signore, la devi mettere nelle sue mani.

Si, perché il Signore ne ha bisogno. Il Signore ha bisogno della tua umiltà, della tua povertà, del tuo niente. Ha bisogno della tua precarietà, della tua fatica, del tuo dolore, della tua malattia. Ne ha bisogno perché senza di quella, non passa,  non entra nella tua vita e non entra nella vita degli altri. Senza di quella,  gli altri non lo riconoscono e non lo possono lodare.

Quando la trovi, getta il tuo mantello sopra a quella umiltà del cuore, punta tutto su quella umiltà del cuore, perché possa portare il Signore.

Ecco, allora,  il Signore entra, inizia, viene a salvarti. Entra in Gerusalemme, nella sua passione e nella tua passione. Viene a realizzare il progetto di Dio di ricongiungere  con la sua croce la terra con il cielo.

Allora anche tu, di fronte a Lui, esulta, canta, danza, loda, benedici Colui che viene nel nome del Signore, il Benedetto di Dio, il Figlio di Dio.

Di fronte a  Lui  tutto il creato, i fiori, le piante, e i rami frondosi, ondeggiano  e anche le pietre gridano di gioia.  Tutto quello che è intorno,  grida di gioia,  pulsa, vibra,  risuona,  si espande,  si eleva,  si  innalza  verso Dio.

Tutto il creato, la terra e il cielo insieme, canta e grida di gioia, per la gioia, nella gioia di Dio.

Perché sta per essere liberato.

 

 

L’adultera

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.  Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.  Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.  Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

 

Sono lì a puntare il dito contro Gesù. Lo hanno giudicato, accusato e condannato e usano un’adultera. Gliela scagliano contro come un oggetto, come una pietra, per fargli male, per eliminarlo. Sono lì, con il dito puntato contro  di Lui e contro di lei. Il peccato lo hanno dentro e non si rendono conto. Non si rendono conto che quella adultera sono loro, è una parte di loro. Una parte che si è separata da Dio, che si è data ad altri dèi , venduta ad altri dèi, che ama altri dèi. Una parte che ha tradito l’amore di Dio. Ecco il peccato.

Il peccato che ha fatto diventare duro il cuore, come una pietra. Ora quella pietra, quel peccato, lo vogliono scagliare contro un altro, buttarlo addosso a  un altro, farlo diventare di un altro. Se ne vogliono separare, allontanare, lo vogliono eliminare, tirandolo addosso a una donna, per lapidarla, per uccidere anche il suo cuore.  In nome della  legge,  che hanno fatto diventare più importante di Dio, la legge sopra a Dio, la legge al posto di Dio.

Gesù  risponde con un gesto. Si abbassa e punta il dito contro la terra.  Il loro dito, puntato in alto, contro Dio, contro l’altro, deve essere riportato in basso, verso la terra. Deve tornare a contatto con la terra, con la parte più bassa, più semplice, più umana. Con la terra che è la parte più umile. Scendere dall’alto, dagli scranni, dai troni del comando, del dominio degli altri, dai troni del giudizio, della condanna. Scendere e abbassarsi e toccare la terra. Ma non hanno capito.

Allora Gesù glielo dice: ‘Chi è senza peccato, scagli la prima pietra.’ Quel dito puntato verso l’altro, verso fuori, deve essere rivolto dentro. Perché è da dentro che nasce il problema. Il peccato è dentro. Dentro è l’adulterio.  Guarda dentro di te e trova il peccato. Ecco la confessione.

È il primo momento per ricevere la misericordia. Guardare dentro di sé e riconoscere il proprio peccato, la propria infedeltà, la propria fragilità, la propria pietra.  Secondo momento. Riconosciuta la pietra come propria, non scagliarla più contro gli altri, non fare più in modo che faccia male agli altri, non fare più in modo che faccia morire gli altri. Non fare più in modo che faccia morire anche te. E lasciarla andare, lasciarla cadere per terra,  lasciare che vada via dal tuo cuore.

Terzo momento. Quando sono andati via i farisei, quando sono andate via le regole, il potere, il giudizio, la condanna, le pietre, allora c’è l’incontro con il Signore. L’incontro personale con Dio, l’incontro a tu per tu.  Ecco la misericordia di Dio nella confessione.

Sei li, per terra, come l’adultera, nella tua infedeltà manifestata, riconosciuta, ferita. Gesù è lì, davanti a te, abbassato, al tuo stesso livello. Per venirti a prendere, per accoglierti, per guardarti negli occhi. È abbassato e scrive per terra. Indirizza di nuovo il suo dito per terra. Con il suo dito, con il dito di Dio, scrive sulla terra. Sta scrivendo sul tuo cuore. Sta incidendo sul tuo cuore la sua parola divina, misteriosa, segreta, personale. Sta segnando il suo sigillo nel tuo cuore.

Tu te lo  senti toccare, il cuore.  Senti che sta scrivendo sopra con il fuoco dello Spirito Santo.  Senti che sta incidendo il suo volto nel tuo cuore.

È Lui che opera il cambiamento, è Lui che agisce nel segreto.  È la sua grazia che diventa misericordia.  È il suo cuore che si incontra con il tuo. Ora sei con Dio.  Ora sei in Dio.  Non sei più adultera, non  sei più separata da Dio.  Sei  perdonata,  sei  guarita, sei  salvata.

Anche gli altri non ti condannano più. Vedi, gli altri sono come te. Non sei l’unica a peccare. Non ti condannare nemmeno tu, non ti punire. Non ti chiudere, non morire.

Va e non peccare più. Hai  incontrato il cuore di Dio.  Un Dio che non condanna, ma protegge, cura, risana, guarisce, sostiene, ama.

Solo nelle sue braccia, lo puoi sperimentare.

 

 

 

Il figlio ritrovato

In quel tempo, si avvicinavano Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».  Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

 

Ecco due modi di pensare e di convertirsi. Sono due strade, due modi di porsi di fronte a Dio. Quale dei due figli di sei? Quale delle due strade stai  percorrendo?

Nella prima, del figlio minore, sei attratto dal denaro e ti concentri sul possesso. Pensi che quello che hai, sia tuo,  e ti spetta. Non lo riconosci come dono del Padre. Lo fai tuo e lo separi dal Padre. Tu stesso ti separi dal Padre. Te ne vai. Pensi di poter fare a meno di Lui. Ti allontani e vai per strade lontane, ignote, estranee, vuote. Là vivi  e consumi tutto quello che sei, tutto quello che hai.  Ti fai prendere il cuore, ti fai rubare il cuore. Non sei più  tu. Ti sei perso.

Ti accorgi allora che intorno c’è una carestia, una mancanza, una povertà dello spirito. Un freddo che è arrivato al midollo, una aridità che è arrivata all’anima. Ti si è seccato il cuore. Allora vai  dagli altri a mendicare l’amore, l’attenzione, a elemosinare un po’ di calore, di considerazione. A chiedere il pane. Ti vendi. Ti ritrovi allora in mezzo ai porci. Ti accorgi che hai gettato le tue perle ai porci. Ti accorgi di fare come loro. Di nutrirti del loro stesso cibo, di diventare come loro. Questo è il peccato, allontanarsi da Dio, rifiutare Dio, pensare di fare a meno di Dio e vendersi ad altri dei.

Ecco la conversione. È allora che ti ricordi del Padre. Ripensi a Lui. Torni  a Lui con il pensiero. Il tuo cuore si rivolge a  Lui e si nutre del suo ricordo. Là non c’è fame, non c’è povertà, non c’è umiliazione, non c’è falsità, non c’è inganno, non c’è buio, non c’è morte.  Nasce il desiderio di ritornare. Ti alzi e torni indietro. Ti con-verti, cambi orientamento, ri-torni al Padre.

Ma il Padre non ti ha mai lasciato, ti ha sempre accompagnato con il suo cuore. Ti aspetta e ti viene incontro Lui per primo. Dio ti viene incontro per primo, perché per primo ha capito. Per primo ti accoglie, per primo ti abbraccia, per primo ti ama.  ‘Ecco, ho peccato!’  Lo riconosci, lo ammetti.  Ecco la confessione.  ‘Non merito di essere tuo figlio!’  Non sei tu a meritare di essere il figlio di Dio, è lui che ti vuole come figlio. Il figlio ritrovato. Il figlio perduto che è ritornato.

L’altro figlio, è l’altra strada. Sei  lì a seguire tutte le regole, ad essere sempre attento, preciso, a non sbagliare. Ma non lo fai per amore. Lo fai per essere il primo, il più bravo, il migliore. Lo fai per non farti rimproverare, per non farti accusare di non aver obbedito, di non aver servito.  Sei  il santo, senza peccato, senza macchia. E pensi quindi di meritarti il premio: il vitello grasso.  Lo pretendi,  ti è dovuto. Il più grasso, perché tu ti sei  di più sacrificato. La festa più grande, perché ti sei di più speso.

Un sentimento ti fa capire che sei come quel figlio maggiore: l’invidia. L’invidia per il tuo premio che è andato  a un altro. A  lui che è meno di te.  A lui che non ha faticato, non ha obbedito, non ha lavorato, non ha rinunciato.  Te lo fa capire la durezza del cuore. Invano il Padre ti spiega il suo amore di padre.  In-vidia significa non-vedere. Non riesci  a vedere l’amore del Padre. Pensi che l’amore sia qualcosa da conquistare, da meritare, da comprare. Non vedi l’amore di Dio, che è gratuito.

Lo servi  perché  lo vivi  come un padrone, che comanda, che costringe, che ricatta, che castiga.  Come un padrone che giudica, condanna e punisce. Non riesci a vedere la misericordia, il perdono, l’amore, che è Dio stesso.

Non ti rendi conto del peccato che è in te, che ti sta portando via dal Padre, che ti sta separando dal Padre,  il peccato più insidioso, nascosto, contorto, fatto di buone intenzioni, di regole perfette, di regole assolute, di formalità, di ottusità, di ipocrisia. Come i farisei a cui Gesù rivolge la parabola.

Un peccato che ti porta a giudicare, ad accusare, a condannare il fratello, che ti separa dal fratello. Ti ritrovi quindi accecato, arrabbiato, separato, fuori dalla casa del Padre, da solo,  nel buio, nel freddo, nel vuoto, nella mancanza di Dio.

Ecco la seconda conversione. La misericordia non è solo l’abbraccio con il Padre. Misericordia significa anche l’abbraccio del fratello. Se non abbracci il fratello, perdi anche il Padre, perdi la casa del Padre. Perdi l’amore del Padre.  Quel fratello rappresenta una parte di te che si era  distaccata, che si era allontanata, che si era perduta.  Una parte di te che ora può ritornare, può con-vertirsi,  farsi salvare,  farsi amare.

Entra nella casa, corri da tuo fratello, mettiti in ginocchio e digli: ‘Ho peccato contro di te!’ Ma lui ti viene incontro per primo, perché ti aspettava. Perché senza di te l’amore non era completo, perché tu sei la sua famiglia, perché tu sei parte dell’amore di Dio.

E  ti abbraccia lui per primo, ti accoglie, ti consola, ti benedice. Allora la gioia del Padre è piena, allora l’amore del Padre  è pieno.

Allora è festa in Paradiso e sulla terra.

Perché un altro figlio perduto è stato ritrovato.

 

 

 

Convertitevi

 Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».  Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

 

 

Ma io sono già convertito. Non ho bisogno di conversione. Vado a messa, dico le preghiere, non rubo, non uccido, non faccio del male.

Ma Gesù sta parlando a te.  Conversione significa cambiare rotta,  cambiare orientamento,  cambiare verso.  Conversione come con l’auto, significa girare.  Significa essere con-vertiti, ri-volti, riportati a Dio.  Significa ritornare a Dio. Tornare davanti a Dio. Davanti al volto di Dio. Con il proprio volto davanti al volto di Dio, viso a viso, cuore a cuore. Significa riconoscerlo come Dio, adorarlo, amarlo.

Se non ti sei veramente convertito, sei come il fico della parabola,  che è secco e non dà frutti. Il Signore come vignaiuolo, viene a trovarti e ogni volta non trova frutti. Lui ti aveva fatto per dare i frutti. Un albero senza frutti può essere tagliato.

Così tu, se non ti rivolgi a Dio, se non ti riempi di Dio, se non ascolti Dio, se non fai  quello per cui  ti ha creato, diventi un albero secco. Un albero senza significato, senza senso, senza meta, senza scopo. Ma ecco la misericordia di Dio. Dio aspetta e ti dà  tempo. Ecco il tempo della Quaresima.

È il tempo del zappare intorno, è il tempo del preparare la terra, le zolle.  Il tempo di dissodare il terreno duro, impietrito, incrostato.  Il tempo di affondare, di immergersi, di entrare dentro a quello che ti ha inaridito, che ti ha levato la vita. Il tempo di aprire il cuore, di rivoltare il cuore, di risanare il cuore.

È il tempo di dare il concime.  Il tempo di riconoscere e toccare la nostra debolezza, i nostri sbagli, le parti del cuore negative, avvelenate, dissacrate. Le parti dell’anima violentate, uccise, annullate.  Riconoscere e  toccare il nostro letame.  Perché diventi concime e possa nutrire e dare vigore e forza, slancio, spinta, vita.

È il tempo di irrorare e lavare le zolle dell’anima,  con l’acqua il sangue che escono dal costato di Gesù sulla croce.  Con lo Spirito Santo di Dio che sgorga dal cuore del Figlio di Dio,  dal suo cuore ferito e aperto per noi, verso di noi.  Irrorarle e lavarle nello Spirito Santo, con la confessione e con la comunione.

È il tempo di far risorgere l’albero, che si era seccato. Così porterà frutti,  frutti buoni, i frutti di Dio, le opere di Dio.

E non sarà più tagliato.  E  vivrà per sempre, rigoglioso, maestoso, fiero,  dignitoso e vero.

 

 

 

La Trasfigurazione

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.  Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.  Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.  Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

 

Quando hai paura,  quando sei triste,  quando pensi che il mondo è pieno di tenebre,  quando le tenebre ti stanno prendendo il cuore,  lo stanno coprendo, schiacciando, opprimendo.  Guarda quella luce.  Fatti inondare anche tu da quella luce.  Svegliati anche tu e contempla quella luce.

È Gesù che sta pregando con il Padre.  È Gesù unito al Padre.  È Dio che si manifesta nella sua gloria.  E in sé,  nella luce e nella gloria,  ha portato la tua umanità,  la tua fatica,  la tua disperazione,  il tuo dolore, il tuo esodo.  Lo rappresenta lì davanti al Padre, lo presenta li al Padre.

Fatti prendere da quella luce e fatti prendere,  toccare dalla sua gloria.  Allora riuscirai a vedere anche i due testimoni.  I profeti.  Quelli che lo hanno annunciato da prima, quelli che lo hanno testimoniato da prima. Quelli che sono stati, da prima,  dentro alla gloria di Dio.

Allora verrà Dio.  Verrà come una nube.  Scenderà sul Figlio e anche su di te.  Ti coprirà e ti farà entrare in sé, nella sua gloria.  Allora sentirai la voce del Padre.  Il Padre che si manifesta come Padre e ti annuncia che quello è suo Figlio.  È solo allora che sentirai, proverai, gusterai  la dolcezza di quella rivelazione.  Il Figlio di Dio è con te,  vicino a te,  per te.   Il Figlio di Dio.  Una parte di Dio.  Dio stesso.  La parte visibile del Dio invisibile.  L’Amore diventato Persona.

Diventato Persona per dirti cosa fare, per dirti come fare,  per diventare Lui la strada, e la porta,  per tornare al Padre e a Dio.

Ascoltalo.   Ascolta Lui.  Segui Lui.  Imita Lui.  Cerca Lui.  Scegli Lui.

Ama  Lui.

 

 

 

Le tentazioni

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”». Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».  Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».  Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Gesù era ripieno dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo è Dio stesso. Era ripieno di Dio. Lo Spirito Santo lo porta nel deserto. Quando c’è Dio veramente, ti ritrovi nel deserto del mondo, nel posto dove il mondo non domina, non predomina, non invade.

Nel deserto c’è il diavolo, il male in persona.  È colui che invidia Dio, che non sopporta che sia più di lui. È  lì per separarti da Dio, per farti come lui.  Lì nel deserto  ti tenta. Tocca i tasti deboli, stonati, tocca le parti di te più profonde, più viscerali, più potenti.  E’ lì per tentare anche Gesù,  ma  il Figlio di Dio  lo vince e  ti insegna come affrontarlo e cosa fare.

1° tentazione.  Il male aspetta che tu hai fame. Hai bisogno e ti mette alla prova.  Ti dice:  Vedi, il pane, questa è l’essenza, l’unica cosa che può soddisfarti, quello che conta più di tutto. Mettilo al centro del tuo mondo, smetti di pensare a Dio. Fai delle cose concrete, materiali, il tuo cibo, il tuo unico cibo.

Gesù ti dice: Non di solo pane vivrà l’uomo.  Non basta il pane. Non è il pane che ti da la vita vera. Non è il pane che ti ha creato. Non è il pane che ti ama. Non è il pane che ti  salva per l’eternità. Dio è al centro, Dio è il centro. Dio è il cibo di cui nutrirsi, come il pane.

2° tentazione. Il potere e la gloria.  Essere superiore a tutti, agli altri. Dominare gli altri. Essere il padrone degli altri. Nella gloria, osannato, applaudito, ricercato da tutti, sopra tutti, oltre a tutti, nonostante tutti. Il  potere assoluto. Ma il diavolo, il male in persona, è anche l’ingannatore. Colui che ti inganna, ti imbroglia, ti fa credere quello che non è vero, ti dice cose false. È la falsità in persona, perché è il contrario della verità. Perché rifiuta la Verità.  Quindi ti fa credere che tutto il potere è suo e  lo dà a chi vuole lui.  Se tu lo adori.

Se tu lo adori, adori un potere basato sulla falsità. Un potere basato sull’inganno, sull’imbroglio. Basato sul male. Se lo adori, se ti inginocchi davanti a questo potere, se ti prostri, ti abbandoni a questo potere, se ti metti nelle mani di questo potere, avrai tutto, tutto il male. Stai  adorando il male. Stai adorando il nemico di Dio. Stai  tradendo Dio. Il male ti ha separato da Dio e ora  è lui che  ha il potere su di te.

Gesù ti dice cosa fare.  Inginocchiati  solo davanti a Dio. Prostrati, abbandonati solo ai piedi di Dio. Rendi culto, osanna, glorifica, esalta, solo il tuo Dio. Adora, canta, loda, solo il tuo Dio. E solo Lui.

3°  tentazione. Nuovo inganno. Il male ti dice:  Se non sono riuscito a farti adorare me, allora adora te. Se non vuoi prendere me come Dio, prendi  te, come Dio.

Gettati dall’alto e fai vedere a tutti che sei Dio. Che non ti succede niente. Che sei superiore all’uomo. Che sei superiore alle forze umane, alle tue forze. Buttati, così  obblighi Dio a salvarti, obblighi Dio a intervenire. Così si vede che anche Dio è costretto a fare quello che tu vuoi. Che anche Dio è al tuo servizio.

Ti fa credere che è parola di Dio. Ti fa credere che così lo manifesti, lo rendi visibile, lo  esalti, lo proclami. Che quindi sei un bravo cristiano. Un uomo di fede. Invece è riuscito a farti usare Dio, a strumentalizzare Dio. È riuscito a farti diventare il padrone di Dio, il signore di Dio.  Ti ha fatto negare Dio. Ti ha fatto manipolare Dio. Ti ha fatto crocifiggere Dio, un’altra volta.

Gesù te lo dice. Il Signore non può essere messo alla prova, non può essere comandato. Non può essere obbligato a manifestarsi per forza, perché tu lo decidi, perché tu lo vuoi.  Va rispettata la Sua volontà. È Lui il Signore.

Riconosci Lui come il Signore, se riconosci i tuoi limiti, i tuoi confini. Se riconosci la tua precarietà, la tua povertà, la tua umanità. Se riconosci la tua fatica, la tua debolezza, la tua fragilità.

Allora si manifesta Dio.

 

 

 

Pescatore

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.  Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

 

Pescatore di uomini.  Apostolo.  Non conta  dire, non conta tanto  fare.  Conta essere.  Gesù ti dice come.

Prima bisogna sperimentare il fallimento.  Che non si riesce con le proprie forze. Che non dipende dalle nostre forze. Che non dipende dalla nostra fatica, dal nostro impegno, dal nostro sforzo.  Si può fallire anche con tutta la buona volontà.  Perché non dipende da noi.  Non siamo noi il centro.

“Sulla tua parola getterò le reti”.  Allora, ecco il centro.  “La tua parola”.  Non è la parola pensata dall’uomo. È la parola di Dio. In Dio la parola è realtà, è Dio stesso.  Perché  in Lui tutto è  unito, compiuto, completo, realizzato.

“Sulla tua parola”, su di Te, mio Dio.  Su di Te metto il centro, mi baso, mi fido, metto il cuore. Mi abbandono a Te, lascio fare a Te.  Faccio di Te il  cardine,  il motore,  il senso,  l’origine e lo scopo di quello che faccio.  E allora succede il miracolo.

Il fallimento diventa successo.  Il vuoto diventa pieno,  l’inutile diventa utile,  la fatica diventa energia,  la povertà diventa ricchezza,  l’assenza diventa presenza.

Allora tu Lo riconosci.  Riconosci Dio davanti a te.  Il Dio dell’universo,  Dio creatore, il Signore, l’Immenso.  E ti rendi conto di essere piccolo piccolo, inutile, misero, debole, povero, umile.  E ti inginocchi davanti a Lui e lo adori.

È  allora che diventi apostolo.

E  gli altri riconosceranno in te il Padre,  e verranno a Lui.

 

 

In patria

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».  Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

 

Il potere dell’altro o serve a te,  o è per te, o è con te,  o non deve esistere.

L’altro può essere importante, deve essere importante, deve fare i miracoli, così tu ti senti importante in lui e attraverso di lui e per lui.  L’altro deve essere uno specchio, dove tu ti puoi rispecchiare e identificare.

Deve essere potente per forza, deve essere grandioso, deve farsi vedere, deve mettersi in mostra. Deve essere il migliore, il più forte, il supremo. Deve dimostrare la sua potenza.  Il massimo lo deve fare a casa sua, in patria. A casa tua. Lì, a casa tua,  deve dare il massimo per mettere anche te al centro della sua gloria.

Gesù è triste, non accetta questo modo di pensare, questo modo di vedere, questo modo di essere, e te lo fa capire. Non ti da, non fa, non rende.

Tu ti senti rifiutato, privato, tradito, deluso. Sei arrabbiato e vorresti eliminarlo dalla tua vita. Pensi:  Me lo ha fatto apposta. Lo poteva fare, ma non ha voluto. Ha voluto punirmi. Ha voluto umiliarmi. Ha voluto negarmi.

Gesù non lo fa, perché  questo è il modo di pensare del mondo, e Lui non è del mondo, Lui non appartiene al mondo. Non è schiavo del mondo.  Lui è Altro.  Ti aspetta altrove.

Ti aspetta nell’assenza di tutto ciò. Ti aspetta nell’essenza. Nella sua presenza.  Nel Padre.

Nel raggio di amore che  dal cuore del Padre, arriva al tuo cuore.

Nello sguardo del Padre che dai suoi occhi,  arriva ai tuoi.

Nelle braccia aperte del Padre,  che accolgono te e quello che sei.

Nella consolazione che il  Padre dà  alla tua fatica, al tuo dolore.

È quello il vero incontro.
È quello il vero miracolo.
È quella la vera patria.

 

 

 

Si è compiuta

In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.  Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore».  Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

Non è una parola soltanto. Non è una parola vuota. È una parola piena. Piena di Dio. È diventata un fatto, una realtà. Ora si è compiuta.  Gesù è venuto, mandato dal Padre, ripieno dello Spirito Santo, per te. Proprio per te.

Tu sei il povero che è nel bisogno, nella tristezza, nella precarietà, nella fatica.  Il povero a cui manca la sicurezza, la serenità, la gioia.  Il povero che  mendica la considerazione, la conferma, la stima, la valorizzazione.  A te, Gesù, ora,  in questo momento, in modo vero, concreto, completo, porta lo Spirito di Dio. E in Lui sarai ripieno di Dio. Ricco di Dio.

Tu sei il prigioniero, che è chiuso, soffocato, torturato, nelle tue prigioni interne.  Il prigioniero  umiliato, incastrato, impedito, dalle tue paure, e dalle tue sbarre rigide, fredde, anonime.  Tu sei il prigioniero violato, calpestato, usato, dominato, da chi ti considera un oggetto, uno strumento, un ostacolo, una presenza inutile. A te Gesù, ora, in questo momento, in modo vero e compiuto, apre la porta di quella prigione e ti libera.  E ti da la libertà vera, in modo reale e totale. Per sempre.

Tu sei il cieco, che non trova la strada. Il cieco disorientato, senza riferimento, senza meta, senza luce.  Sei il cieco che si è perso nelle tenebre.  Quello che non vede neppure la propria cecità.   A  te, Gesù, ora, in questo momento, in modo vero e compiuto, porta la luce. Vince le tenebre e ti guarisce. Ti ridona la vista. Ti fa vedere  la strada, la meta. In modo vero, compiuto, per sempre.

Tu sei l’oppresso, colui che viene calpestato, schiacciato, da pesi troppo grandi, troppo pesanti, troppo gravi. Colui che non riesce più a respirare. Colui che viene incatenato, condizionato, ricattato, dominato. Colui che ha perso l’onore.   Per te, ora, in questo momento, Gesù viene a prendere su di sé quel peso, a condividere con te quel peso. Viene a liberarti di quel peso. Viene a darti la dignità. La dignità di figlio di Dio.

Hai aspettato tanto che qualcuno si accorgesse.  Hai aspettato tanto che qualcuno capisse.  Hai sperato tanto che qualcuno ti aiutasse. È venuto Dio. Il Figlio di Dio.

Oggi, ora, in questo momento Gesù lo proclama, lo annuncia, lo realizza. Ora, in questo momento, in modo vero, in Gesù, avviene e si  compie la tua liberazione.

Sei salvo, sei libero, sei degno.

In modo totale, completo, compiuto. Per sempre.

 

 

 

Le nozze

 In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».

 

Maria, la madre di Gesù, indica la strada,  dice come fare.  “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”

Quello che il Signore ti dice,  quello che il Signore ti chiede,  quello che il Signore vuole da te,  realizzalo, fa che diventi concreto,  fa che diventi un’opera.  Fa che diventi un’opera d’arte  di  Dio.

Allora  avverrà il miracolo.  Dentro di te, come dentro un’anfora,  la tua acqua, umile, semplice, inodore,  anonima, terrena, umana, diventerà vino.  Diventerà spirito.  Diventerà gioia.  Diventerà sapore, gusto, cielo.  Diventerà divina.  Annuncio della salvezza.  Segno di salvezza. Simbolo del  sangue che ti salva.

Allora  diventi  parte delle nozze divine.  Delle nozze mistiche.  Tra il popolo e il suo Dio. Non sarai più abbandonata,  né la tua vita sarà più devastata.  Ma  sarai chiamata “Mio compiacimento”.   E la tua terra sposata.

Ti sposerà il tuo Creatore.

E  gioirà per te il tuo Dio.

 

 

Maria Grazia Vallorani