L’annunciazione

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».  A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.  Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».  Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

 

 

Come Maria,  rallegrati!  È finito il tempo del pianto, della solitudine, della tristezza.  Viene Dio. Vicino a te, con te, per te, in te.  Ti porta la sua grazia, ti riempie della sua grazia, della sua vita. Ti dona suo Figlio.

Come Maria,  non temere!  Lascia che lo Spirito Santo scenda su di te e la potenza dell’Altissimo ti copra.  Mettiti sotto le sue ali,  riparati alla sua ombra,  rifugiati nelle sue braccia.

Come Maria, rispondi di sì, al tuo Signore.  Lascia che il Figlio di Dio entri in te. Lasciati far fare. Lascia fare a lui. Lascia  che compia il suo piano di salvezza, in te.

Maria ti dimostra come. Come una mamma incinta con il suo bambino. Il Figlio di Dio è in lei, fa parte di lei.  Non è un’idea, non è un pensiero, non è una speranza.  È carne della sua carne. È vivo.  Lei con lui  ci sta, sempre. Lei con lui ci parla, sempre.  Lei lui, lo ama, sempre.  Nonostante tutto, oltre tutto, prima di tutto.

Ora la sua vita non è più come prima. Ora è cambiata per sempre. Ora è accompagnata per sempre  dal Figlio di Dio.

Come Maria, oggi per te è il tempo della gioia.  Perché non sei più solo. Perché Dio è venuto.  E’ venuto a trovarti.   È venuto a salvarti.

È venuto a stare con te. Per sempre.

 

 

 

 

 

L’ arca

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.  Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

 

 

Gesù è l’arca.  E l’avvento è il tempo della preparazione, della costruzione dell’arca.

Anche tu sei chiamato da  Noè.  A renderti conto che non puoi mangiare e bere soltanto. Non puoi prendere moglie e marito soltanto. Non puoi non accorgerti di nulla.  Non puoi annullare il dolore. Non puoi eliminare l’angoscia, la perdita, la fine.  Non puoi affrontare il pericolo, il diluvio, la tempesta, da solo. Non puoi fronteggiare le alte onde, da solo. Non puoi sopravvivere all’invasione totale dell’acqua, da solo.  Ti spazza via, ti porta via, ti cancella. Se sei da solo.

Cristo viene a salvarti. L’Arca viene a salvarti.  Il Padre l’ha voluta, pensata, progettata per te.  Anche tu puoi costruirla, insieme a Noè.  Puoi tagliare gli alberi, preparare le assi, inchiodare le travi, per costruirla insieme ai tuoi fratelli, nella chiesa.  Puoi entrare nel progetto di Dio, per la tua salvezza.

Questo è il tempo della costruzione dell’arca della salvezza.  Il tempo della preparazione dell’avvento, della venuta del Figlio di Dio, che è l’arca della salvezza.

Se ti prepari, se sali in quell’arca, sei salvo. Se invece, rimani fuori, incurante, indolente, indifferente, quando verrà il diluvio, capirai.  Ti troverai da solo, immerso nelle acque, travolto dalle acque.  Vedrai l’arca da lontano.  Capirai.  Chiamerai,   implorerai, ma sarà troppo tardi.  Hai scelto, tu, il tuo destino.

Nell’ arca invece, sarai contenuto, protetto, sicuro, salvato.  In Gesù,  sei salvato dalle acque e dalla morte. In Gesù  risorgi a una vita nuova.   In Gesù,  sei portato in una terra nuova.  Nel Regno di Dio.   A casa.

A casa del Padre.

 

 

 

 

Cristo Re

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».  Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».  Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».  E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

 

 

 

Pensi  al re, coperto d’oro.  Vestito d’oro.  Su un trono di pietre preziose. Luccicante, accecante, trionfante. Invece vedi il Figlio di Dio, li, sulla croce. Spogliato, umiliato, trafitto. Abbandonato.   Non sembra un re agli occhi del mondo.

Quella non è la sua disfatta.  Quella non è la sua rovina.  Quello è il  trionfo e la croce è il suo trono.

Il Figlio di Dio è il Re dei Re.  È il Re dell’universo. Il Re del cielo della terra, del visibile  e dell’invisibile.  Il centro di tutto.  Tutto è stato creato in lui, per mezzo di lui e in vista di lui.  Egli è il primo di tutte le cose e tutte le cose esistono in lui.

Con la sua croce ha riunito, integrato, ricongiunto, l’orizzontale con il verticale.  La terra con il cielo.   Il visibile con l’invisibile.  Con la sua croce ha riconciliato in sé, tutte le cose.  Ha liberato e santificato in sé, tutte le cose.  In lui, tutto si è compiuto.

Davanti alla croce, puoi essere come il popolo.  Che sta li a guardare.  Senza partecipare, senza soffrire, senza capire.  Puoi essere come i capi, che lo sfidano, che lo provocano, che lo invidiano. Puoi essere come i soldati che lo deridono.  Puoi dargli l’aceto,  essere acido, pungente, irritante,  perché non scende al tuo livello.  Perché è  fuori dal tuo controllo.

Come uno dei ladroni, puoi stare sulla croce vicino a lui, a fianco di lui. Come lui.  Non ti rendi conto che è un posto privilegiato.  Invece se lì,  incattivito, arrabbiato, umiliato.  Perché vuoi essere vincente, esaltato, esonerato dalla croce.  E vuoi così, anche lui.   E  lo insulti, lo attacchi, per farlo scendere dalla croce.  Per fargli ripudiare la croce. Vuoi che scenda,  per far scendere anche te.  Vuoi che fugga, per far fuggire anche te.  Ma così fuggi anche da lui,  e non ti salvi.

Come  l’altro ladrone,  puoi stare sulla croce vicino a  lui, accanto a lui e renderti conto che è un posto privilegiato.  Puoi sentirti parte di quel mistero.  Puoi riconoscerti peccatore, fragile, debole, imperfetto.  Puoi riconoscere Gesù senza colpa, senza difetto. Come Figlio di Dio.

Puoi stare con lui.  Puoi cercare il suo sguardo.  Puoi farti guardare da Dio. Puoi fare entrare nei tuoi occhi, il suo sguardo.  Puoi fare entrare in te, il Volto di Dio.

Puoi dire anche tu:  Tu sei il re del cielo della terra.  Portami con te.  Fammi stare con te, tienimi nel tuo cuore, quando entrerai nel tuo Regno.  E lui ti risponderà:  In verità, oggi, sarai con me, in Paradiso.

In Paradiso. Nel Regno di Dio, in Dio, qui sulla terra e poi nel cielo.  Per sempre.

 

 

 

Alla fine dei tempi

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».  Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.  Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

 

 

Delle volte sembra la fine del mondo.  Tutto va a scatafascio. Tutto va in rovina. Tutto si rompe. Tutto si consuma.  Spariscono le certezze. Si perdono le sicurezze. Anche il tuo tempio, che ti  eri costruito, lucente, splendente, vincente, cade,  pietra su pietra.

Non avere paura, non ti spaventare, non ti disperare.  Stai solo sperimentando che quelle cose distrutte, non durano, non rimangono, non bastono, non valgono.  Ti crollano intorno per lasciarti vedere solo quello che conta.  Ti svelano quello che vale.

Solo Dio rimane, e  tu con lui.  E tu in lui. E tu per lui.  Più è forte il disastro, e più intenso  diventa il  rapporto con Dio.  Più è grande e vasto,  e più profondo diventa il  rapporto con lui.  Più è nero,  e più si riempie di colori vivi e vitali.  Più è freddo,  e più caldo diventa, per la tenerezza di lui.

Il corpo di Cristo risorto, è il Tempio di Dio.  Lì lo trovi, lì lo incontri, lì lo ami.  Non fartelo portare via. Tienilo stretto. Tienilo forte.  Non mollarlo, non passarlo, non sostituirlo con altri.  Non venderlo, ad altri.  Non rinunciare, per altri.  Non farti ingannare da chi si fa Dio. Da chi usa Dio. Da chi nega Dio.

Se il Figlio di Dio è in te e tu in lui,  ti perseguitano, ti giudicano, ti condannano, come hanno fatto con lui. Non temere, è il segno, è la prova che lo hanno  trovato in te.   Ma tu non sei solo,  con te c’è il Cristo risorto.  Lo puoi annunciare, testimoniare, passare.  Passare lo Spirito Santo che  parla di lui.

Se il Figlio di Dio è in te e tu in lui,  non appartieni più al mondo e il mondo ti nega,  ti attacca, ti odia, perché non sei suo, perché non ti possiede. Non temere, è la prova che appartieni a Dio.

Se il Figlio di Dio è in te e tu sei rimasto in lui.  Se  sei rimasto lì, sempre, senza interruzione, senza mollare, senza lasciarlo andare, senza rinunciare,  allora ti sei salvato. Sarai nel palmo della mano di Dio, e niente potrà mai portarti via.

Alla fine dei tempi,  canterai,  suonerai,  danzerai  per la gioia,   ed esulterai  e batterai le mani  insieme ai fiumi e alle montagne, davanti al Signore che viene.

Che viene a liberare e a far risorgere tutta la creazione.

 

 

 

 

La risurrezione

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».  Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

 

 

Ti vogliono far credere che è tutto qua. Che non esiste l’aldilà.  Come i sadducèi  e il loro esempio,  hanno sposato le loro dottrine, le loro teorie, una dopo l’altra. Tutte parti di una stessa famiglia, quella del controllo, del potere, del comando. Tutte legate alle idee assolute, alle teorie volute, alle regole imposte. Ma, come nel loro esempio, muoiono una dopo l’altra e sono sterili. Non danno frutto. Non danno vita. Quella è la morte vera.

La risurrezione ce l’hai scritta nel cuore.  Che cerca  il sempre,  il tutto,  l’infinito,  l’assoluto,  il divino,  l’eterno. Che cerca sempre una meta.  Ma la risurrezione non è un’idea, non è un’ipotesi, non è una speranza.  Non è un’energia.

La risurrezione è una Persona. È il Figlio di Dio morto e risorto. È il suo corpo risorto, santificato, glorificato.

Risurrezione ora.   La puoi vivere qui, ora, in questa vita.  È lo Spirito Santo che ti dona il Signore risorto. È lo Spirito Santo che nel battesimo,  ti immerge in Gesù e in lui, vince la morte e con lui, ti fa risorgere e rinascere in modo nuovo, come figlio di Dio, santificato da Dio, partecipe di Dio.

È lo Spirito Santo che nell’eucaristia ti dona il corpo e il sangue del Figlio di Dio. Quando ti nutri del corpo di Cristo, diventi parte del suo corpo risorto. Fai parte del suo corpo santificato e glorioso.

Risurrezione dopo la morte.   Con la morte del corpo, la tua anima si scioglie dal corpo, si separa dal corpo e va ad abitare presso il Signore. Ritorna a casa, da dove era venuta. Come un angelo, vive davanti a Dio, vede il Volto di Dio, sente l’amore di Dio e gioisce con lui e per lui e danza e canta la sua lode e la sua gloria.  Piena di lui,  illuminata da lui,  santificata in lui.

Risurrezione dei morti.  Quando tornerà il Figlio di Dio, anche i corpi  morti, sepolti, corrotti, disfatti, risorgeranno.  Ritorneranno in vita,  come corpi incorruttibili, corpi spirituali.   Ma com’è possibile?   Il Signore li ha creati,  il Signore può ricomporre, riscattare, salvare anche la materia, anche la carne.  Anche il tuo corpo, risorgerà veramente, realmente  e si  riunirà alla tua anima. E sarai intero, integro, vero. Davanti a Dio vero.

Sei  il figlio della risurrezione.  Sei  entrato nella risurrezione.  Sei stato generato dalla risurrezione. Sei stato toccato dal corpo del Figlio di Dio. Sei stato lavato dal sangue del Figlio di Dio.  Sei diventato figlio di Dio. Davanti al Padre.

La vita è in Dio. Dio non ha a che fare con la morte.  Lui è il Dio della vita, di tutti i viventi.  Nessuna cosa vive senza di lui. Tutto vive solo di lui, con lui e per lui.

Per sempre.

 

 

 

Zaccheo

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.  Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».  Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

 

 

Come Zaccheo. Incontri Gesù attraverso la folla. La folla te lo può portare, ma non te lo fa incontrare. Te lo nasconde, te lo copre, te lo nega, te lo porta via.

Come Zaccheo, non te lo far portare via. Se vuoi incontrare Gesù, devi salire sopra la folla. Non pensare come tutti, non parlare come tutti, non fare come tutti. Non perderti dentro, non sparire dentro, non morire dentro.

Come Zaccheo, non lasciartelo scappare. Non lasciare che passi oltre. Lui è l’unica occasione, è l’unica speranza. Se lo vuoi  incontrare, devi vederlo con i tuoi occhi, come è nella realtà. Devi mettere a fuoco la sua identità completa. Per poterlo incontrare di persona. Come persona. Non come idea, come forma, come norma.

Come Zaccheo, allora ti lanci fuori dalla folla. Emergi dall’anonimato.  Esci  dalle abitudini, dalle consuetudini. Esci dall’usato sicuro. Esci dal buio, dalla bassezza.

Come Zaccheo, balzi. È il tuo cuore che balza, che viene attirato. Ti lanci, ti getti, ti proietti verso l’alto. Voli in alto. Come un uccello voli e ti posi sui rami di un albero. Come un uccello ti fai portare sulle ali dello Spirito Santo, dal vento dello Spirito Santo.

Gesù ti scopre, ti snida. Ti svela.  E mette i suoi occhi nei tuoi occhi. Il suo sguardo nel tuo sguardo, il suo cuore nel tuo cuore. Anche lui ti vuole incontrare di persona. Lo sa già chi sei, ti ha fatto lui, ti ha formato lui. E ti chiama per nome.  Esce anche lui dalla folla. Uscite entrambi dalla folla.

Scendi, non serve più. Vengo a casa tua. Gesù viene nella tua casa, nelle tue cose concrete, nella tua storia concreta. Entra nelle tue cose e condivide con te le tue cose.  Si ferma con te.  Vive con te.

Come Zaccheo, eri escluso, scomodo, ripudiato, isolato, rinnegato, perduto. Ora sei stato cercato, ritrovato, guardato, abbracciato e perdonato dal Figlio di Dio.

E guardi e abbracci e perdoni anche il tuo prossimo. E le cose che hai condiviso con Gesù, le condividi anche con il tuo prossimo.

Anche tu, come Gesù, in Gesù e per Gesù,  ti fai dono concreto. Allora la salvezza viene.  Concretamente, veramente, realmente, nella tua casa e in te.

 

 

 

 

Il pubblicano e il fariseo

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:  «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.  Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.  Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.  Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

 

 

Puoi essere come il fariseo.

Và  lì, davanti. Vicino. Di fronte a Dio.  Per lui non è Dio, perché non ha timore a stargli vicino.  Và lì, in piedi, allo stesso livello di Dio. Per lui non è Dio, perché non ne sente la grandezza e la maestà.

Prega tra sé.  Per lui non è Dio.  Non si apre. Rimane chiuso in se stesso. Rimane nascosto in se stesso. Rimane prigioniero di se stesso.

Dio ti ringrazio.  Si serve di Dio. Usa Dio. Lo chiama come spettatore, come testimone, come garante, di  se stesso.

Io non sono come gli altri uomini.  Non appartengo al genere umano. Mi distinguo, mi separo, mi divido. Mi dissocio dal genere umano. Mi dissocio dagli altri e anche da me stesso.  Io sono perfetto. Mi metto dalla parte di Dio. Io sono Dio.

Ladri, ingiusti, adulteri.  Gli altri sono peccatori. Io no.  Gli altri sbagliano. Io no.  Gli altri hanno difetti, errori, colpe. Io no.  Gli altri sono deboli. Io no.  Gli altri sono fragili. Io no.  Anche questo che prega qui vicino a me, non è giusto, non è a posto. Ha il marchio, il timbro, lo stampo di peccatore. Io no.

Digiuno e pago.  Nelle regole ho messo Dio. Nelle regole ho rinchiuso Dio. E anche me stesso. Io ci sto dentro. Ci sto preciso. Ci sto giusto.  Sono giustificato.  Mi faccio giusto.  Sono io che mi do  il  giudizio di giusto. Me lo do da solo.  La salvezza dipende da me solo. Dipende dalle cose che faccio, da quante ne faccio.   Mi salvo da solo.  Sono già giustificato,  sono già salvato.  Non ho bisogno di Dio. Non ho bisogno del prossimo.

E rimani senza Dio, senza il prossimo e senza te stesso.

Puoi fare come il  pubblicano.

Stai indietro.  Dio è grande, maestoso, splendente. Non ce la fai a reggerlo da vicino. Devi prendere una distanza. Ti metti a distanza.  Ti metti in una relazione. Lui è Dio e tu sei un uomo.

Stai in ginocchio.  Se per te è Dio, non ce la fai a stare in piedi. Ti getti ai suoi piedi. Lo adori.  Così lo preghi.

Non osi alzare gli occhi.  Se per te è Dio, non osi stare al suo livello. Alzare gli occhi verso di lui, guardarlo negli occhi. Non ce la fai, non lo reggi, è troppo forte, è troppo grande. Li tieni bassi, gli occhi, verso la terra, verso la tua condizione. Stai al tuo posto di uomo. Così lo riconosci come Dio. Così lo preghi.

Ti batti il petto.  Lui è il tuo Dio e tu sei un uomo. Entri in relazione con lui, attraverso il tuo cuore.  È  lì che batti, è  lì che punti.  È  lì  che lo incontri.  È  lì che lo ami.

Peccatore.   Ti  riconosci peccatore. Come uomo debole, fragile, imperfetto. Precario, finito, limitato.  Quello che conta non è la regola, la misura, il calcolo, la quantità. Quello che conta è la qualità.  Cosa sei. Come ti poni. Come ti metti. Dove ti metti.

Pietà di me.  Dio è Dio e tu sei il peccatore.  Ora c’è una relazione vera, reale, che funziona.  Ora c’è la preghiera che funziona.  Pietà di me!  Vieni  in me Signore.  Vieni perché ho bisogno di te.  Vieni a riempire il mio vuoto con il tuo amore. Vieni a sanare la mia anima. Vieni a riparare il mio peccato.

E  Dio Padre ti manda il Figlio.  In Lui, con Lui  e per Lui,  sarai consolato, sanato, perdonato.  In Lui sarai salvato.  In Lui sarai giustificato.

È Dio che ti giustifica,  che ti fa giusto.  Che ti salva.  Solo Dio lo può fare.  Solo Dio lo può fare veramente. Solo Dio lo può fare completamente.

E sarai portato davanti a Dio.  Presso Dio.  Per l’eternità.

 

 

 

 

Il giudice e la vedova

In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.  Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk.

 

 In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:  «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.   Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».   E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

 

 

Ogni giorno tanta fatica.  Ogni giorno una ferita.  Ogni giorno delusione, dolore, frustrazione.  Sembra di stare in guerra.  Lottare per difendersi, per non soccombere, per non cadere, per non finire.  Spesso non ce la fai più.  Ti cadono le braccia. Ti fanno cadere le braccia.

Fai come Mosé.  Alza le braccia a Dio.  Apri le tue braccia all’abbraccio di Dio Padre.  Sono le tue braccia alzate che pregano,  che gridano,  che chiamano, che amano.   Sono le tue braccia alzate che risolvono, che cambiano.

Quando hai le braccia alzate,  Dio ti risponde, Dio interviene.  Perché con le tue braccia alzate, tu lo riconosci come il Signore.  Tu lo lodi e lo adori come il Signore. Tu lo glorifichi come il Signore.

Perché con le tue braccia alzate,  assomigli al Figlio. A Cristo sulla croce, con le braccia alzate dalla croce. E nel Figlio, con il Figlio e attraverso il Figlio, ti sostiene, ti consola, ti risana.  E ti salva.

A volte sei come la vedova.  Vedovo,  privato della  sicurezza, della forza, della speranza.  Te l’hanno portata via, te l’hanno fatta morire.  Ti hanno portato via la verità, la giustizia, la dignità.

Come la vedova,  vai da Dio . Ogni giorno. Sempre. Continuamente.  Grida, urla, chiama, invoca.  Lui è il Creatore, lui è il Signore.  Lui è la verità, la giustizia, la speranza vera.  Lui è il centro, l’origine e il fine di tutto.  Vai da lui. Giorno e notte. Sempre.   Perché quando si cerca e  si ama veramente,  si cerca e si  ama sempre. Disperatamente. Assolutamente.   Allora Dio verrà.

Se non viene,  è perché la tua fede l’hai programmata, organizzata, adattata.  L’hai usata, venduta, snaturata.  L’hai  irrigidita, congelata, pianificata.  Appartiene a te, non appartiene  a Dio. Ci sei tu, non c’è Dio.

Alza le braccia del cuore  e dell’anima e fai entrare  Dio Padre,  totalmente.

Quando tornerà il Figlio di Dio sulla terra,  troverà  in te la fede,  perché avrà il Volto del Padre.

 

 

 

 

Il lebbroso guarito

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

 

 

La lebbra dell’anima.  Qual’è il tuo bubbone?  Cosa ti ha mutilato l’anima?  Cosa l’ha deformata, deturpata, consumata?  Cosa ti ha contagiato, emarginato, isolato, escluso?  Cosa ti ha allontanato da Dio?

Una volta che hai scoperto il tuo bubbone, cosa fai?  Dove vai?  Te lo tieni  nascosto, chiuso, rinchiuso. Isolato, sotterrato, negato.  Oppure cerchi chi lo può guarire?  Ti metti allora alla ricerca del Figlio di Dio, il medico dell’anima.

Ma ti accorgi che non sei solo.  Intorno a te, accanto, dietro, ci sono tanti altri lebbrosi come te, isolati come te, disperati come te, che cercano Dio. È il popolo di Dio che si riconosce bisognoso di lui.

Vedi Gesù da lontano.  Sai che è il Signore.  Non ti avvicini, non ti senti degno.  Stai a distanza, ma quella distanza la riempi con il tuo grido, con la voce della tua anima piagata, consumata, sfigurata.

“Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”  Gesù, tu sei il maestro. Tu sai, tu puoi. Tu sei la mia sola e unica speranza. Guardami. Rivolgi il tuo sguardo su di me. Rivolgi il tuo cuore sul mio. Entra nella mia anima e sarà guarita, ristorata, rinnovata.

Allora lui ti dice cosa fare. “Vai dei sacerdoti.”  Puoi pensare che non corrisponde alle tue aspettative. Che è una risposta fuori dai tuoi schemi, fuori dalla logica. Ma lo fai, lo fai lo stesso. Perché lo ha detto lui. Ti fidi. Ti fidi più  di lui,  che  della tua ragione,  delle tue certezze, delle tue sicurezze. Ti fidi e fai concretamente quello che ti ha chiesto.  Fai la sua volontà.

Fai un cammino di conversione. Un cammino nel verso indicato da Dio. Vai verso Dio.  Allora ti accorgi che quel bubbone non ti fa più male, non ti consuma più, non ti isola più. La tua anima è guarita. La lebbra è sparita.

Ti avevano detto che era impossibile. Che i miracoli non esistono, che Dio non esiste. Che non ce l’avresti fatta, che ti dovevi solo rassegnare. Invece hai incontrato Dio. Quella malattia ti ha fatto sperimentare Dio.

Ora sei guarito. Ora  puoi  tornare alla vita di tutti giorni. Far finta che non ti è successo niente. Far diventare quell’opera una tua conquista. Mostrarla come una tua vittoria. Esporla come un tuo trofeo.  Altri lo fanno. Ma tu no.

Perché  sai  che non sei tu l’autore. Non sei tu il Signore. La tua anima ha riconosciuto il suo creatore, la tua anima lo ha ascoltato, la tua anima lo ha amato. Per questo è guarita.

Allora segui il tuo cuore  e  ritorni da lui, da Gesù . E lasci cantare il tuo cuore, lo lasci danzare, esultare, lodare il suo Dio. Lo lasci vibrare, espandere, risplendere  del suo Dio.  Poi ti getti ai piedi di Gesù. Concretamente, veramente, totalmente.

Gesù ti indica che solo tu, sei  tornato.  Il segno, la prova, la verifica della fede, è riconoscere Dio come l’unico, il vero, il tuo  Signore. È gettarsi ai suoi piedi.  Adorarlo, ringraziarlo, glorificarlo. Rendergli grazie.  È gioire, far festa, esultare  per poterlo  lodare, insieme agli angeli e ai santi. Per poterlo cantare, insieme agli angeli e ai santi. Per poterlo danzare, insieme agli angeli e ai santi.

Allora non sei solo guarito, ma sei anche salvato.

Perché sei diventato un grazie vivente. Una grazia di Dio.

 

 

 

 

Il granello di senape

 In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

 

 

Quanto. Tanto, poco. Di più, di meno. Sei abituato a misurare, a calcolare, a confrontare. Sei abituato ad aumentare, allargare,  debordare.  Così, pesi  anche la fede.  La valuti secondo il peso, la quantità. La  vuoi enorme, totale, smisurata. La pensi piena, ripiena, colmata. La senti poca, minima, assente.  Quello che conta non è la quantità.  È la qualità, l’essenza, la sostanza, la presenza di Dio vivo e vero.

La fede è un seme. Non dipende da te. È un dono di Dio. Come un seme, ha in sé, in potenza, già tutto il futuro albero. Ma ha bisogno di essere coltivato, alimentato, custodito.

Un seme di senape. Un seme piccolo. Il più piccolo. Perché la qualità della fede è nella piccolezza. Perché nella piccolezza, c’è Gesù. Gesù che si è fatto piccolo, povero, umile.  Più c’è piccolezza e povertà, più c’è fede.  Più c’è piccolezza  e umiltà e più diventa grande l’albero della fede.

Se la fede è vera, anche piccolissima, può cambiare le cose. Non perché lo fai tu. Non per merito tuo. È Dio presente in te e con te, che cambia le cose.  È lui che opera prodigi.  È lui che può sradicare un gelso e piantarlo nel mare.  Lui lo ha creato e lui lo può fare. Solo lui.  A  lui, con lui e per lui, tutto è possibile.

È possibile se ti riconosci per quello che sei.  Piccolo.  Servo inutile.  Non sei tu a fare tutto. Tutto ti è stato dato. Tutto è di Dio. Tutto fa parte del progetto misterioso di Dio. Puoi prendere parte a quel progetto di salvezza. Puoi fare la sua volontà. Servire a realizzarla. Ma non  è tua, non ti appartiene, non la possiedi.  Non dipende da te.

Riesci a fare la volontà di Dio, se stai al tuo posto. Se lo riconosci, come il Signore. Se lo vivi, come il Signore. Se lo servi, come il Signore.  Allora ti senti servo inutile. Perché  in Dio tutto è avvenuto. Tutto è compiuto. Tutto è compreso.

Anche tu.